Colors - Atsuhina

254 9 6
                                    

Atsumu, fin da piccolo, non era mai stato in grado di vedere i colori.
Possiamo dire, quindi, che il suo mondo era solo grigio.
Un grigio orribile, a dir la verità.
Un'enorme nuvola grigia gli impediva di poter vedere il colore del cielo, o del sole, oppure dei fiori quando sbocciavano in primavera.
Atsumu non provava quindi la gioia immensa di vedere i colori meravigliosi che quei fiori regalavano.
Non sapeva che colore fossero i girasoli, le rose.
Non sapeva che colore fosse il mare.
Quella distesa di acqua salata che vedeva sempre quando era giù di morale.
L'acqua. Che colore era l'acqua?
Non lo sapeva.
Quella mancanza però, nel corso degli anni, cominciò a provocare dentro Atsumu una infinita tristezza.
Sentiva dentro di sè la mancanza di qualcosa. Qualcosa che non aveva mai avuto e che, forse, mai avrebbe potuto avere.
Come poteva però provare mancanza per qualcosa che non aveva mai avuto veramente?
Era questo che il ragazzo continuava a domandarsi.
Invidiava gli altri bambini e, nel lungo andare, tutte le persone attorno a lui.
Invidiava la loro felicità e, soprattutto la loro capacità di poter vedere quei maledetti colori.
Odiava tutti e non voleva più vedere nessuno.
Voleva rinchiudersi nella sua stanza e gettare via la chiave.

Proprio per questo un giorno, quando aveva 15 anni, tornò a casa piangendo.
Si rinchiuse in stanza e non uscì per tutto il giorno.
La madre preoccupata per il suo bambino, lo raggiunse nella stanza.
Atsumu era avvolto nelle coperte e non smetteva di piangere.
A quella scena il cuore della madre smise di battere.
Odiava vedere il suo bambino piangere per quella condizione così ingiusta.
"Che succede amore?" Sussurrò dolcemente la madre, distendendosi accanto a lui.
"Perché non sono in grado?" Singhiozzò il più piccolo.
"A fare cosa?"
"Perché non riesco a vedere i colori?" Continuò a singhiozzare Atsumu.
La madre sospirò. Come poteva spiegarglielo? Sarebbe stato in grado di capirlo?
"È perché sono stupido?" Quella domanda bloccò il flusso dei pensieri della madre, che tornò alla realtà e osservò alla sua destra la massa di coperte che si muoveva, liberando il dolce viso del figlio paonazzo a causa del pianto.
"Ma che dici amore? Tu non sei stupido!"
"Allora perché non riesco a vedere i colori!?" Il più piccolo si alterò, rivolgendole uno sguardo serio.
La madre sospirò una seconda volta. Doveva dirglielo.
Lo guardò negli occhi e in quel momento capì che Atsumu era pronto.
Era pronto a sapere la verità e avrebbe sicuramente compreso il motivo di tutto.
"Vedi amore non è che non riesci a vedere i colori perché sei stupido. È per un altro motivo..."
Rivolse lo sguardo al tetto.
Il ragazzo la osservava in silenzio.
Passò qualche minuto, poi la donna riprese a parlare.
"Quando siamo piccoli, siamo tutti incapaci di vedere i colori. Non si sa il motivo ma è così. Con il passare degli anni speriamo tutti di riuscire a farcela, ma per molti non è così.
Ci vuole del tempo!
Anche io quando avevo la tua età non ero ancora in grado di vederli.
Molti dei miei coetanei già ci riuscivano, e io provavo solo una grande invidia. Ero arrabbiata e, come te, non volevo più vedere nessuno. Mi domandavo continuamente perché non riuscissi ancora a farcela."
Tornò a guardare il figlio, e lesse negli occhi del più piccolo il grande desiderio di sapere tutta la verità.
"Un giorno, forse domani, oppure dopodomani, o tra qualche anno sarai in grado di poterli vedere. Stai tranquillo, prima o poi tutti ci riescono."
"Mamma... e se io non ci riuscissi?" Sussurrò Atsumu.
"Impossibile amore mio." E abbracciò dolcemente il suo bambino.
Dopo qualche minuto di silenzio Atsumu però richiamò nuovamente l'attenzione della madre.
"Quanti anni avevi quando li hai visti la prima volta? E come ci sei riuscita?" Domandò.
"Avevo 19 anni ed successo nell'istante in cui ho conosciuto tuo padre."
La madre sorrise a quel ricordo e tornò a guardare il figlio, così simile all'uomo che aveva sposato e che amava ancora follemente.
Il ragazzo annuì leggermente, pensieroso.
"Atsumu un giorno incontrerai una ragazza che sarà in grado di farti vedere tutti i colori del mondo. Devi solo aspettare."
Quelle parole confortarono il giovane Atsumu che, con il passare degli anni, cominciò a cercare quella ragazza che gli avrebbe finalmente fatto vedere i colori. Ma ragazza dopo ragazza nessuna era veramente in grado.
E mentre tutti i suoi amici ci riuscivano, lui non poteva.
Il senso di frustrazione aumentava giorno dopo giorno.
Perché non riusciva a trovarla? Qual era il suo problema?
Ma nonostante continuasse a cercare, nessuna era in grado di aiutarlo.
E perciò si arrese.
Smise di cercare.
Non ne voleva sapere più niente. E soprattutto credeva che non ne valesse più la pena.
Aveva completamente perso interesse.

Arrivati i 20 anni, Atsumu continuava a vedere il mondo grigio. Quel grigio orribile che tanto odiava.
Si iscrisse al college e poco prima dell'inizio delle lezioni, si trasferì in un appartamento vicino.
Era molto lontano da casa e, quel senso di libertà, lo faceva quasi sentire vivo.
Un giorno decise di andare a fare un giro per il campus, tanto per familiarizzare con il posto.
Voleva soprattutto vedere la palestra, dal momento che si voleva assolutamente aggiungere alla squadra di pallavolo.
Fin da bambino, infatti aveva sempre praticato la pallavolo. Era il suo sport preferito e quando giocava non pensava minimamente al fatto che non riuscisse nemmeno a vedere il colore della palla.
Gli permetteva di poter fuggire dalla sua orribile condizione.
Proprio per questo quando giocava era l'unico momento in cui si sentiva felice.
Raggiunse la palestra del campus, era nervoso.
Non vedeva l'ora di conoscere la squadra.
Erano simpatici? Oppure non l'avrebbero sopportato? Come già gli era capitato diverse volte in passato.
Avvicinandosi alla palestra sentì il rumore familiare della palla che rimbalzava sul pavimento. Inoltre sentì anche delle urla provenire dal suo interno.
Il suo cuore prese a martellare velocemente e, con le mani sudate a causa del nervosismo e dell'ansia, aprì la porta della palestra.
Si ritrovò davanti una palestra immensa ma la sua attenzione venne attirata da una voce.
"ALZALA A ME!"
Atsumu si voltò verso la voce e rimase pietrificato.
Un ragazzo basso, dai capelli arancioni, saltò più in alto che poteva per poter schiacciare la palla che era stata alzata proprio per lui.
Il tempo sembrò rallentare e per Atsumu gli sembrò di vedere un angelo.
La luce proveniente dalla finestra illuminò completamente il ragazzo dai capelli arancioni, conferendogli un aspetto ancora più angelico.
Atsumu, fin da piccolo, non era mai stato in grado di vedere i colori.
Fino a quando non incontrò la sua anima gemella.
E se ne rese conto solo quando il ragazzo dai capelli arancioni gli rivolse la parola.
"Ciao." E rivolse un sorriso ad Atsumu, il quale arrossì.
"Sei qui per iscriverti al gruppo?" Continuò.
Atsumu guardò il ragazzo e in quel momento lo notò.
I suoi capelli erano arancioni. I suoi occhi erano marroni. La sua divisa era nera.
Si guardò attorno e sorrise.
Li vedeva. Vedeva i colori. Ed erano bellissimi.
Gli occhi di Atsumu si riempirono di lacrime e, senza rendersene conto, scoppiò a piangere.
"Ehi stai bene?" Il ragazzo dai capelli arancioni si avvicinò velocemente ad Atsumu.
"Si... sto bene. Mai stato meglio!" Disse sorridendo.
Il suo cuore martellava velocemente, ed era felicissimo. Forse come mai prima d'ora.
"E comunque si, sono qui per iscrivermi al gruppo."
Gli occhi del ragazzo più basso si illuminarono e cominciò a saltellare come un pazzo.
"Ma è fantastico!!" Sorrise a trentadue denti e si voltò verso un gruppo di ragazzi che stava entrando in quel momento in palestra.
"Ragazzi abbiamo un nuovo arrivato!" Disse.
"Hey Hey Hey!" Disse uno dei ragazzi alzando la braccia in alto.
Atsumu si asciugò velocemente le lacrime, alzò una mano in segno di saluto, e tornò a guardare il ragazzo di fronte a lui.
"Qual è il tuo ruolo?" Chiese il più basso.
"Sono un alzatore." Sorrise Atsumu.
Gli occhi del ragazzo si illuminarono ancora di più. Era così carino che sembrava un bambino.
"Che figoooo!" Disse, continuando a saltare.
"Io sono un centrale. Piacere sono Hinata Shoyo!" E porse la mano al ragazzo di fronte a lui.
Il cuore di Atsumu non smetteva di battere velocemente e le sue mani erano ancora più sudate rispetto a prima.
"Sono Miya." Disse allungando la sua mano verso quella di Hinata.
"Miya Atsumu." Strinse la mano del più piccolo e, in quel momento, una piccola scossa attraversò il corpo di entrambi i ragazzi.
Hinata sorrise e Atsumu ricambiò.
E rimasero in quella posizione per un bel po', senza staccare neanche per un secondo lo sguardo l'uno dall'altro.

Atsumu Miya, fin da piccolo, non era mai stato in grado di vedere i colori.
Fino a quando non incontrò la sua anima gemella.
Sua madre aveva avuto ragione, prima o poi sarebbe arrivato.
E fu così.
Era arrivato quando meno se lo aspettava.
Era arrivato come un raggio di sole, e con i suoi raggi splendenti aveva squarciato completamente le nuvole grigie che ricoprivano la vita di Atsumu.
Hinata era il suo sole, ed è solamente grazie a lui che Atsumu capì finalmente che cosa fosse l'amore.




Note autrice:
Buon pomeriggio a tutti.
Questa è la prima One-shot di questa raccolta.
Nonostante ami la Kagehina, la Atsuhina ha un posto speciale nel mio cuore.
Mi è piaciuto tantissimo scriverla e spero che possa piacere anche a voi!
Le richieste sono aperte.
Fatemi sapere cosa ne pensate, magari con una stellina o con un commento e ci vediamo alla prossima storia! ❤️

Clare

Anime One-shot Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora