Granelli di polvere volteggiavano nell'aria, brillando sotto la luce. Un pulviscolo incantato pareva, ma era tanto, forse troppo per lei. Starnutì una, due volte, cercando di trattenersi. I granelli sul tavolino si alzarono, unendosi ai compagni, moltiplicando il loro numero. Ora erano troppi per lei.
Non le piaceva la soffitta, troppa polvere, troppa umidità, troppo vecchiume. Quel sentore agro e bagnato inzuppava le sue pareti, penetrando a fondo nel legno. I vestiti per la fiera, però, erano là e tradizione voleva che si indossassero.
Aveva detto di voler essere grande, ora non lo voleva più. Se essere grande era salire là sopra, tra l'odore di vecchi e i granelli di polvere, non le piaceva più, come aiutare in cucina, aiutare con il bucato, aiutare in ogni faccenda. Nella sua ingenuità infantile aveva capito che, crescere presto, non era poi così bello. Ritirarsi ora, però, non poteva e quei vestiti erano da prendere.
Si avvicinò a un armadio rossiccio, vecchio quanto la soffitta, polveroso come la soffitta, leggermente marcio, come la soffitta. Dei fiori sbiaditi cercavano di sbocciare ancora sul suo legno, ma il tempo era stato crudele e ora erano solo pallidi riflessi della loro bellezza. Un buon artigiano li aveva dipinti, ma questo lei non lo sapeva.
Un suono inaspettato, uno sciabordio ruppe la monotonia. Si voltò, confusa e sorpresa, timorosa quando vide una figura vicino l'oblò. La luce la distrasse ma, abituatasi, riconobbe la sorella, quella strana bambina candida, ma con due enigmatici occhi lillà. Leggeva, era suo solito, non se ne meravigliò. Pareva immobile, avvolta dai granelli luminosi sembrava una statua, antica e pregiata. Infine si mosse e la vide, sussultando, chiudendo il libro.
«Alaya, che ci fai qua?» le chiese, non nascondendo la sorpresa.
«Io... leggo...» le rispose la sorella, nascondendosi dietro al libro.
Era un piccolo tomo di parecchie pagine, le copriva solo il volto, ma lo usò lo stesso come schermaglia. Piccolo, ma sufficiente a celare il suo imbarazzo.
La bambina era strana, lei l'aveva capito. L'imbarazzo, ma non solo, anche la scelta del luogo. Poteva leggere in giardino, alla luce, nel verde, tra gli aromi delle piante, invece era nella soffitta, al buio, tra il legno vecchio e l'umidità permeante. In realtà qualsiasi stanza era meglio, ma lei preferiva il giardino, sempre. Le mura non le piacevano granché, voleva vedere il cielo e sentire l'aria sulla pelle.
Forse la bambina cercava il silenzio, in quello la soffitta primeggiava. Era un regno scuro e ovattato, pochi vi entravano, solo se serviva. Per questo era sorpresa, per questo non la capiva, ma, perlomeno, quell'incontro inaspettato poteva essere fruttuoso: doveva fare la grande, doveva prendere i vestiti, ma per fare la grande poteva farsi aiutare. Gli adulti lo facevano, lo sapeva, non stava barando.
«Non ti ho disturbata?» domandò ad Alaya, piazzando pian piano la sua rete.
«N... no.»
«Allora mi puoi aiutare a portare giù i vestiti?»
Forse una strategia di cattura troppo celere, ma l'impulsività è portata dalla giovane età. Infatti il pesce scivolò via, scappando dalla rete e scuotendo la testa. Il libro la nascose ancor di più, fuggendo il suo sguardo.
«Scusa... io...»
Missione fallita, ma forse aveva capito male. Quel "no" celava altro, magari. Non era brava a capire Alaya, per quello si era messa il cuore in pace. Che ci fosse ancora una possibilità?
«Non dire a nostra madre che sono qua. Se lei mi trova, mi porta alla fiera e io non voglio venire alla fiera.»
Altra sorpresa, a quelle parole. A tutti piaceva la fiera, tutti attendevano la fiera, le sue luci, il suo cibo, la sua musica, i suoi giochi e soprattutto i suoi fuochi. Tutti partecipavano, il loro paese e quelli vicini, assieme a celebrare la serata. Perché lei no? Non poteva essere così diversa.
«Perché? Non ti sei divertita l'anno scorso?» domandò, volendo svelare il mistero.
«I bambini erano simpatici, ma gli adulti... non mi piacevano i loro sguardi, così cattivi...»
Dispiacere, fu la prima sensazione, colpa, la seconda, quella più profonda, tanto da pizzicarle la bocca con il suo gusto amaro. Lei si era divertita, aveva riso e giocato con i suoi amici, abbagliata dalle luci e incantata dalla musica. E non aveva notato Alaya, non aveva notato il suo umore, la sua infelicità, persa nella sua gioia. Aveva sbagliato, perché non aveva prestato attenzione a lei? Avrebbe potuto fare qualcosa, dire qualcosa, sua sorella non doveva perdersi il divertimento, non per degli stupidi adulti.
Aveva promesso di aiutarla e proteggerla, sempre. Non aveva rispettato il patto, per stupidità, non sarebbe successo di nuovo. L'avrebbe portata alla fiera e si sarebbero divertite assieme, come tutti.
Si avvicinò, cauta, attenta a non rompere il fragile equilibrio di Alaya. Si avvicinò, con calma, cercando il suo sguardo. Alaya lo notò, alzò gli occhi incerta, ma poi restarono là, due pozze lillà timide e insicure.
«Possiamo pensare a una soluzione. Forse... forse...»
Esitò, non era molto brava con le soluzioni, soprattutto se immediate. Ragionare velocemente era complesso, per la sua mente infantile. Prese la prima che le suggerì la sua mente, forse un po' sciocca, ma le parve la migliore.
«Ho un'idea. Andiamo alla fiera, assieme, io e te. Ci divertiremo tanto, così tanto che gli adulti saranno come... come...»
Il piano si inceppò, incapace lei di trovare un paragone. Le parole restarono confuse, sulla punta della lingua. Non era brava con i ragionamenti veloci.
Qualcosa si formò ed ebbe l'illuminazione.
«Fantasmi! Sì, loro ci saranno, ma noi non li vedremo!»
«Dici? Funzionerà?» chiese Alaya, abbassando il libro e rivelando il suo volto, timido, come il suo sguardo.
«Certo! Se sarai con me, funzionerà, te lo prometto!»
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Stay with Me - Krys Talk Remix
Science FictionIspirata all'omonima canzone/ Artista Mendum Marija ed Alaya sono sorelle, ma nel carattere sono molto diverse. Una è solare e prende la vita con semplicità, mentre l'altra è più seria e distaccata. Sin da piccole si sono sempre promesse di andare o...