La vita è come una scatola di cioccolatini... ma Frode è allergico al cioccolato

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Francamente non trovava corretto da parte dell'universo, del caso o di qualsiasi divinità fosse responsabile, che il giorno in cui la sua vita iniziava ad acquisire la parvenza di un senso, suo zio decidesse di annunciare al mondo che avrebbe portato l'apocalisse. Forse definirla apocalisse era leggermente drastico. Più una sorta di sovvertimento degli ordini mondiali per instaurare una dittatura. E non era stato esattamente suo zio ad annunciarla. Più un immortale che ne faceva le veci. E la sua vita non stava proprio acquisendo una parvenza di senso. Era solo arrivato al fulcro di una catena di domande, le cui risposte portavano solo ad altre domande.

Meglio partire dal principio. Cosa non facile, non nel suo caso. Non sapeva quale fosse il vero principio. Ma di una cosa era certo, in mezzo a tanti dubbi. Chiunque muovesse i fili del suo destino poteva solo avere una fantasia molto scarsa, visti quanti stereotipi si era trovato a vivere, oppure era talmente confuso che al posto di una idea principale da sviluppare aveva deciso di usarle tutte, anche quelle decisamente da scartare.

E avrebbe dovuto partire proprio da quelle. Le idee decisamente da scartare di un improbabile demiurgo, che lui, invece, si era ritrovato a vivere. O meglio, sognare.

Come dettano i migliori stereotipi della sfortuna del protagonista, perché se lui non fosse stato almeno nella cerchia dei protagonisti di quella storia avrebbe scatenato sua sorella contro i responsabili, le sue notti erano caratterizzate da degli ospiti indesiderati chiamati incubi. Quello che forse era meno stereotipato, era come tali incubi in genere non gli mostrassero il futuro, ma solo la morte, spesso violenta o tragica, di completi e ricorrenti sconosciuti a cui ormai si era affezionato. Aveva perso il conto di quante volte si era svegliato urlando il loro nome, cercandoli con lo sguardo, correndo in bagno a lavarsi il sangue dalla pelle intonsa. Gli sconosciuti che il suo inconscio era solito mostrargli erano sempre gli stessi. Cambiavano solo le situazioni, l'ambientazione e il loro modo di morire.

E con un sogno del genere era iniziato il tutto. Forse il tutto no, ma visto che non era certo di quando fosse realmente l'inizio, poteva solo indicare il quando la catena di eventi, che lo avevano portato fino all'annuncio della fine del mondo, aveva cominciato a dispiegarsi.

Quella notte, o prima mattina, gli attori del suo sogno erano le sue vittime preferite. Un ragazzo appena maggiorenne, dal nome improbabile Ku, e una ragazza più giovane, a cui passava la maggior parte del tempo a urlare. Dalla regia gli suggerivano che si chiamasse Lante, ma non era sicuro di averlo mai usato come appellativo.

Quella volta erano in uno dei suoi ambienti preferiti: sulle rive di uno stagno, a cui poteva concedere il nome di laghetto, sdraiati su un prato di un verde fin troppo acceso a guardare le nuvole di un cielo dalle tonalità rosee.

«Secondo voi riusciremo mai a trovare un posto in cui vivere tranquilli?» chiese Ku, come da copione. Era steso su un fianco, la testa distrattamente appoggiata sul palmo. Guardava l'orizzonte e lasciava che il vento gli accarezzasse il volto, smuovendogli leggermente i capelli castani, resi più chiari dal sole.

Sembrava appartenere al panorama, ma non sarebbe mai stato fuori luogo in nessun posto, pensò Frode con un sospiro. Avrebbe voluto attribuire l'opinione al suo alter ego del sogno, ma lo trovava difficile. Rassegnato, si portò le ginocchia petto, appoggiandoci il mento, commettendo però l'errore d'incrociare lo sguardo con la ragazza alla sua destra, che gli rivolse un sorriso consapevole. Decise di guardarla male, ottenendo solo una risata in risposta. Avrebbe tanto voluto mandarla da qualche parte, ma avrebbe solo attirato l'attenzione dell'altro ragazzo, con la prospettiva di passare le successive ore precedenti al tramonto a sorbirsi frecciatine che gli altri due credevano geniali e ben congegnate.

«Non credo che un posto del genere esista» decise invece di rispondere alla domanda del ragazzo, tornando a rivolgergli la sua completa attenzione. E se poi avesse passato la serata deriso da sua sorella per il suo sorriso da ebete, così sarebbe stato.

Anathema Urobori - Naufraghi del destinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora