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Nelle settimane seguenti continuai a vedere Valérie Castel. Avevamo alcuni corsi in comune,e poi ci incontravamo alla mensa o in uno dei piccoli caffé vicino alla Sorbonne,dove trascorrevamo ore insieme agli altri a bere,funare,ridere,parlare e discutere. Uso il plurare come se ci fosse stato un "noi",che invece era solo nella mia testa.

In realtà era molto difficile,se non addirittura impossibile,avere tutta per me Valérie Castel,perennemente circondata da uni stuolo di amiche r compagni a cui dedicava le proprie attenzioni in uguale misura. Eppure,anche se dovevo dividerla con loro,restavo caparbiamente al suo fianco. Avevo scoperto che passava interi pomeriggi nella vecchia biblioteca dell'università. E lì,nel silenzio della sala di lettura disseminata di lampade,capitava abbastanza spesso di trovarla da sola. Sedeva a uno dei tavoli accanto alle finestre con le alte vetrate,oltre le quali si accavallavano le grigie nuvole di marzo,sprofondata nel suo libro. Quando alzava di sfuggita lo sguardo e mi salutava con un cenno della testa,le guance arrossate e l'espressione vagamente assorta nei suoi occhi non c'era traccia di sarcasmo. Restavamo così,in perfetta sintonia.

Una volta,prima che riuscissi a distoglierr lo sguardi,mi sorprese a fissarle la bocca,che aveva arricciato mentre rifletteva.

"Che c'é?!" esclamó chiudendi di scatto il libro.

"Nulla!" mi affrettai ad assicurare,spaventato. Alcuni studenti alzarono gli occhi,e la biblioteca ci ammonì mormorando "Shhhh".

Valérie diventó rossa e scribacchió qualcosa su un foglio che mi allugó attraverso il tavolo.
Cos'hai da guardarr,idiota? lessi. Smettila subito!

Avvampai. Come potevo smettere di guardare Valérie Castel? Era più forte di me.
Non stavo guardando te,guardavo il libro,scrissi in risposta. Volevo capire cosa leggi. É interessante?

Lei si appoggiò allo schienale sorridendo e inarcò con aria scettica le belle sopracciglia.
Molto. Andiamo a prendere un caffé,cosí te lo racconto.

Uscimmo in punta di piedi dalla sala e pochi minuti dopo scendevamo di corsa le scale del palazzo d'epoca sovrastato dall'imponente cupola che svettava contro il cielo plumbeo. Un ragazzo compassato,con i ricci scuri e una giacca di velluto marrone scolorita,e una ragazza che rideva di cuore,con un basco sbarazzino sopra una cascata ribelle di capelli dorati. In una foto saremmo sembrati una coppia felice e invidiabile. Ma non c'era nessun fotografo a catturare quell'instante. E l'instante passo...

Ed eccoci qui alla fine del quarto capitolo! Che ve ne pare?
Ci tenevo a dirvi che questa storia non l'ho inventata io,ma é di Nicolas Barreau,scrittore francese.
I suoi mitici libri sono tutti in vendita e io sono qui per farvi conoscere questo ✌
Fatemi sapere cosa ne pensate,buona serata

La ricetta del vero amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora