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Le settimane successive furono un inferno tale che,in confronto,Sartre ero uno scherzo. Passavo le giornate oscillando tra spietate autocritiche e furiosi attacchi di gelosia. Ero arrivato troppo tardi. Troppo tardi - la consapevolezza mi colpí con la forza di uno schiaffo. Con crudeltà autolesionista,mi feci raccontare tutto da Valérie e finsi di essere felice per lei,mentre il mio cuore sanguinava. Lui si chiamava Alessandro Di Forza,un italiano che aveva dieci anni piú di me,uno yacht immacolato come la neve e un sorriso spavaldo. Uno dei grand hotel piú frequentati della Riviera era di proprietà della sua famiglia. Alessandro era un abile uomo d'affari,era un seduttore nato,era un buon partito - per farla breve,Alessandro era tutto quello che non ero io. Non avevo un briciolo di speranza e saperlo mi faceva diventare pazzo. Vagavo per ore sulla riva della Senna cercando un modo per affrontare la dura realtà: avevo trovato la donna che avrei potuto amare come nessun'altra al mondo e l'avevo perduta. Decidi di cancellare Valérie Castel dalla mia vita. Non volevo,non potevo piú vederla. Nelle settimane seguenti la evitai. Mi voltavo dall'altra parte quando arrivava in ritardo a lezione,mi precipitavo fuori dall'aula appena il professor Caspari aveva pronunciato l'ultima parola,cambiavo strada se la incrociavo e stavo alla larga dai caffé dove si incontrava con gli altri. Facevo di tutto per convincermi che fosse la cosa migliore. Ma la ragazza con gli occhi acquamarina mi mancava talmente tanto che non riuscivo a combinare nulla.

Fu la timida Camille che un giorno mi si parò davanti all'ingresso dell'università in rue Victor Cousin. Scosse i capelli neri alla paggetto e mi guardò con un'aria di disapprovazione negli occhi scuri. "Che cazzo significa,Henri? Perché non ti fai piú vedere? Dispiace a tutti che non esci piú con noi". "Già",replicai secco,e afferai la cinghia della mia borsa a tracolla. "Dispiace anche a me". Camille mi posò la mano sul braccio. "Dispiace anche a Valérie",disse in tono allusivo. "Ah sí?" ribattei serrando le maschelle. "Allora perché non viene lei a dirmelo?!" Camille ignorò la domanda. "Eravate cosí legati",disse. "Le cose cambiano. Semplice." Ritirai il braccio,ma la dolce Camille non si diede per vinta. "No,non é semplice",riprese correndomi accanto per qualche metro. "Stai facendo un errore,Henri".
Anche questo capitolo é concluso..povero Henri quanto sta soffrendo,dovrebbe dare ascolto a Camille o no? Cosa avreste fatto al suo posto? Scrivetemi ;) per chi vuole mi segua anche su instagram: Ruocchetta_

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 18, 2015 ⏰

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