CAPITOLO UNO

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Per le strade di New York è difficile trovare cose o persone da cui scappare.
Come l'abitudine, come la monotonia, come l'ansia di arrivare in tempo a lavoro, a casa, o dall'amica-o, dal fidanzato-a.
La cosa difficile per me oggi è riuscire ad ottenere il lavoro al quale non ho fatto altro che pensare durante l'estate come assistente del capo presso la "High Point Global" un'azienda di alto livello,
quotata in Wall Street.
L'offerta di lavoro, l'ho scoperta durante il mio viaggio di ritorno verso casa su un sito importante di ricerca dedicata al lavoro, dopo le mie pseudo vacanze passate a fare la ragazza alla pari fuori città, o meglio ragazza delle pulizie. Mandai il mio curriculum senza ricevere nessuna notizia, fino a quando una settimana fa sono stata richiamata dal loro ufficio delle risorse umane e proprio oggi mi hanno fissato il colloquio.
Sono molto agitata è il mio primo vero colloquio di lavoro, dopo la mia laurea alla quale ho dedicato molto tempo.
Certo è normale, ma le nottate passate sui libri con una tazza di caffè, le corse notturne a comprare cibo spazzatura, beh direi che sono servite a qualcosa.
Darmi energia per affrontare tutti i miei sforzi per ripagare mio padre e i suoi sacrifici per farmi studiare.
Quando esco dalla metro, il mio Google Maps mi avvisa che mi basta girare l'angolo e sono arrivata.
Mi guardo intorno ed ho solo grattacieli intorno a me. Nessuna indicazione, nessuna insegna. Persone che vanno e vengono in tutte le direzioni.
Mi continuo a guardare intorno e chiamo Lily. Non riesco a trovare l'entrata.
<<Lily, Ciao dov'è l'entrata della High Global?>>
<<Oh mio dio! Fai sul serio? Dove sei?>>
<<Davanti ho un palazzo alto con finestre scure e alle mie spalle una struttura altrettanto alta con vetri a specchio.>>
<<Bene allora ci sei. Il palazzo che hai davanti. Entra e chiedi alla segretaria di me. Ti porterò su negli uffici. Il Signor Chris Hunter ancora non è arrivato. Nel frattempo, dovrai aspettare nella breakroom insieme agli altri candidati.>>
<<Ooook, grazie>> e metto giù.
Quando entro nella struttura sono impressionata dalla facilità che incontrano tutti nel muoversi liberamente o non proprio tutti. Diciamo la maggior parte;  Passano i metal detector con un tesserino e delle sbarre che si alzano e abbassano al loro passaggio. Guardie ovunque e davanti a me un lungo desk con ragazze sulle ventina, tutte bionde, molto belle che accompagnano e salutano dipendenti e forse clienti dopo i meeting con qualche direttore importante.
<<Buongiorno, sono Tamara Foley, sarei qui per un colloquio come assistente personale del CEO della High Point Global.>> Non chiamo Lily perché mi sento già a disagio.
La ragazza mi guarda da capo a piedi. È vero, ho una giacca marrone, una camicia bianca e dei pantaloni marrone anche loro. Non ho i tacchi ma ho delle ballerine comode. La moda non fa per me. Mi guarda come se volesse sputarmi in faccia. Lei al contrario di me ha un completo grigio con un cravattino rosso, calze color carne e scarpe nere.
Un rossetto rosso vivo alimenta il volume della sua bocca carnosa e una lunga treccia gli tocca una spalla.
<<Si. Mi dia un documento.>> Simpatica penso. Già partiamo con il piede sbagliato.
Gli porgo la mia carta di identità e mentre lo faccio scorgo Lily che passa le sbarre con il suo tesserino, mi viene incontro.
<<Ohhh Tamara, sei seria? Davvero ti presenti ad un colloquio di lavoro vestita in questo modo? Quante volte ti ho detto di venire con me a fare shopping?>>
Lei al contrario di me ha un aspetto davvero da donna in carriera. I suoi capelli neri ricci sulle spalle, una gonna a tubino rosso di pelle lucida, indossata insieme ad una camicia bianca con dei bottoni argentati. Indossa scarpe con tacco dodici...ma come fa?
<<Ma non ti ho chiamato! Come facevi a sapere che ero ancora qui?>> Riprendo il mio documento.
<<Beh ho visto che non chiamavi quindi sono scesa direttamente. Ho ancora cinque minuti liberi prima di iniziare questa lunga, lunghissima giornata di lavoro.>>
<<Ah, premurosa.>>
<<Si beh con quei vestiti direi che ti serve una guida!!>>
Vorrei ucciderla e farla sparire ma le voglio troppo bene.
La guardo malissimo e mi giro verso il desk.
La segretaria la guarda e ride. Bene. Anche lei pensa che io sia vestita come mia nonna. Ma non mi interessa. Sono qui perché devo ottenere un lavoro come segretaria e non di certo come nuovo volto della pubblicità di Dior.
<<Ecco a lei, può andare. Questo tesserino gli permetterà di passare la sbarra e di poter usare l'ascensore, quando avrà finito lo deve riportare al Desk. Buona fortuna>>.
<<Grazie.>>
<<Andiamo Tamara. Ti porto su con me, ma poi devo abbandonarti che ho mille cose da fare.>> Sbruffa schiacciando il pulsante dell'ascensore.
E così prendiamo l'ascensore fino al cinquantesimo piano. Oh, mio dio! Ho le vertigini!! "Non guardare di sotto quando arrivi su dalle finestre" mi ripeto. Mi sudano le mani.
Gli uffici dell'azienda sono come me l'aspettavo. Rumorosi, chiassosi e ticchettii di tastiera ordinari.
Quando passiamo gli uffici del Data Entry, siamo in una realtà completamente diversa.
Uffici separati tra di loro con vetrate che danno sul corridoio e i rumori dei tacchi sul legno lucido del parquet fa sembrare totalmente un altro ufficio. Tutto diverso. La maggior parte degli impiegati sono donne.
Giriamo ancora per un po' fino a quando in fondo al corridoio, Lily mi lascia nella breakroom.
<<Ecco qua. Prendi un caffè se vuoi. Io ora devo andare. Fammi sapere. Sabato ci siamo proprio divertite al Dive vero?>>.
Il Dive Bar. Il nostro ritrovo. La mia casa per le mie sbronze e la casa delle cazzate di Lily.
<<Si beh è vicino Harlem. Dove viviamo. Quindi una cosa nuova direi!>>
<<Nuovissima stronzetta.>>
Ridiamo insieme, poi Lily mi saluta e io proseguo.
La sala è grande e ci sono sedie intorno ad un grande tavolo ovale.
Le pareti gialle decorate con quadri moderni e astratti. Un altro tavolo all'angolo con un piccolo buffet e una macchina da caffè.
Sono la prima bene, hanno già visto che sono puntuale. Un punto per me.
Passano dieci minuti e la stanza si è riempita di due candidati in più a me. Un ragazzo cinese che non guarda nessuno, né tanto meno parla e una ragazza dai lunghi capelli rossi e da occhi color smeraldo. È davvero bella.
Altri venti minuti e sono le nove e mezza e siamo a quota sette candidati. Parlando tra di noi abbiamo scoperto di essere tutti neolaureati, in cerca di lavoro e in cerca di fortuna per la realizzazione dei nostri sogni. Rompendo il silenzio un ragazzo comincia a chiedere di noi in modo del tutto random.
Siamo tutti nella stessa barca; Eppure, mi sento io ad essere quella più scarsa. Tutto questo perché non ho fiducia in me. Non ho fiducia da quando mi sono ritrovata in quinta elementare da sola dentro una tenda durante il campeggio di scuola con bambini della mia età che mi dicevano che mia madre era morta perché ero una cattiva bambina e non meritavo la felicità. Si può esser così cattivi da piccoli? No, sembra che dio me li ha mandati apposta per buttarmi giù. Certe volte penso che la vita si sia accanita su di me per vari motivi che non so. E a parte Lily non ho amici. Lei mi dice che sono troppo fredda ma la realtà è che non mi fido di nessuno. Né tanto meno degli uomini, quando un Josh Henderson al ballo di fine anno del liceo mi ha preso in un angolo e forzata per fare sesso.
Me la cavai con un calcio che gli diedi in mezzo alle gambe, mentre al college solo storielle di poco conto ma oltre un bacio non riuscivo a lasciarmi andare, perché non avevo quella giusta attrazione o curiosità di spingermi oltre. Lily mi ha sempre rotto le palle per questo.
Questi miei pensieri vengono risvegliati dalla ragazza della reception che mi chiama. Miss simpatia.
<<Il Signor Hunter l'aspetta nel suo ufficio. Prego da questa parte.>>
Bene, ci siamo. Sicuramente sarà un vecchio rompi palle di quaranta anni che avrà già il panzone da pensionato e delle dita come salsicciotti.
<<Prego. Entri pure e buona fortuna.>> Mi dice la segretaria guardandomi ancora una volta da capo a piedi con un sorrisetto beffardo sul viso.
Ma che vuole questa? È irritante. Mi lascia da sola davanti la porta e se ne va con una cartellina in mano.
Sono davanti la porta dell'ufficio del capo da sola; Una grande porta grigia con maniglie nere. Perché non riesco a bussare? Cosa mi frena?
La realtà è che ho paura. Faccio un grande respiro profondo.
Busso e una voce mi dice..<<Avanti>>.
Quando entro la cosa che mi salta subito all'occhio e la grande parete di vetrate grigio azzurro che dà su Manhattan, perché il sole batte forte al mattino... è quasi accecante.
Quindi sposto gli occhi, noto piante come l'aloe vera in vasi bianchi di ceramica e una grande poltrona di pelle bianca, un divano a L che circonda l'angolo della stanza.
Un grande tappeto bianco si estende fino alla scrivania.
Dietro la scrivania ....Dietro la scrivania... Una scrivania di vetro con piedi in cristallo nero... c'è il capo. Un metro e non so quanto di altezza. Spalle larghe che si notano dalla giacca di un grigio chiaro come i pantaloni, mani nelle tasche e capelli biondi corti.
Lui sarebbe il capo? Con un gesto lo vedo da dietro avere un telecomando in mano che aziona delle tende copri sole sulle vetrate.
Quando si gira, rimango impressionata. È giovane. Sarà sui trenta anni. Io ne ho appena venti quattro, compiuti lo scorso mese.
I suoi occhi color cielo incontrano i miei di ghiaccio come la mia anima e in essa passa un brivido a me sconosciuto mai provato prima.
I suoi capelli sono messi di lato, con un ciuffo biondo che gli ricade sul viso.
Il suo viso. Il più bello che abbia mai visto in vita mia. Mai visto un uomo così. Forse al cinema. Forse sui giornali e la sua faccia non mi è nuova. La sua faccia disegnata e scalfita da una mascella perfetta e labbra altrettanto perfette, non tanto carnose ma divine.
<<Signora Foley, piacere di conoscerla. Sono Chris Hunter, CEO della High Point Global. Prego si sieda.>>
La sua voce sensuale e profonda scatena un altro brivido che si estende per tutto il mio corpo.
È umano almeno?
<<Ha mai sentito parlare di me?>>
<<No, mi scusi.>>
Si passa un dito sulle labbra. Lo fisso. Ride. Perché ride?
Quando mi siedo, lui si siede sulla sua poltrona oltre la scrivania, accavallando le gambe di lato.
<<Allora signorina Foley. Mi parli di lei. In cosa è laureata?>>
Fa sul serio? Non ha letto il mio curriculum?
<< Sono laureata in Economia Aziendale alla Columbia University. Ho ricevuto dal presidente di commissione anche una lettera di raccomandazione per le migliori dieci aziende di New York. Vivo qui con la mia famiglia. Sono nata e cresciuta nella grande mela.>>
<<Non ho chiesto né della sua raccomandazione né della sua famiglia. Bene è laureata in Economia Aziendale. Perché ha scelto la mia azienda dove mandare la candidatura?>> Risponde irritato.
Ma come si permette? Dovrebbe ringraziarmi che gli ho spianato la risposta a delle domande che sicuramente mi avrebbe fatto.
<<Sta pensando che gli avrei chiesto della sua famiglia vero? La sua faccia è molto trasparente signorina Foley>>
Ma come fa? Chi si crede di essere?
Mi guarda con aria di sfida e con quel suo fare da malizioso mi sta innervosendo.
Che stronzo. Sicuramente è un perfezionista, sicuro di sé e della sua grandissima testa di cazzo, senza cazzo.
<<Allora?>> il suo tono autoritario mi sveglia dal mio mondo.
<<Ho scelto di mandare il mio curriculum vitae presso la sua azienda perché è una delle quali...Insomma ne vale la pena provare a intraprendere un percorso professionale. E poi perch...>>
<<Come prego? Vale la pena? Si è guardata intorno?>>
Ma che cazzo? Mi lascia finire? Niente da fare si alza dalla sua sedia e viene verso di me. Si appoggia sulla scrivania incrociando le sue braccia muscolose sul petto e le gambe, stirandole per bene. È davvero un dio greco stronzo.
<<Non ho capito la sua domanda...>> Gli dico mentre lui mi guarda tutta dall'basso verso l'alto.
<<Ho detto si è guardata intorno? Sa che la mia azienda è una delle dieci americane più quotate in Wall street da oltre cinquanta anni?>>.
<<Si mi sono guardata molto bene intorno e solo ora mi accorgo che forse non fa per me. Mi scusi se l'ho disturbata.>> Mi alzo di scatto.
Basta non reggo quest'uomo e non reggo il suo confronto. Inarca un sopracciglio e mi guarda con aria strana mentre mi allontano. Quando raggiungo la porta sento il suo sguardo su di me. Non ha cambiato posizione ed era sicuramente sicuro che forse non sarei uscita dalla stanza.
<<Non l'ho congedata signorina Foley. Può tornare a sedersi.>>
<<La prego, mi lasci andare, non voglio rubarle altro tempo.>>
Indicando la sedia, mi fa segno di sedermi. Così mi arrendo e faccio come vuole.
<<Quali sono i suoi obiettivi signorina Foley?>>
Fa sul serio?
<<I miei obiettivi...hmm... Sono .... >>
<<Si?>> Si mette seduto su una poltrona vicino a me. O mio dio. Sento il suo profumo, colonia fresca e virile. Come il suo aspetto. Quest'uomo sa davvero il fatto suo.
<<Lei è molto bella signorina Foley.>>
Cosa? cosa ha detto? Perché sta dicendo così?
<<Ma non abbastanza intraprendente per il posto da segretaria personale. La segnalo all'ufficio delle risorse umane come segretaria del Data entry. Le faranno sapere entro questa settimana. Ora se vuole scusarmi ho altri colloqui da fare...>>
Si alza in piedi e guardo lui tendermi la mano.
Gli porgo la mia con educazione e gentilezza e quando me la stringe sento una scarica elettrica.
<<Arrivederci Signor Hunter e grazie di tutto.>>
<<Mi ringrazierà quando sarà soddisfatta...>> Il suo viso cambia espressione e la sua bocca si allarga in un sorriso , direi quasi malizioso.
Mi giro per andare verso la porta ed esco fuori. Lui è ancora in piedi al centro della stanza. Butto fuori un grande respiro. Sono sudata e sconvolta. Il peggior colloquio della mia vita e quello direi più strano.

The big Forbidden Apple. I PARTE.WE BELONG TOGETHER.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora