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Quella mattina la sveglia suonò ad un ora quasi illegale e né io né Olivia avevamo molta scelta: dovevamo alzarci.
Il primo giorno veniva di solito lasciato libero ai ragazzi, così che si potessero sistemare per bene all'interno del campus e disfare la propria roba in quella che sarebbe stata la loro dimora per i mesi successivi.
Ma il vero e proprio inizio era il giorno seguente, quando si sarebbe tenuto il fatidico test d'ingresso, che di fatto non avrebbe cambiato nulla nel percorso universitario, ma era comunque un occasione per fare buona impressione ai professori.

<<Sai, Lizzy, in queste occasioni invidio il tuo sangue freddo. Te ne stai lì impalata a mangiare schifezze come se niente fosse>> disse Olivia esasperata mentre setacciava l'intera camera in cerca delle sue scarpe che erano proprio sotto al suo naso.
La sera precedente avevamo costretto Jack ad aiutarci a disfare le nostre cose e lui non aveva fatto poi troppe storie, in fin dei conti aveva la sua auto con sé ed era tranquillamente tornato a casa ad un orario decente.
L'anno prima io e Livvy avevamo insistito affinché anche lui prendesse una camera al campus, ma lui aveva sempre detto di no rifilandoci la scusa de "l'intensa vita da college non fa per me", quando invece alle feste riusciva sempre ad essere l'anima della serata.

<<Non è sangue freddo, è consapevolezza di aver fatto tutto ciò che potevo. Abbiamo studiato insieme, puoi stare certa che andrà benissimo>> la rassicurai mentre continuavo a mangiare la mia merendina fredda al cioccolato. Il mini bar in camera era una benedizione.

<<L'intero campus sa che prenderai il massimo dei voti... a volte mi chiedo perché Dio abbia voluto mettere un cervello così intelligente dentro di te. Voglio dire, siamo sorelle, potevamo almeno fare a metà!>> piagnucolò lei mentre preparava lo zaino subito dopo aver trovato le scarpe.

<<Non hai niente in meno di me, abbiamo entrambe pieni voti>> risi mentre mi alzavo dal letto così da gettare l'involucro ormai vuoto della mia merendina.
Olivia continuò a bofonchiare frasi indecifrabili ed io mi dedicai ad ultimare il mio outfit con profumo alla vaniglia e gioielli vari: qualche anello e una collanina con una medaglietta piccola e dorata sulla quale era incisa la mia iniziale.
Quella mattina avevo indossato un paio di pantaloni culotte neri e un top scollato bianco ricamato in un pizzo dello stesso colore, capelli sciolti e make up piuttosto semplice.
Mi soffermai qualche minuto allo specchio e qualcosa nel mio sguardo doveva essere cambiato, perché Olivia intervenne subito dopo.

<<Pensi ancora a quel sogno?>> mi chiese preoccupata.
Quella notte avevo fatto un sogno estremamente vivido e familiare: correvo in una foresta fittissima, scappando da un incendio e le parole "Vai all'inferno e uccidi il Diavolo" che mi risuonava nella testa. Ma ciò che più continuava a tormentarmi la mente era quel ragazzo corvino che sorrideva e le enormi ali nere incatenate su di una porta.
Sentivo di aver visto quel ragazzo più volte, ma per quanto mi sforzassi, non riuscivo a ricordare dove.
Era un'inquietante amnesia consapevole.

<<Si, ma non credo che rimuginarci sopra per sempre possa servirmi>> risposi con una scrollata di spalle mentre prendevo il mio piccolo zaino. Probabilmente mi sarei scervellata ancora un po' per poi lasciar perdere, solo allora avrei ricordato qualcosa. Metodo brevettato nel corso di un'infanzia passata a dimenticare il nome "Optimus Prime", che puntualmente ricordavo nel momento stesso in cui smettevo di pensarci, il che poteva anche succedere dopo ore e ore. Non sapevo perché il mio cervello continuasse a cancellare il nome dell'eroe della saga "Transformers", ma era una mia particolarità che riusciva sempre a farmi ridere.

<<Sai, ogni tanto capita di ripetere lo stesso sogno più volte. Ricordi quando ho sognato tre volte mia madre che cucinava Julian in un gigantesco calderone di melma verde?>> mi ricordò Liv mentre mi lanciava le chiavi della nostra stanza, pronta ad uscire.
Risi ripensando alla faccia sconvolta di Julian non appena lei gli aveva raccontato quel sogno. La faccenda risaliva all'anno precedente, quando il fratellino di Olivia aveva appena cinque anni, e la storia lo aveva traumatizzato talmente tanto che ebbe paura della madre, Lily, per un mese intero.
Riuscimmo a tranquillizzarlo solo quando gli raccontai che io avevo sognato il continuo della storia di Liv, dicendogli che Lily era sotto l'incantesimo di una strega cattiva ma che, non appena i loro occhi si erano incrociati, lui l'aveva riportata tra i buoni.
Io ero figlia unica, ma il piccolo Julian era riuscito a entrarmi nel cuore sin dal primo istante in cui lo tenni tra le braccia, era un po' come un fratellino acquisito.
Anche Jack aveva una sorellina, Grace, poco più grande di Julian, quindi potevo affermare in totale certezza che il fatto di essere l'unica figlia dei Bowman non mi aveva privato dall'essere circondata da una marea di fratelli.

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