Capitolo 9 - La fine del tempo

2 0 0
                                    

Poco prima di lanciarmi dalla finestra, cercai di allungare la mano verso l'uomo frammentato ed egli mi disse con parole dolci: "Quindi è questo l'amore. Che splendido sentimento". "ti rivedrò un giorno?" gli domandai, ma lui non mi rispose; anzi, mi diede una piccola fotografia, raffigurante me e la mamma. "Ma allora...tu sei..." non riuscì a finire la frase che subito dopo, la struttura iniziò a distruggersi. Subito dopo la caduta nel vuoto, ricordo soltanto che la barriera gigantesca si stava sgretolando, lampi e fulmini colpirono la sfera che, alla fine, esplose in minuscole particelle: sembrava una sorta di piccolo planetario, ma formato con la polvere. "Addio, madre. Spero di rivederti un giorno, assieme a Rose" dissi guardando il cielo mentre piangevo. Edison ed Einstein in tono affrettato: "Ada, dobbiamo andarcene. La Kronos sta per esplodere!!" 

Una gigantesca spaccatura divise in due la nave che, ormai danneggiata, stava affondando velocemente

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Una gigantesca spaccatura divise in due la nave che, ormai danneggiata, stava affondando velocemente. Mentre correvano, Edison ci fece salire sopra il suo sommergibile, portandoci in salvo. Raggiunto il largo, aprì lo sportello del sottomarino e vidi che la nave stava diventando un gigantesco relitto: le fiamme divoravano la parte rimanente, uccidendo gli ultimi superstiti. "Potevamo ancora salvarli. Potevamo...potevamo magari salvare qualcuno dei membri dell'equipaggio" dissi ad Edison, ma Einstein appoggiò la sua mano sulla mia spalla e con un cenno del capo, capì che ormai non c'era più nulla da fare. "Ormai questa storia è finita. Torneremo a Boston, magari tuo padre ci potrà aiutare a decifrare gli appunti di tua sorella" mi disse Einstein mentre mi abbracciava. Poche ore dopo, raggiungemmo il porto di Boston e al nostro sbarco sul molo, vedemmo un sacco di persone, tra cui giornalisti. Ci chiedevano un sacco di cose, ma quando cercavamo di rispondere a una domanda, partiva subito un'altra domanda. In quel momento, sbucò tra la folla un vecchio: alzò il braccio in aria e urlò il mio nome. Riconobbi l'uomo: corsi incontro a lui e abbracciai mio padre. Edison e Einstein si presentarono a mio padre e salimmo tutti sulla carrozza. Il cocchiere frustò i cavalli e la carrozza si mosse a tutta velocità. Poco tempo dopo, raggiungemmo la mia casa d'infanzia: quando scesi dalla carrozza, rimasi paralizzata davanti alla porta d'ingresso. Ritornavano moltissimi ricordi: per esempio, quella volta che io e Rose salimmo sull'albero che stava sopra la panca. "Comunque, papà, io ho portato gli appunti di Rose. Ci potresti aiutare a decodificarli?" chiesi a mio padre, che, conoscendo bene gli appunti di Rose, magari li avrebbe aiutati. 

"I figli del destino"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora