Paulo.

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Madrid, Marzo 2021.

"Papà!"
La voce di Abel mi fa esplodere il cuore di gioia, mi giro, mi accovaccio e aspetto che mi travolga con tutto il suo entusiasmo. 

Quasi due anni e un uragano di amore puro e gioia di vivere. Il mio piccolo grande ometto. 

E' stata una notte di Champions League, una di quelle notti che porto nel cuore, che rimarranno per sempre impresse nella mia storia e nella mia carriera. Ho fatto poker al Santiago Bernabeu, una cosa che nemmeno credevo possibile in realtà e, invece, è successo.

Abel mi sbilancia indietro e io mi lascio andare sul prato tenendolo stretto a me, lo lancio leggermente in aria, ride, rido anche io. 

"Gol gol!"
Dice felice e mi fa ridere.

"Si amore, papà ha fatto gol."
Rispondo lasciandogli un bacio sul naso.

"Ehi Joya."
Esclama Sergio richiamando la mia attenzione.
"Questa è tua."
Aggiunge quando mi giro verso di lui, mi lancia la palla.

"Grazie capi."
Rispondo, mi dice qualcosa che in realtà non comprendo molto, ma non importa.

Mi matto seduto con sempre Abel in braccio che ha preso possesso del mio pallone.

"Mami palla."
Dice poi guardando Oriana e solo ora mi rendo conto sia a pochi passi da noi, le sorrido, grato che sia qui e che abbia portato Abel. Oriana si avvicina a noi e si accovaccia.

"Complimenti amore."
Mi dice lasciandomi un bacio a stampo.

"Grazie amore."
Rispondo quasi automaticamente. 
So che stiamo insieme principalmente per Abel e che se non fosse per lui non ci sarebbe stato nulla oltre a quella notte ma con il tempo che passa mi sono ormai affezionato davvero, tengo a lei, a modo mio credo di amarla. Anche se forse amare è una parola grossa perché io il vero amore l'ho provato una sola volta. E da quando l'ho perso non so nemmeno più se sarò in grado di amare qualcuno oltre a lei. Non so se sarò mai più di amare.

L'unica cosa certa in tutto questo è che non smetterò mai di amare Rachele.

Sorrido malinconico, ripensando ai miei ricordi su un campo di calcio insieme a lei. Di quante volte ha esultato insieme a me, delle volte in cui ha asciugato le mie lacrime per qualche giornata no. O di come al Mondiale sia stata la mia forza nonostante fosse completamente distrutta. Pensare a Rachele è sempre doloroso, fa sempre male ma, ultimamente, sto cominciando a pensare a lei senza scoppiare a piangere come un bambino. Il cuore mi fa sempre male ma riesco anche a trovare il lato bello di tutto questo, voglio concentrarmi sulla felicità che provato quand'era con me. Non alla sofferenza che ho provato e che ancora provo da quando l'ho persa.

"Mami, papà vinto."
Esclama Abel ridestandomi dai miei pensieri che si stavano facendo un po' troppi seri, è così fiero di me e credo che sia una delle sensazioni più belle della mia vita.

"Si amore, papà ha vinto, è stato bravissimo."
Dice Oriana, mi fa sorridere anche lei.

"Allora campione che dici, andiamo a fare un paio di tiri con il pallone che ha vinto papà?"
Abel mostra subito tutta la sua euforia, si alza in piedi, prende subito il pallone e corre verso la porta, io mi metto a inseguirlo, lo sento ridere felice e questo suono mi riempie il cuore di gioia.

"Gol gol gol!"
Esclama quando butta il mio pallone in rete, qualche tifoso rimasto sugli spalti lo elogia ed egocentrico come è ride felice, questa cosa l'ha sicuramente presa da me.

Fa la Dybalamask e io potrei esplodere d'amore da un momento all'altro.

"Bravo amore mio!"
Lo prendo in braccio, lo faccio volare in aria, ride.

E a volte invidio così tanto Abel, invidio così tanto mio figlio.
Invidio la sua spensieratezza, la felicità che trova in minuscole cose, una gioia per questa vita che ancora non può comprendere quanto potrà essere stronza, anche se io farò in modo che mio figlio non soffra tanto quanto ho sofferto io.

Abel mi butta le braccia al collo.
Lo stringo forte.

"Ti amo tanto amore mio."
Gli sussurro.

"Amo tanto papà."
Ripete.

E a me, ora, basta solo questo.

-

"Non giocare con il latte, bevilo Abel."
Esclamo autoritario mentre facciamo colazione.

Oriana è uscita prestissimo per lavoro, doveva arrivare in centro Madrid e voleva andare via prima di beccare tutto il traffico che si forma al mattino. Anche io devo andarmi ad allenare questa mattina ma non prima delle dieci, così posso portare Abel all'asilo.

"Dumbo?"
Mi chiede mio figlio guardandomi con quegli occhioni così simili ai miei e a cui, ammetto, è difficile dire di no.

"Non abbiamo tempo adesso amore, bevi il latte, da bravo."
Ripeto di nuovo prendendo il biberon che aveva fatto cadere sul seggiolone.
Lui in segno di protesta beve un sorso e lo fa cadere di nuovo.

Sospiro.

"Ascolta ometto, se tu bevi bene il latte, oggi ti vengo a prendere all'asilo e poi guardiamo Dumbo, promesso."
Abel sorride.
"Va bene?"

"Va bene papà."
Risponde furbo, scuoto il capo alzandomi per portar via la mia tazza, gli scompiglio i capelli.

Metto le cose in lavastoviglie e poi, quando il mio piccolo ha finito, lo prendo in braccio per cambiarlo e portarlo al nido.

Gli sistemo meglio il cappottino quando usciamo, nonostante si stia avvicinando la primavera fa ancora freschino, lo sistemo nel suo seggiolino, metto il mio borsone nel baule e poi vado al posto dell'autista. 

Metto un po' di musica, musica che piace anche al mio piccolo tesoro che ride felice.

Arrivo al nido, parcheggio, vado a prenderlo, lo metto a terra perché vuole camminare, stringe la sua piccola manina nella mia e camminiamo piano verso l'ingresso. La sua maestra lo sta già aspettando, mi accovaccio per salutarlo e promettergli che tornerò a prenderlo. 

Mi rimetto in macchina e mi immetto di nuovo nel traffico madrileno, unica cosa a cui non mi sono abituato di Madrid. Torino da questo lato era molto meno caotica. 

Sorrido immaginandomi Rachele qua, non avrebbe resistito un attimo dato la sua inesistente tolleranza nei confronti del traffico. Sento quel familiare dolore in mezzo al petto, ultimamente penso tanto a Rachele. Troppo.

Ci penso perché so che fra poco  diventarà mamma, me l'ha detto Alina e me l'ha detto anche mia madre che non ha mai smesso di sentirla. 

Aspetta un'altra bambina. 

So che sarà una madre fantastica e sono felice che sia andato tutto bene, tutto nel migliore dei modi e che, fra pochi giorni, potrà vivere quella gioia che non le è stata concessa anni fa. 

Che non ci è stata concessa anni fa.

Egoisticamente, il pensiero di lei di nuovo madre è  qualcosa che mi fa male e che cerco di allontanare il più possibile perché, nonostante tutto questo tempo, non riesco a pensare che questa gioia non la condividerà con me, non riesco a rendermi conto che avrà un figlio da qualcuno che non sono io.

Perché io sono andato avanti, a pezzi e senza sapere bene come.

Ma il mio cuore è fermo ad anni fa e non so nemmeno se sarà mai più in grado di andare avanti.

Fix You Inediti.-Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora