𝟎𝟒

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ADDISON

Le persone vanno, ma il modo in cui vanno resta sempre.

Quella era quella la frase che ero riuscita a leggere prima che Margot richiudesse il suo piccolo libro nero, una frase di Rupi Kaur, che racchiudeva molti più significati di quanto si potesse immaginare.

Alla Orton avevamo un modo tutto nostro per elaborare i traumi, ci allontanavamo dal mondo, niente internet o telefoni, tranne per le emergenze. Ma, ognuno di noi aveva portato con sé qualcosa, e quel libro era decisamente ciò da cui Margot non si separava mai, come io avevo l'iPod di Logan e William la scacchiera appartenuta ai suoi nonni. Oggetti apparentemente comuni, che però portavano in essi ricordi ed emozioni.

Mi chiesi cosa si fosse portato Ares. Data la sua posizione artistica, la testa andò immediatamente al pensiero di lui con uno strumento musicale al seguito. Eppure, in quei giorni nessuna melodia era risuonata tra quelle mura.

A ogni modo, invogliai me stessa a non vagare ancora con la mente su di lui, anche se dentro me albeggiava già la consapevolezza di quanto potesse farmi bene avere una piccola distrazione sulla quale concentrarmi; e Ares, be', di certo era una grand bella distrazione.

Finii ben presto a non prestare più attenzione al libro aperto sulle mie gambe, quest'ultimo si richiuse da solo quando mi portai una mano sulla fronte, sospirando e cominciando a riflettere, invece, sul significato delle parole lette qualche ora prima.

Le persone andavano, era vero: alcune andavano per decisione propria, altre semplicemente ti venivano portate via. C'è chi abbandona, chi si allontana, chi viene costretto ad andare... come me, che ero stata costretta da mio padre a lasciare Los Angeles. E se io avessi dovuto dare una definizione al modo in cui Logan mi aveva lasciata, probabilmente avrei detto destino. Perché lui, quella sera, non era stato costretto a fare dietro front, nonostante io gli stessi praticamente intimando di farlo, io non l'avevo fatto e lui aveva deciso per entrambi.

Quindi sì, destino.

Il destino l'aveva portato via da me e dalle persone a lui care, da amici, familiari, conoscenti. Tutti quella notte avevano perso Logan, allo stesso modo in cui l'avevo perso io, ma con una piccola differenza: a me quell'avvenimento stava recando molto più dolore, perché lui era semplicemente scivolato via dalla vita e l'aveva fatto addormentandosi per sempre tra le mie braccia.

E no, non era smania di protagonismo, non era voler prevalere sui sentimenti altrui, no... faceva semplicemente più male a me, che ad altri. Ma di una cosa ero certa, Logan era andato nel modo peggiore, lasciando lì, dentro la mia testa, l'amaro ricordo di quella tragedia, e io che l'avevo accompagnato verso il suo ultimo respiro, ero morta con lui.

Un improvviso colpo di tosse alle mie spalle, fece sussultare il mio corpo accasciato sopra la poltrona. Il libro mi cadde dalle gambe e provocò un tonfo sordo sopra al pavimento, che si amplificò grazie al silenzio presente dentro la stanza lettura. Due mani si adagiarono allo schienale della poltrona, potei sentire chiaramente la pelle sintetica di quest'ultima venire abbassata sotto quel peso.

«Ehm... Addison?» la voce roca pronunciò il mio nome per la prima volta, quasi con esitazione.

Deglutii e mi abbassai velocemente allungando la mano destra verso il pavimento per raccogliere il libro. Silenziosamente ringraziai Ares, perché se lui non mi avesse chiamata, con ogni probabilità mi sarei ritrovata a vagare nuovamente in ricordi che non ero ancora stata in grado d'elaborare. Così riposi il libro bianco sul tavolino in legno davanti a me, e mi voltai verso di lui, trovandolo lì, esattamente come l'avevo immaginato.

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