Capitolo 7

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Mani che si stringono, sguardi che si fondono, un desiderio irrazionale di sentirsi più vicini. Poi un abbraccio, caldo e sensuale, e il mondo, come per magia, scompare. Non c'è più bisogno di niente, tutto passa in secondo piano. Il rumore caotico diventa solo un lieve sussurro, le luci accecanti solo tenui colori pastello. Non vi è più male, né sofferenza. 

Ma ad un tratto s'ode una voce da lontano. "Linda", sussurra. Poi lo ripete ancora, più forte. Ancora e ancora, sempre più forte. "Linda", un urlo straziante. 

Alex aggrotta le sopracciglia - è palesemente confuso. Non capisce, ma istintivamente si allontana. Le mani si staccano - non c'è più amore. Solo gelo e buio. E caos. 

"Cosa?" chiede. Poi realizza e indietreggia ancora. Sul suo volto la delusione prende il posto della confusione. 

Ad un tratto non è più solo: i suoi amici hanno spento il falò e l'hanno raggiunto, affiancandolo. Linda da sola al centro. Sente una morsa al petto - è stata accerchiata. 

Cominciano a urlare. "Falsa!" 

Un déjà vu, una fitta tra le costole. "No, non di nuovo", pensa, lasciandosi cadere sulle ginocchia. Soffre ma tace, preferisce ascoltare in silenzio. Ma poi il dolore diventa insostenibile e scoppia a piangere. 

Le lacrime le annebbiano la vista e la confondono - tutte le figure appaiono indistinte, mostruose quasi. Tutte, eccetto Alex. I due si guardano negli occhi per qualche istante, proprio come qualche minuto prima, ma stavolta in modo profondamente diverso. Prima v'era amore, ora solo delusione e una tacita richiesta di perdono. Ma il ragazzo scuote il capo. Poi, offeso, si allontana, non voltandosi più. 

Tutte le luci si spengono.  Buio e silenzio. 

Poi Linda si svegliò. All'improvviso e di soprassalto. Sentiva il cuore batterle forte - ogni battito, violento, possente e incalzante, le risuonava in gola. Istintivamente si portò la mano al petto, come per calmarsi, ma l'alta frequenza la spaventò più del dovuto. Si sentì irrequieta: terribilmente spaventata per le palpitazioni, ansiosa per il sogno verosimile - quanto ci avrebbe messo Alex a scoprire la verità? E in che modo avrebbe reagito, se non così? -, in colpa per avergli mentito e ancora annebbiata dall'alcool. 

Provò a mettersi seduta, ma si sentì peggio. Percepì una forte fitta alla tempia destra e mugolò per il dolore. "Non bevo più", si promise. Era quello l'effetto dell'alcool? Il corpo leggero, quasi rarefatto, il mal di testa e il mondo che le girava attorno? 

Sbuffò pesantemente e chiuse gli occhi, provando ad allontanare quell'angusta sensazione che le opprimeva il petto. "Era solo un sogno", mormorò ancora con la bocca impastata. Solo un insignificante stupido sogno dettato dall'alcool. 

Ripensò ad Alex, a quanto erano stati bene la sera prima, a quanto lui l'avesse fatta sentire qualcosa di bello. Ripensò a lui e sorrise. Ma il sorriso durò poco - qualche instante dopo le morì sulle labbra: la consapevolezza la travolse come un treno; la memoria la raggiunse, trascinandola all'inferno. 

Il quadro della serata ricominciò a ricomporsi; attimo dopo attimo i pezzi, prima mancanti, riaffioravano, mettendosi in ordine. I cocci si riunivano. Benché Linda volesse credere il contrario, il sogno non era totalmente illogico, anzi. Era stata lei stessa a rovinare tutto.

"No, no", mugugnò pentita. "Non può essere", aggiunse. Tirò a sé le ginocchia e, incurante della nausea, vi appoggiò la fronte. Chiuse gli occhi e respirò piano: doveva cercare di ricordare il più possibile. 

Dopo che Alex le aveva afferrato la mano, scegliendo lei e facendola sentire importante per una volta, i due erano andati in disparte. All'inizio, un po' per gioco, un po' per attrazione fatale, avevano cominciato a ballare. Mosse casuali, disorganizzate e incoerenti fra loro, ma non importava a nessuno dei due. Erano al settimo cielo: si guardavano e, complici, ridevano. La loro era una risata sincera, gioiosa e profonda, che manifestava la vera voglia di vita. Una risata che Linda non faceva da tempo. 

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