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Il Weiss Memorial Hospital era a circa venti minuti dalla loro attuale posizione e per raggiungerlo dovettero prendere un autobus dato che Mickey, con grande disappunto da parte di Ian, non aveva una macchina.

"Non mi è mai servita a un cazzo."

Si era giustificato Mickey, salendo sul primo autobus disponibile. Ian lo costrinse a pagare il biglietto, cercò anche di convincerlo a prenderne uno anche per lui, ma Mickey gli ricordò che nessuno su quel dannato autobus poteva vederlo e che non avrebbe preso una multa ne sarebbe finito all'inferno per aver viaggiato senza biglietto. Una volta accettato il proprio destino, Ian si era seduto accanto a Mickey, sperando che nessuno decidesse di sedersi sopra di lui . Avevano deciso di mettersi su alcuni sedili in fondo al mezzo e Mickey si era accomodato sul lato del corridoio, lasciando a Ian una confortevole cuccia protetta tra il finestrino e il corpo dell'altro ragazzo. La presenza di Mickey comunque era confortante, nessuno si sarebbe mai azzardato a mettersi accanto a lui, non se continuava a guardare tutti in quel modo e la consapevolezza di non dover attraversare il corpo di nessuno sconosciuto, rese il viaggio leggermente più tranquillo.

"Nervoso?"

Chiese Mickey dopo una manciata di minuti dalla partenza, Ian continuava a picchiettare due dita sul proprio ginocchio e a lanciare sguardi fuori dal finestrino dove strade e lunghe file di auto continuavano a susseguirsi senza sosta. Il rosso volse lo sguardo verso il suo compagno di viaggio e accennò un sorriso tremante, cercando di risultare il più rilassato possibile, ma fallendo miseramente. Anche un idiota si sarebbe accorto del suo nervosismo.

"Un po'. Non so cosa aspettarmi..."

Mormorò a voce bassa, Mickey sorrise e annuì in risposta. Il resto del viaggio lo passarono in silenzio e tornarono a guardarsi solo quando la voce metallica degli altoparlanti annunciò l'ultima fermata prima della zona ospedale. Ian cercò istintivamente la mano di Mickey, tentò di stringerla, ma ovviamente la attraversò e questo bastò a ricordargli perché stavano facendo tutto ciò, ma questo comunque non servì a risparmiargli una nota di delusione. Il moro, accortosi dell'espressione affranta dello spirito, cercò di risollevargli l'umore con una battuta, ma senza successo e improvvisamente sentì l'urgente bisogno di prendersi a calci. Non era mai stato bravo con le persone, ma pensava almeno di capire quando fosse il momento giusto per stare in silenzio. Evidentemente non era così.

"Ci siamo."

Mormorò Ian, osservando l'enorme edificio che ergeva a qualche metro dalla fermata del bus. L'edificio di mattoni rossi era circondato da un ampio parcheggio quasi del tutto occupato e un piccolo prato ben curato occupava gran parte di una delle facciate. Mickey non si era mai avvicinato tanto a un ospedale, Terry gli aveva insegnato a sistemarsi da solo le ferite perché i dottori, come gli sbirri, facevano troppe fottute domande e negli affari dei Milkovich le domande erano di troppo, per questo ora che si trovava a pochi metri dall'entrata, non sapeva esattamente come comportarsi. Ian d'altro canto sembrava tutt'altro che spaesato, continuava a guardarsi intorno e a mormorare sottovoce qualcosa che il moro non riuscì proprio a sentire. Fecero il giro del palazzo, Ian a capo che camminava spedito e Mickey che tentava di tenere il passo, e giunsero su un'altra grande piazza sul quale campeggiava l'entrata emergenze. Di fronte vi erano parcheggiate due ambulanze pronte a partire per chissà dove, Ian vi si avvicinò pericolosamente proprio mentre una di queste avviò il motore, Mickey preferì osservare da lontano, ignorando gli sguardi curiosi dei paramedici.

"Lavoravo qui, ne sono più che sicuro. Più ci avviciniamo e più riaffiorano immagini e nomi, Mick! Entravo ogni mattina da qui e mi registravo all'ingresso da Svetlana, poi andavo negli spogliatoi...beh era uno stanzino con armadietti e uno stupido lavandino, ma noi lo chiamiamo comunque spogliatoio."

Just Like Heaven | Gallavich AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora