Una cosa di cui ad Aurora piace parlare molto è il calcio.
Non lo noto solo dai lunghi momenti spesi a spiegarmi il funzionamento dei campionati, delle competizioni internazionali europee e mondiali e nemmeno dall'impegno usato nell'insegnarmi la regola del fuorigioco usando le bottiglie davanti a noi e brandelli di tovagliette di carta come pallone; in realtà, quello che mi convince del fatto che lei viva di questo sport è il modo in cui parla delle sue compagne di squadra.
Mi parla di alcune di loro come se fossero le sue sorelle, più che delle grandi amiche.
"E quando qualcuno cambia squadra?" le chiedo ingenuamente.
"Quello succede spesso, è un lavoro imprevedibile perché non dipende solo dalla nostra volontà, quindi siamo abituate ad allontanarci e purtroppo alcune amicizie diventano più deboli, ma altre si rafforzano, ti fanno capire quanto i legami che creiamo possono essere stabili e duraturi."
"Ti sei dovuta separare molte volte da persone a cui tenevi molto?"
"Sì, considera che ho lasciato casa da adolescente, quindi ho iniziato lasciando la mia famiglia, le amicizie di scuola, dell'oratorio, i primi compagni di squadra. Poi ovviamente avendo giocato in diverse squadre in zone d'Italia abbastanza lontane tra loro alcuni rapporti sono diventati difficili da mantenere, ma non tutti."
"Sei diventata indipendente molto presto allora, ma immagino che i tuoi genitori ti abbiano dato tantissimo supporto."
"Beh, calcisticamente parlando sì, sono stati i miei primi tifosi, mi hanno spinta a vivere della mia passione anche quando ancora non sembrava una possibilità."
Dovranno essere molto fieri di lei, penso in silenzio.
"Devono essere degli ottimi genitori" le dico.
Abbassa lo sguardo verso le sue mani impegnate a giocare con un tovagliolo usato. Non risponde, sceglie di schiarirsi la gola.
"Che ne dici di andare?" mi chiede all'improvviso.
"Sì, certo, come preferisci."
Ho paura di aver detto qualcosa di sbagliato, di aver toccato un argomento doloroso, ma non trovo il modo o il momento giusto per chiederle se va tutto bene, quindi mi limito a gettare i rifiuti prima di afferrare la mia borsa ed aspettare che lei faccia lo stesso.
Salutiamo la donna sul camioncino e ci dirigiamo alla macchina, in silenzio. Saliamo e penso a cosa poter dire per riempire quel lasso di tempo privo di parole, ma sospiro quando risolve lei il mio problema.
"Senti... so che domani devi alzarti presto per andare a lavorare, ma ti andrebbe di andare da qualche parte? Non so, a bere qualcosa o qualsiasi altra cosa ti venga in mente?"
Non mi dà il tempo di rispondere.
"No, però non devi sentirti obbligata, cioè capirei se volessi andare a casa a riposare, davvero."
"Che avevi in mente?" le chiedo.
"Non saprei, preferisci sederti da qualche parte o passeggiare?"
Valuto le due proposte molto velocemente e, pensando a come poter affrontare la prossima ora con meno imbarazzo possibile, scelgo la seconda.
"Una passeggiata mi farebbe molto piacere" le confermo.
Aurora guida, io guardo fuori dal finestrino, guardo la strada davanti a me, gioco con la cerniera della borsa, mi concentro sulle canzoni alla radio. Faccio di tutto per non girarmi e guardarla mentre è lì, attenta, con lo sguardo fisso sulle vie da percorrere per raggiungere qualsiasi sia il posto in cui mi vuole portare. Non sono così forte però, dal momento che ogni tanto i miei occhi la sfiorano e la studiano.
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Cold December Night
FanficLa cameriera e aspirante pasticcera Viv ha perso l'amore per quello che un tempo era il periodo dell'anno che preferiva. Il freddo di dicembre, dell'abbandono, della solitudine e di una città che non è la sua le impediscono di essere la sognatrice d...