44. Nico

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Dieci centri perfetti.
Will aveva fatto dieci centri perfetti e Nico non poteva fare a meno di notare che in ogni tiro ci metteva tutta la rabbia che covava.
Ed ogni volta che si metteva in posizione, che si concentrava, i suoi muscoli assumevano una posa perfetta, quasi divina.
Smettila di pensare queste cose.
Circa una quindicina di nuovi semidei fissavano il suo Will con occhi estasiati.
Il ragazzo si tolse il sudore dalla fronte con la mano, poi fece uno dei suoi sorrisi stupendi e si rivolse ai nuovi arrivati.
- Avete domande?
Un ragazzino dai connotati orientali fece un passo in avanti. - Chi sono i vostri genitori divini?
Nico detestava quel tipo di domande perché sapeva che non appena avrebbe risposto alle nuove matricole, loro avrebbero iniziato ad osservarlo terrorizzati.
- Mio padre è Apollo. - Nonostante si mostrasse sempre allegro, Nico noto una smorfia quasi impercettibile nello sguardo di Will. - E il suo è Ade.
- Beh, si vede che sei figlio del dio del sole. Sei talmente bello. - A parlare era stata una ragazzina dai lunghi capelli neri e dai lineamenti praticamente  perfetti. Era la copia più giovane di Drew.
I due si guardarono e si trattennero dal ridere; sapevano decisamente il genitore divino di quella piccola smorfiosa.
- Perché Nico non ci mostra quello che sa fare? - Stavolta a parlare era stata una bimba decisamente più timida, che gli ricordava terribilmente se stesso. - Dopotutto è figlio di Ade.
Al corvino venne il terribile sospetto che suo padre avesse tradito nuovamente la tanto bella e quanto odiosa Persefone.
- Nico non può usare i suoi poteri.
Sentendosi chiamato in causa, il figlio di Ade si girò e lo guardò torvo e il biondino gli rispose. - Ordini del dottore.
Non sapeva bene il perché, ma gli montò una grande rabbia dentro; come poteva dargli ordini o preoccuparsi ancora di lui quando non stavano più insieme?
Certo, l'aveva lasciato lui e ciò non significava che Will l'avesse dimenticato, nonostante lo evitasse come la peste.
- Ma se volete vi mostro in combattimento con la spada.
Il biondino si fece pallido e la voce sua voce si abbassò leggermente. - Nico, lo sai che sono una frana con le spade.
Ma i nuovi arrivati erano già estasiati e continuavano ad incitarli.
Senza pensarci due volte, Nico si diresse a recuperare due spade da allenamento in legno e ne lanciò una al figlio di Apollo.
Fecero sedere i ragazzi sulle scalinate e si misero in posizione.
- Nico, sei sicuro? Nel senso...
Ormai non poteva tirarsi indietro; Will era lo strafigo davanti ai ragazzi e lui quello che non poteva dimostrare il suo valore perché uno stupido giuramento sullo Stige glielo impediva.
Però, forse, queste erano solo tutte scuse.
Era arrabbiato con Solace per averlo dimenticato così in fretta la loro relazione.
Aveva detto "Nico, a me non dà alcun fastidio. È tutta acqua passata." ed erano trascorse solamente due settimane.
Ma perché se la prendeva tanto con lui? In fondo, l'aveva lasciato lui.
Certo, l'aveva fatto per proteggerlo, perché era evidente che in qualità di figlio di Ade nulla potesse andargli bene, ma era impossibile nascondere quanto gli mancasse.
I momenti passati con Will erano gli unici felici dalla morte di Bianca, da quando era cresciuto di colpo.
- DI ANGELO!
Nico si ridestò dai suoi pensieri e si avvide della situazione; era così poco attento da non essersi accorto di aver ferito brutalmente il figlio di Apollo.
Si chiese come avesse fatto con delle semplici spade in legno e quanta forza avesse usato.
- Voi. - Disse rivolgendosi ai novellini. - Dividetevi e raggiungere gli altri due gruppi.
I ragazzi obbedirono.
Nico porse un braccio a Will per aiutarlo ad alzarsi; notò immediatamente diversi segni rossi sulle braccia, ma soprattuto il sangue che stava colando tranquillo dal suo naso.
I due rimasero in silenzio fin quando non raggiunsero l'infermeria.
- Di Angelo, grazie. Ora puoi andare.
Sentire Will chiamarlo Di Angelo lo stava logorando. Lui era Nico, Death Boy, signore delle tenebre e qualsiasi altro ripido nomignolo dolce, ma non Di Angelo, non per Will.
- Io vorrei, ecco, aiutarti. - Nico fece un respiro profondo. - Lo so che non mi crederai, ma non l'ho fatto apposta.
Il biondino non gli rispose e entrò nella stanza dove il corvino aveva passato due mesi, l'anno prima.
Subito gli venne una fitta al cuore: gli mancavano i momenti passati con quel ragazzo ed era colpa sua se non potevano essercene più.
Lo faccio per il suo bene.
- Senti, Nico. - Will si girò e lo guardò dritto negli occhi. - Io non so che problemi tu abbia, okay?
Questa frase lo ferì nel profondo; di che problemi stava parlando? Di cosa non si stava accorgendo?
- Ehm, in che senso?
- Vedi, lo fai ancora. - Urlò esasperato il ragazzo. - Ti prendi gioco di me.
- Will, non so che stai dicendo.
Il figlio di Ade gli si avvicinò ma, in tutta risposta, il biondo si allontanò da lui.
- Per te è tutto così semplice, ma io sto soffrendo. Non puoi venire qui e fare il carino dopo che mi hai spaccato il naso per non so quale ragione.
- Ma io davvero non ho fatto apposta.
Nico provò ad essere più sincero possibile eppure il suo tono di voce pareva solo supplicante; si maledì mentalmente.
- Certo. Tu non fai mai apposta. - C'era ancora più rabbia e tristezza nel tono del figlio di Apollo. - Mi lasci senza una ragione, mi sfidi in un duello con le spade quando sai che sono una frana e mi fai male.
Il ragazzo gli si avvicinò pericolosamente, puntandogli un dito nello sterno e si accostò troppo al suo viso in quanto, entrambi, ebbero un momento di debolezza; le loro labbra si stavano per sfiorare quando il biondino riprese parola.
- Non so cosa sono per te, o cosa sono stato, ma non sono un giocattolo, Di Angelo.
Nico alzò gli occhi al cielo, esasperato.
- Io non ti ho lasciato per questo. Sei importante per me.
- Falso.
Il corvino continuò a guardarlo, un po' sofferente e Will riprese parola.
- Sei stato tu a dirmi che mi amavi. Sei stato tu ad illudermi. Io ho passato quattro anni a convincermi di non avere speranze con te e tu mi hai illuso.
- Ma Will...
- Niente Will. - Il ragazzo si portò un fazzoletto a naso per bloccare il flusso di sangue che colava. - Vattene che devo finire di medicarmi.
Il corvino non se lo fece ripetere due volte e con il cuore a pezzi uscì dall'infermeria.

Un po' di sole nella morte - SolangeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora