Capitolo 1

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Paura. È l'emozione capace di darti una scarica di adrenalina e portarti a fare quello che non avresti mai pensato che saresti stata in grado di portare a termine.
La paura si è irradiata dentro di me a poco a poco. È una sensazione nuova, sconvolgente con la quale penso dovrò imparare a convivere.

Prendo un bel respiro prima di sparare facendo centro nel bersaglio, per la prima volta, proprio colpendolo al cuore. Il rinculo ancora mi destabilizza ma sono sicura che se mi impegno riuscirò a migliorare anche su questo.
Osservo la sagoma di cartone davanti a me, un buco le perfora il petto. Sospiro. Se fosse stata una persona? Credo che non avrei sparato, non penso di avere la forza di sostenere il senso di colpa che mi attraverserebbe dopo. Penso che mai riuscirò a me averne la forza.
Mi passo una mano sulla fonte impregnata di sudore per togliermi i capelli dal viso. Mi concentro nuovamente. Le mani fisse sulla pistola, una calibro 21, chiudo un occhio per prendere la mira e premo il grilletto. Questa volta il colpo non va a segno.

«Non c'è più tempo Romee» mi riprende mia madre con tono severo, facendomi sussultare.
«Devi andartene, sei in pericolo»

Lascio che le sue parole mi scivolino addosso mentre ricarico l'arma.
Il solo pensiero di dover andare via mi mette i brividi. Il mondo é cambiato, cambiato brutalmente e l'unica speranza che ho di sopravvivere è scappare.
Quando l'ennesimo colpo non va a segno urlo per la rabbia e gli occhi mi bruciano riempiendosi di lacrime che ,per fortuna, riesco a trattenere.
Un mese, un mese che provo questo addestramento e ancora non sono in grado di colpire il mio obbiettivo se non per un colpo di fortuna.
Mi avvicino a mia madre e mi accascio contro la panca sulla quale è seduta. Sono stanca.
Mi passa una mano sulla testa accarezzandomi dolcemente i capelli raccolti in una coda, ormai disordinata.

«Forza Romee, ce la puoi fare! Io so che ce la farai» la guardo negli occhi. Sembra così sicura delle sue parole. Vorrei essere anche io convinta che andrà tutto bene.

«Promettimi una cosa» mi prende il volto tra le mani alzandolo verso di lei «Qualunque cosa succeda non tornare indietro, non morire» vedo il suo sguardo rattristarsi ma solo per una frazione di secondo perché poi torna sicura come prima.

Annuisco con fermezza. «Te lo prometto» affermo prima di alzarmi e iniziare a tirare pugni e calci al sacco da box.
Se penso che uno di questi pugni domani potrei assestarlo sul volto di qualcuno rabbrividisco.
Io che non riesco a fare male nemmeno a un misero insetto mi ritroverò a dover far male a chiunque incapperà nella mia strada. Sembra uno scherzo del destino eppure è la realtà.

Tiro un ultimo pugno, seguito da un sospiro di sollievo. Finalmente ho finito. Mi giro per uscire dallo scantinato che abbiamo adibito a palestra per l'ultimo mese, afferro un asciugamano dalla panca e noto che mia madre non c'è più.
Vado in camera mia e mi prendo un minuto per osservare le pareti tempestate di foto e ricordi.

«Dobbiamo sbrigarci» asserisce una voce alle mie spalle facendomi sussultare. Ho i nervi così a fior di pelle che per qualsiasi cosa mi spavento. Non mi riconosco più.
Mi giro di scatto con le mani davanti al volto in posizione di difesa. Quando vedo Malibù con il mio accappatoio in mano.
Da quando mi hanno detto che sarei dovuta andare nel mondo esterno sono diventata troppo paranoica.

«Scusa» mormoro quando mi accorgo della sua espressione preoccupata.
Scuote la testa e mi sorride.

«Forza vai a farti un bagno, ti calmerà» seguo il suo consiglio. Entro nel bagno e noto che tutto è già pronto, così mi spoglio dei vestiti sporchi lasciandoli sul pavimento ed entro nella vasca. Chiudo gli occhi rilassandomi completamente e canticchio la canzoncina che Malibù ha messo come sotto fondo.
Per me Malibù è come una sorella anche se lei si ostina a ripetermi che non è così e che è solo una domestica.
La conosco da tutta la vita. Quando eravamo piccole mia mamma a insaputa di papà mi faceva giocare con lei. Lei mi insegnava a divertirmi e io in cambio le insegnavo quello che mi impartiva il mio educatore. Siamo cresciute insieme ed é diventata la mia unica e migliore amica se penso che tra qualche ora potrei non rivederla più per sempre mi viene un groppo in gola.

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