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Metto la moto sul cavalletto e mi dirigo verso l'ascensore. Sono così arrabbiato in questo momento, che mi ritrovo a dare un pugno sulla parete di metallo ammaccandola.
Uno scossone.
Poi l'ascensore riprende a salire.
Lancio le chiavi sul tavolo all'ingresso, mi levo la giacca, sbattono la camicia e sfilo via la cravatta e mi dirigo a passo spedito nell'unica stanza in cui riesco ad essere veramente me stesso.
Veleno.
Le parole con cui mi ha congedato mio padre le sento scorrere nelle vene, come fossero veleno. La tela sembra chiamarmi, così, afferro diversi  pennelli. Le pennellate di diverse tonalità di verdi si mischiano tra loro, poi una punta di bianco. Mi sento come in trance mentre le traccio sulla tela. Sembra assurdo, lo so, ma ad ogni pennellata, ho come l'impressione di levarmi questo veleno dal corpo.
Incredibile come mio padre sia il mio più grande odio e, al contempo, anche la mia più grande fonte d'ispirazione.
Inclino il capo davanti alla tela.
È confusa e tetra, proprio come mi sento in questo momento.
Ho fallito.
Ripenso a tutte le occasioni che ho avuto per mandarlo a quel paese, per liberarmi dalla sua ombra livida e scura, per sottrarmi al suo controllo.
Ho fallito, ancora una volta.
<< Basta >> ringhio a me stesso.
Afferro il barattolo con il nero, lo getto sulla tela e con le mani poi, lo espando nervosamente sul verde, fino quasi a ricorpirlo del tutto.
Chiudo gli occhi e mi abbandono a lunghi respiri.
Con un canavaccio mi pulisco le mani imbrattate poi tiro fuori il cellulare dalla tasca e invio la chiamata << Vieni >> le ordino << Ora >>.
Mi chiudo la porta della stanza alle spalle e infilo la chiave nel pantalone.
Mi dirigo sotto il soffione della doccia e lascio che il calore mi tranquillizzi.
Esco annodandomi l'asciugamano in vita e sento il telefono vibrare.
<< Sali >> le ordino ancora mentre mi avvio verso la porta.
<< Ethan >> mi sussurra vicino alle labbra ed io mi inebrio del suo profumo << È successo qualcosa ? >> mi chiede baciandomi il collo.
<< Non ne voglio parlare >> le dico afferrandola per i fianchi << Fai solo come l'altra volta >> aggiungo sbattendola contro la parete.
<< Ok >> soffia nel mio orecchio per poi tirarsi su il vestito << Ci penso io >>.
Mi affido alle sue cure per non pensare.
Dalla parete finiamo in bagno, sotto la doccia e poi in corridoio e infine sul letto. È sopra di me e il suo sorriso promette di farmi passare la rabbia che ho in corpo << Così >> le dico stringendole i fianchi.
Si sdraia sul mio petto e cerca avida la mia bocca << E dai >> mi stringe il mento.
Le afferro i lunghi capelli tirandole indietro il capo << Lo sai che non ti bacio >>.
Sbuffa e ci riprova ad avventarsi sulle mie labbra << Perché? >> mi chiede e sembra una supplica.
<< Lo sai >> le dico scansandola via, scrollandola dal mio petto.
<< Perché non sono abbastanza per te... >> dice stizzita abbassandosi il vestito << Però chiami me e non mia sorella... >> e vedo la rabbia farle tremare il labbro superiore.
<< Sai benissimo che non sto con lei >> sospiro afferrando una sigaretta dal comodino e portandola tra le labbra << È solo uno dei tanti affari di mio padre >>
Guardo distrattamente il telefono e vedo le notifiche con i suoi messaggi.
<< Meg non sa neanche che sei rientrato da Miami >> mi ricorda << Eravamo fuori insieme >> dice << Perché lei e non me? >> mi chiede stringendo le mani in pugni.
La serata ha preso una piega del tutto inaspettata: pensavo che solo il sesso mi avrebbe placato, invece, anche questa situazione, in un qualche modo mi fa sorridere. Così affondo nella cattiveria << Perché lei è troppo stupida per capire e tu troppo troia per andarmi bene >>.
<< Sei uno stronzo, Ethan >> dice guardandosi intorno alla ricerca di qualcosa per poi lanciarmi addosso con rabbia lo zaino ai piedi del letto << Vaffanculo >>.
Annuisco.
<< Lo so... >> ammetto vedendo la sua schiena uscire dalla stanza.
<< Abigail >> la chiamo e rientra con il broncio, ma sotto un piccolo sorriso le increspa le labbra.
<< Che c'è? >> mi chiede fingendosi spazientita, incrociando le braccia sul petto.
Pensa che le chiederò scusa, ne sono certo << Perfavore >> le dico facendole cenno di venire. Si guarda intorno prendendosi quei tre secondi in cui pensa di torturarmi nell'attesa.
Ma tre secondi sono pochi.
Troppo pochi...
Si siede sul bordo del letto e così le scosto una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Percepisco il suo corpo fremere quando le sfioro un braccio con il dorso della mano << Assicurati di chiudere bene la porta, grazie >> le sussurro all'orecchio facendola irrigidire e mandandola su tutte le furie.
Rido quando sento sbattere la porta e una serie indefinita di insulti in sottofondo.
Sospiro.
Mi guardo intorno nella stanza, tamburellando le dita sul petto, quando i miei occhi vengono catturati dallo zaino.
Una volta atterrati, ero tornato indietro dalla ragazza dell'aereo per presentarmi, ma oramai era già uscita ed è stato allora che l'ho visto spuntare da sotto il sedile.
Apro la zip e tiro fuori il quaderno.
La copertina è nera e lucida, una bocca è disegnata con un pennarello rosso al centro e un indice in verticale è appoggiato sulle labbra, come a indicare di fare silenzio e una sola parola è scritta in verticale sul dito :Kat.
Rigiro il quaderno e sul retro una scritta bianca recita :" il confine tra sogno e realtà".
Mi metto seduto e apro il quaderno...

Mr. SecretDove le storie prendono vita. Scoprilo ora