Capitolo 4

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Sono stremata. Se penso che è il primo giorno di allenamento mi sento male.
Mi sdraio sullo scomodo divano, dove Detroit mi ha permesso di dormire. Tiro un sospiro di sollievo.
A ogni mio movimento si sente uno scricchiolio. Mi trattengo dal sbuffare mentre cerco una posizione comoda.
Chiudo gli occhi provando a dormire. Dopo non so quanto tempo un rumore assordante di sirene mi fa aprire gli occhi nuovamente.
Non ho dormito nemmeno un secondo; non sono abituata alla durezza di questo divano se così possiamo chiamarlo visto che assomiglia di più a una trave di legno.
Sento Detroit imprecare, seguiti dai suoi movimenti per la stanza.
La stanza viene illuminata dalla luce fioca di una candela e finalmente lo vedo. Sta indossando i pantaloni mentre borbotta qualcosa tra se e se.
Quando il suo sguardo si posa su di me impreca nuovamente.

«Alzati, dobbiamo andare» afferma serio in volto.
Levo il lenzuolo dalle mie gambe, indosso gli stivali e mi alzo.
Si lega una fascia attorno alla fronte per tirare su i capelli che da quanto ho notato sono soliti ricadergli disordinatamente su di essa. Mi lancia un occhiata.

«Andiamo» lo seguo fuori e appena una follata di vento si scontra con la mia pelle rabbrividisco.
La gente corre, urla e punta le armi.

«Cosa sta succedendo?» mi guarda e apre la bocca come per dire qualcosa ma poi la richiude.
Si gira e guarda davanti a se. La mascella contratta, i pugni stretti, lo sguardo cupo.
Entra dentro il capannone, lo stesso in cui sta mattina abbiamo fatto l'allenamento. Non accende nessuna luce ma si muove, lo stesso, con disinvoltura nella penombra.
Afferra delle armi e sono preoccupata che il congegno di sicurezza scatti ma forse lo ha disattivato senza che io me ne sia accorta.

«Ascoltami bene» sussulto quando sento la sua mano posarsi sulla mia spalla «Stai sempre vicino a me, è pericoloso»

Ingoio la saliva che sembra essere diventata un groppo nella mia gola. «Mi puoi dire cosa sta succedendo?»

«Ci stanno attaccando» dichiara dopo qualche minuto di silenzio.
Sento nuovamente i suoi passi che si allontanano da me. Sono ferma immobile. Ho bisogno di un arma.

«Lo sai vero che senza un arma sono sicuramente morta» affermo con un filo di voce. Mi passo una mano sulla gola in preda alla disperazione.

«Stai vicino a me. Ti proteggo io»

«No. Non puoi. Se ti attaccano io sarei senza alcuna difesa» la mia voce risulta pacata anche se in questo momento vorrei urlare.

«Ti fidi di me?»

«No, come potrei?» non ci conosciamo e sicuramente il modo in cui ci siamo incontrati non è dei migliori. Come potrei fidarmi di una persona che voleva uccidermi?

«Beh fidati» afferma e sento il suo respiro colpire la mia guancia. Afferra il mio braccio e mi trascina con lui fuori dal capannone.
Inizio a pensare che tra i suoi allenamenti ci sia anche quello di camminare di soppiattò per spaventare le persone. Quando si è avvicinato a me così tanto?
Cammino velocemente al suo fianco, mi guardo intorno e vedo solo paura negli occhi delle persone. La sua mano stringe sempre di più il mio polso quando una persona si ferma davanti a noi.
La pistola puntata contro il suo petto, lo sguardo fisso sulle mostre mani. Mi divincolo dalla presa con vano tentativo. L'uomo sogghigna. Passa lo sguardo ai miei occhi e solo ora mi accorgo che oltre i capelli grigi ha anche un occhio vitreo. Sorride in modo inquietante e sposta il mirino della pistola su di me. Osservo il cerchio preciso della bocca della pistola e faccio una preghiera consapevole che potrebbe essere l'ultima quando sento uno sparo.
Mi volto verso Detroit, ha la mano ancora ferma a mezz'aria, la pistola puntata verso
l'uomo che in un attimo il corpo del uomo crolla a terra.
Detroit non mi da il tempo di metabolizzare, mi strattona il braccio e inizia a correre con me al suo seguito.
Entriamo in un edificio e iniziamo a salire le scale, velocemente. La gola mi brucia dallo sforzo e il mio respiro é affannato. Mi chiedo come faccia lui a non mostrare un segno di sforzo.
Quando arriviamo in cima alla ripida rampa di scale usciamo su un terrazzo. Il mattoni del muro anteriori sgretolati, il cornicione mancante in un punto e le persone con le armi puntate oltre di esso. Non si vede niente oltre al buio, illuminato da qualche luce fioca sparsa qua e la; che da questa altezza sembrano delle quasi lucciole.

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