La Luna splendeva, alta e piena, nel cielo scuro tappezzato di minuscole stelle luminose. Quella notte non vi erano nuvole, né le fastidiose luci artificiali dei lampioni; c'era solo una luce biancastra, emanata dal pallore acceso della Luna, che illuminava la spiaggia e si rifletteva nelle onde agitate del mare.
Era notte inoltrata – quasi le tre – e in quella piccola spiaggia sicula regnava la quiete. Le serrande delle case adiacenti erano abbassate, le strade deserte, le barchette a riva lasciate incustodite, abbandonate a loro stesse in attesa che, qualche ora più tardi, i più anziani del posto le rianimassero, per poi inoltrarsi in mare aperto per una pesca di fortuna.
Come ogni notte, ogni cosa era al suo posto, a eccezione di Linda: non era a casa, nella sua camera, quello che per tanti anni era stato il suo rifugio, né in giro con gli amici, come la maggior parte dei suoi coetanei. No, lei era lì, inerme, sulla sabbia fredda. Stesa su un fianco, rannicchiata per non sentire il freddo pungerle la pelle, mentre i ricci rossi, disordinati e ribelli come al solito, le coprivano il volto e le spalle. Teneva gli occhi chiusi, anche se era sveglia. Ogni tanto li riapriva, osservava la Luna specchiarsi nel mare, e poi sbuffava, come se la vista di quella meraviglia la disturbasse, per poi richiuderli e sdraiarsi sull'altro fianco. Voleva dormire, ma non ci riusciva: glielo impedivano i troppi pensieri.
Primo fra tutti, si chiedeva se qualcuno la stesse cercando. E se sì, chi, ma soprattutto dove. La conoscevano abbastanza? O forse, come credeva, era una perfetta sconosciuta anche per coloro che l'avevano vista crescere?
Poi si chiese che cosa avrebbero fatto se l'avessero ritrovata. Probabilmente – pensò – si sarebbero arrabbiati, e le avrebbero chiesto un duro "perché?", e poi ignorato la sua risposta. D'altronde andava sempre così: per quanto Linda provasse a manifestare il suo dolore, nessuno era mai stato in grado di accorgersene. O forse no, forse si sbagliava e la realtà era peggio di così. Forse loro sapevano, forse se ne erano accorti, però non avevano mai provato a curare – e, in realtà, nemmeno a capire – le sue ferite. Nessuno l'aveva mai ascoltata davvero: era sempre stata sola, sempre. Perfino quando non lo era affatto: in famiglia, a scuola, con gli amici. Si era sempre sentita un fantasma e così, da un giorno all'altro, aveva deciso di sparire. Qualche ora più tardi si era trovata sulla spiaggia.
Non ricordava come: era accaduto come in un sogno. Non pensava, non era lei mentre saliva sul primo bus alla fermata. Né quando era scesa un'ora dopo e, vagando per il paese sconosciuto, si era ritrovata lì, proprio dove, inconsciamente, voleva stare. Anzi, proprio dove doveva stare.
Dopo gli ultimi avvenimenti, infatti, aveva bisogno di pace. Voleva fuggire, da tutto e tutti. Dal mostro di indifferenza che si lasciava alle spalle e, soprattutto, da se stessa e il suo passato. Voleva silenzio e solitudine e, tutto sommato, quello le sembrava il posto adatto. Nonostante il freddo, la fame e il buio spaventoso. Nonostante tutto, non le importava di nulla.
Ore dopo, quando ormai un sole pallido iniziava a prendere il posto della Luna, Linda era riuscita a spegnere i pensieri. Non si preoccupava più, non pensava più al mondo. Esisteva solo lei, lì, in quel momento, in quel piccolo luogo isolato. Lei, lì, mentre il sole, piano, si espandeva, colorando di rosa il cielo, prima buio pesto. Guardò intensamente il sole, poi la distesa limpida in cui esso si rifletteva. E senza pensare, si spogliò. Tolse la lunga maglia nera più grande di almeno due taglie, e sfilò i pantaloncini di jeans. Rabbrividì quando il vento le accarezzò la pelle nuda, poi, ancora in intimo, corse verso il mare e si tuffò. Si immerse totalmente, come se in quell'abbandono potesse finalmente ritrovare se stessa.
Giù, a fondo, per poi ritornare su per qualche istante. Respirava e poi giù di nuovo, a picco. Quando la sabbia gelida del fondale marino le accarezzava i piedi, sorrideva e si dava la spinta per tornare su. Come se fosse un gioco. Così, ancora e ancora, fino a quando una voce non la riportò alla realtà.
Il panico s'impadronì di lei. "Mi hanno trovata", pensò. La forza abbandonò il suo corpo, il gioco si ruppe. Non riusciva più a risalire.
Sentiva le gambe pesanti; muoverle era impossibile. Provò con le braccia, ma era inutile: per ogni singhiozzo d'aria che riusciva a respirare, ingoiava una grande quantità d'acqua salata che le graffiava la gola e la riportava giù. Pensò che sarebbe morta, e si pentì di essere fuggita senza aver detto nemmeno un addio.
Invece nulla, le sue ultime parole erano state "esco, ciao", dette distrattamente a qualcuno, a chiunque fosse in ascolto, mentre già usciva di casa poco prima dell'ora di cena. E, insolitamente, era solo quello a darle fastidio. Non il pensiero che sarebbe morta da lì a poco, no, di quello non le importava – non si preoccupava di sé, non si amava – ma dell'impatto che la sua morte avrebbe avuto sugli altri. Avrebbero sofferto, pianto, interrotto a metà le loro vite. E no, Linda non poteva permetterlo. Nonostante tutto li amava, e non poteva sopportare l'idea che soffrissero, men che meno se a causa sua. Loro erano l'unico motivo che la teneva ancora in vita. Voleva morire, ma non poteva. Non doveva!
Lottò contro il mare con le ultime forze che le restavano. Ma all'improvviso il buio.
*** Spazio Autrice
Dopo tanti anni, finalmente ho ricominciato a scrivere. Spero che, dopo Bullying e My Stalker, vogliate accompagnarmi in questo nuovo viaggio.
Fatemi sapere se volete che la continui!
Mi siete mancati <3
-G.M.L.
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Head above water
Teen Fiction"God, keep my head above water, don't let me drown"* Linda e Alex: due ragazzi totalmente diversi. Lui è il Sole: attraente, spensierato e apparentemente perfetto. Lei è la Luna: silenziosa e triste, e nasconde un lato di sé che nessuno conosce. ...