Nel buio della sua stanza qualcosa si accese. Carlo imprecò.
La sua sveglia era rotonda, un display monocromatico circondato da pochi centimetri di plastica e metallo attorno, si illuminava continuamente, mostrando una campanella assai familiare. Lui diceva di odiare le sveglie, come qualsiasi tipo di suono che l'accompagnava nel graduale distaccamento da Morfeo; non riusciva a tenerne una per più di due settimane. Il passo più difficile però, dopo aver spento con difficoltà quello schifosissimo arnese che regnava al di sopra del suo comodino, era scostare le coperte da sopra le proprie membra.
In realtà lui non odiava la sveglia come strumento in se per se, anzi riteneva che fosse la cosa più utile del mondo; odiava invece quello che rappresentava: lo svegliarsi sempre alla stessa ora, seguire un percorso ideale di azioni lungo la strada che lo portava alla porta di casa e così via anche per quella che andava in stazione erano cose che lo deprimevano profondamente. La routine era banale.
Quella mattina non era così. Era domenica e si era dimenticato di disattivare la sveglia la sera prima.
Maggio, temperatura accettabile, nessuna nuvola. Un'impercettibile luce che filtrava dalla finestra distolse Carlo dal pensiero di ricominciare a dormire, lasciandolo a riflettere su quello che avrebbe dovuto fare da li in avanti per tutto il giorno. La prospettiva non era per niente allettante. In quel momento, proprio quando volgeva lo sguardo all'ora riportata sul monotono display decise che non sarebbe stato così.
L'ora lo aiutava, si era svegliato molto presto. Per evitare domande fastidiose e magari disappunto fece molta attenzione passando tra le camere, prese il navigatore dalla mensola e uno zaino dall'armadio. Una palla di roba che comprendeva un cambio di vestiti, un sacchetto con panini in carta stagnola e un paio di bottiglie d'acqua venne spinto a forza nell'apertura della lampo. Con il casco, i documenti e il portafoglio prese la macchina fotografica digitale di sua madre e la infilò nella tasca interna del giubbotto.
Non serviva nient'altro. Questo è tutto quello che bastava.
Quando si ritrovò in sella alla moto pensò : 'abbiamo il serbatoio pieno, mezzo pacchetto di sigarette, e tutti e due il cappello.'
'Vai !'
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Due ruote ed un ragazzo
AdventureDue ruote accarezzavano l'asfalto. Un fedele cuore meccanico batteva più di 7000 volte al minuto. Poche decine di km con lei ma già l'amava. Un viaggio in moto descritto da piccolo sognatore appassionato.