capitolo 2

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Era buio, sentiva attutìti, i rumori fuori dalla finestra; mentre a faccia in giù stringeva il cuscino, il suo telefono trillava, una due dieci volte.
Ma non si mosse
Si sentiva pesante e senza forze, sapeva chi fosse a chiamare; e non voleva rispondere.
Non era chi desiderava, ma pareva che il diavolo non volesse demordere. Insisteva a fare squillare quell' aggeggio infernale, al che con un moto di ira, allungo finalmente la mano e con colpo secco rifiutò la chiamata. Guardò il display con un sospiro rumoroso che spezzò il silenzio, si gratto la nuca sperando di essere riuscito a scacciare e fare desistere quell' importunatore; quando sentì dei passi pesanti nel corridoio e un ombra stagliarsi dall' unico riflesso di luce provenire da sotto la porta della stanza.
Niente si disse, ogni tentativo risultò vano, e giunsero inesorabili i colpi di una bussata energica, seguiti dalla sua voce.
- Sho, aprì...sono io...non dirmi che ti sei addormentato...
Un altro respiro sfuggì alle labbra del rosso, ancora più stanco del primo. Con lentezza estrema si alzò dal letto, raggiunse la porta e per un lungo istante si fermò con la mano a mezz aria, confuso e incerto se aprire all alzatore; il quale con fare insistente e dimentico che fossero le tre passate di notte, con voce alta continuava a chiamarlo
- ohi ci sei? Aprì che ti porto da me...non posso permettere che tu stia qui a rimuginare.
Nell' attesa di veder quella testa arancione spuntare da dietro l uscio, di quella che era una misera stanza di un motel dozzinale, Atsumo Miya, ebbe un piccolo attacco di colpa. Da quando il gamberetto era rientrato in Giappone e aveva preso servizio nelle file della stessa squadra, si era sentito stranamente felice. Eppure non erano amici, e forse manco conoscenti; visto che il loro unico contatto fu quella partita alle superiori. Ma già da lì, lui comprese quanto lo avesse colpito il nanerottolo. La sua fame di vittoria, l agilità e la forza inesauribile lo avevano catturato all istante. Tanto che gli promise un giorno di divenire il suo alzatore; e quando quella profetica minaccia si era avverata; lui se ne sentì rapito. Hinata Shoyo era un portento, non solo a livello agonistico, ma proprio come persona. Iniziò ad adorare il suo carattere sempre gioviale e a sciogliersi ad ogni sorriso che il piccoletto incurante e spensierato gli rivolgesse. Così a poco a poco l ammirazione si era trasformata in qualcosa di più. Anzi, una fiamma ardente di pura passione e sentimento di amore aveva iniziato a consumarlo. Lo portò alla frustrazione più assoluta, perché era conscio che quella molla saltellante non gli sarebbe appartenuta del tutto. Giocavano nella stessa squadra, lui ormai era il suo unico direttore degli schemi di attacco, ma finiva li. Erano divenuti negli ultimi otto mesi amici, ma nulla più, perché Hinata seppur suo rivale da tempo immemorabile, era legato proprio a lui, a colui che sarebbe sempre stato il suo setter;           Kageyama Tobio.
Sapeva che non avrebbe potuto competere con lui per il cuore del più piccolo; quello apparteneva al palleggiatore della addlers; allora si convinse che alla prima occasione, si sarebbe appropriato del suo corpo.
Escogitò di tutto perché potessero rimanere il più possibile soli, in modo da corteggiarlo e indurlo in tentazione; in fin dei conti non si riteneva per niente brutto, anzi era conscio del suo fascino seducente, così tra un provarci velato ed uno spudorato, si occorse di quanto ingenuo e fanciullesco fosse il rosso. Si imbarazzava ad ogni suo attacco, mai che apertamente gli facesse capire di aver compreso il suo atteggiamento. Anzi tutto il contrario, quello non aveva capito un bel niente. Questo lo fece incaponire ancora di più tanto da attirarlo in quel tranello ben architettato. Infatti Hinata non aveva sospettato neanche per un momento delle sue intenzioni, e neanche di cosa avesse sciolto nel suo drink quella sera per poterlo rendere disponibile alle sue brame. Certo Atsumo se ne vergognava perché era riuscito ad ottenere ciò che desiderava, solo con quel basso e squallido espediente? Ma il piccoletto era divenuto un ossessione ai suoi occhi, e se non fosse riuscito a possederlo almeno per una notte, sarebbe uscito matto.
Ecco si autoconsolo, mentre quasi esasperato attendeva che l oggetto del suo desiderio, non ancora sopito ahimè, aprisse quella dannata porta.
- allora chibi Chan, aprì o no? Che c è ti faccio schifo adesso.
Disse sussurrando l ultima parte il biondo, che non aveva del tutto scacciato quel senso di colpa prima, giustificandosi con se stesso per ciò che era intercorso tra i due, per il come ,il perché, e che questo aveva prodotto la rottura della decennale relazione del piccoletto; il quale finalmente aprì la porta.
Shoyo seccato si fece da parte e fece entrare il biondo esclamando con tono piatto:
- perché non ti arrendi mai Tsumo? Hai già ottenuto ciò che volevi, eppure eccoti qui, come un avvoltoio sulla carcassa del suo nemico.
Miya socchiuse gli occhi comprendendo finalmente che quel nanerottolo non era così ingenuo, lo sorprese apprendere che in realtà si fosse accorto di tutto e ancora di più ne fu irritato. Gli apparve vivido, ancora più squallido quel loro unico amplesso, anche se era riuscito a possederlo, non ne usciva vincente ma patetico. E forse lo era anche, ora , nel voler a tutti i costi condurre nella sua dimora il più piccolo; ma non riusciva a farne a meno. Era patetico perché se ne era innamorato e non era riuscito a star alla larga da lui seppur impegnato. Ne era ossessionato e non voleva neanche più nasconderlo; voleva insinuarsi in quello spiraglio fragile.
Patetico, egoista, egocentrico, e folle.
Non si stava soffermando sulle emozioni del suo bene più prezioso. Pensava solo a ciò che volesse lui.
Si, era proprio un mostro, si disse mentalmente, si era scagliato come una fiera sulla preda; stava per spolparlo vivo; ma non riusciva a farne a meno. Che amore malato.
Shoyo si sedette sul letto e continuò
- non voglio venire a casa tua...e non intendo mettermi con te, se è quello a cui aspiri Tsumo.
Sospirò stanco e affranto
- non voglio considerare la mia storia con Tobio conclusa; lo amo, e non intendo arrendermi. Mi sto assumendo le responsabilità dell' accaduto; quindi ti prego di non interferire.
A quel punto gli rivolse uno sguardo ardente e fermo, assunse il suo sguardo da battaglia che usava nella pallavolo. Miya lo riconobbe e comprese la determinazione del piccoletto, lo stava definitivamente rifiutando. Quella loro sessione amorosa oltre che uno sbaglio, e da non ripetersi mai più; non avrebbe fruttato nessun nuovo rapporto. Glielo leggeva in quegli occhi colore ambra accesi e splendenti. Chiari nelle sue intenzioni; e finalmente Atsumo afflosciò la testa sulle spalle e si arrese. Aveva sperato per tutto il tempo di riuscire a farsi spazio tra i due e portar via la trottola al corvino; non si era reso conto che Hinata invece si era sempre comportato con educazione e seppur conscio delle sue mire, non lo aveva ne respinto prima in nome dell' amicizia, ma neanche mai incoraggiato. Aveva rispetto di sé del suo rapporto ma soprattutto rispetto di quell' amico che si era preso una cotta. Un po' fastidiosa, ma gli dispiaceva che Tsum tsum come soleva apostrofarlo nell' ultimo periodo non fosse felice e che il suo invaghimento per lui lo adduceva a questo. Il rosso pensava sinceramente che Miya fosse interessato a lui per ripiego, non avendo una propria storia. Non credeva minimamente che fosse vittima di un ossessione. Non sospettava neanche che il biondo lo avesse drogato per farlo finire nel suo letto, perché a quel punto forse si sarebbe infuriato, lui che di rado si lasciava preda alla rabbia. No, non ci era arrivato, si disse il biondo, e mai sarebbe venuto a galla quel segreto da gesto disperato ed estremo. Miya si ripromise specchiandosi in quell' oro fuso che erano le iridi di Hinata, che quel macigno sarebbe morto con se.
Dal canto suo il rosso aveva solo uno scrupolo. Voleva capire come era potuto accadere.
Non provava attrazione per il palleggiatore, non lo aveva mai visto in quel senso, perché lui era appagato. In dieci anni mai aveva volto lo sguardo verso altro uomo se non durante le partite ma in segno di sfida. Lui era completamente assorbito da Tobio; non sapeva come spiegarlo, ma sentiva che la sua non era stata semplice debolezza; la scivolata di un attimo. No c era dietro qualcosa...non era convinto neanche della scusa di aver bevuto troppo e di non reggere il consumo eccessivo di alcolici di cui, complice un compleanno avevano abusato quella sera. Anzi in verità aveva ricordi frammentati dell' accaduto, come se il tutto fosse accaduto sotto effetto di automatismo. Così rifiutando finalmente l amico, si ripromise di fare luce su quella faccenda; perché riconosceva, che se avesse scoperto la verità ne sarebbe valsa la sua storia d' amore.
Non poteva cedere allo sconforto.
Doveva venirne a capo
Lo doveva a Tobio
Al suo amore.

Angolo autrice
Niente siccome ho aggiornato ancora immagino di non ricevere commenti...cmq posterò spesso perché per me più che una FF questi sono appunti che, come vi dicevo per una dj che realizzerò al termine di quella che ho in corso. Quindi spero che qualche anima pia legga...ma se non succede fa nulla grazie cmq del tempo speso

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