Capitolo XV

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Ci stiamo bene su quel letto. Ogni tanto il mio corpo scivola verso il bordo e la mia gamba destra finisce per penzolare, ma ci stiamo bene. Fisicamente, emotivamente.

Il primo bacio non è l'ultimo della sera; siamo vittime di una routine dal momento in cui pochi minuti fa per la prima volta le nostre labbra si sono incontrate. Un bacio bello da togliere il fiato seguito da degli istanti di silenzio che eventualmente vengono riempiti da sguardi teneri, da semplici parole, rassicurazioni, battute innocenti, abbracci solo accennati per colpa della nostra posizione, ma ricchi di tutto l'affetto che l'imbarazzo provato da due persone come noi può lasciar trasparire.

Non appena la mia figura inizia ad allontanarsi, come tirata giù da una forza di gravità che ci è nemica, Aurora torna a stringermi più forte.

"Stai scivolando giù di nuovo" mi sussurra.

Torno a sistemarmi accanto a lei che mi accoglie nuovamente con un breve bacio, una pausa, uno sguardo...

"Non ricordavo un altro paziente in questa stanza!"

Sussulto, ma non sono l'unica a farlo.

"Qualcuno ha voluto fare un pigiama party qui?"

Guardo l'orologio sulla parete di fronte a noi, l'orario aperto alle visite è terminato da mezz'ora ormai.

"Scusaci, l'ho trattenuta io e ci siamo addormentate" Aurora gracchia rivolgendosi all'infermiere con la bocca impastata di sonno.

Mi alzo di scatto scusandomi a mia volta, ma non considero la gamba che, a differenza mia, non si è ancora svegliata. Mi appoggio di nuovo al letto, questa volta seduta, dando le spalle alla ragazza ricoverata.

"Io sono qui per altri dieci minuti, entro il mio turno dovete salutarvi perché se vi becca la mia collega so' cazzi eh."

"Me ne vado subito, mi scusi davvero."

"Pff, è Natale, consideratelo il mio regalo."

Ci lascia da sole dopo avermi ripetuto di avere ora solo nove minuti a disposizione.

Imbarazzata, infilo le scarpe rimaste a terra e scuoto la gamba per riattivare la circolazione.

"Mhh, non puoi rimanere qui?" mi chiede Aurora assonnata.

"L'hai sentito... credo sia un no forte e chiaro."

"Ma io mi sento sola" mi dice con tono cantilenante.

"Quando dovrebbero dimetterti?" chiedo mentre raggiungo il tavolo per indossare il mio cappotto, rimasto sul pavimento per circa due ore, e la mia borsa.

"Senti qui che fortuna: questo intervento prevede un giorno di osservazione in ospedale, ma siccome domani è festa non possono dimettermi e devo restare fino al 27."

"Hai avuto un pessimo tempismo per sentirti male, sai?"

"Non infierire."

"Non potrei mai, ma posso venire a farti compagnia domani."

Mi guarda con la testa inclinata di lato, come un cane che cerca di intenerirti per ricevere una carezza o un biscotto.

"Lo faresti davvero?"

"Solo se ti fa piacere."

"Mi farebbe molto, molto felice."

"Dovresti considerare dirlo alle tue amiche però, il tuo telefono continua a vibrare dall'armadio e penso che qualcuno sia preoccupato per te."

"Dovrei, sì... me lo passeresti? E' nella tasca della giacca."

Apro l'anta del piccolo guardaroba e afferro il telefono che è per metà fuori dalla tasca.

Cold December NightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora