Federal Bureau of Investigation - 9:00.
Era passata un'ora dall'inizio dell'interrogatorio e Steven Cooper non aveva nemmeno fiatato.
L'agente Truman sospirò guardando l'uomo dinnanzi a sé a braccia conserte, aveva provato in tutti i modi di fargli dire almeno un'informazione.
«Perché non vuoi parlare?» disse appoggiandosi al tavolo, ma Steven rimaneva zitto.
Intanto, nella stanza adiacente alla sala interrogatori Brooklyn e Seth assistevano annoiati, domandandosi perché la cosa stesse andando per le lunghe.
«È fatto così, deve farsi dire almeno qualcosa» borbottò Seth alla detective, la quale si passò una mano tra i capelli tirandoli indietro e sbuffando.
Con le mani sui fianchi decise di intervenire stanca di aspettare.
Entrò di tutta furia richiamando l'attenzione dei due e prese posto sulla sedia accanto ad Allen.
«Detective Brooklyn Ellis, molto piacere. Non mi piacciono i giri di parole, quindi ti dico subito che non è il caso che tu faccia scena muta, sappiamo bene che hai avuto a che fare con Handyman e che quindi puoi darci anche l'informazione meno importante» si presentò in modo secco e diretto, prendendo alla sprovvista Allen che aveva cercato di bloccarla all'inizio.
«Dimmi, ti ha ricattato?» domandò, guadagnandosi un segno da Steven che alzò gli occhi al soffitto e lo guardò per un attimo.
«Ha minacciato di uccidere qualcuno a cui tieni?» domandò ancora, fissandolo negli occhi.
L'uomo scoppiò a piangere tutto d'un tratto, passandosi le mani sulla faccia asciugando le lacrime di fretta e furia mentre tirava su col naso singhiozzando.
La detective non seppe che pensare, non si era proprio aspettata un pianto.
Perché?«I-io... non so niente di lui. Questo che vedete in questa foto - indicò quella che ritraeva la caviglia tatuata - non è Handyman però, è uno dei suoi, quelli con cui è in contatto diretto» borbottò una volta calmatosi.
«Ho una figlia di quattro anni, l'ho vista solo una volta per non far capire a Handyman che ho dei legami ma non ce la faccio più a nasconderlo... ho bisogno di vederla quindi vi prego di aiutarmi» disse, la testa bassa e il tono di voce disperato.
La detective scambiò un'occhiata con Allen, poteva essere une menzogna dato che non erano in possesso di così tante informazioni su di lui, ma tanto valeva fargli credere che avevano creduto alle sue parole.
«Possiamo proteggerti se ci riveli quello che sai, non ti accadrà niente finché sarai dalla nostra parte. Non posso prometterti che scamperai la galera perché di crimini ne hai fatti, ma ripeto: l'F.B.I. collaborerà con te se tu collaborerai con l'F.B.I.» aggiunse Allen appoggiandosi al tavolo e fissandolo negli occhi.Dopo un po' di silenzio, dovuto forse a dubbi e insicurezze, Steven tirò fuori quel che sapeva.
«Las Vegas. Tra un mesetto Handyman terrà un incontro al casinò Bellagio per organizzarsi con la droga, in quella città si usano solo sostanze comprate da lui e se interferisci col suo giro vieni ucciso. Ci saranno un sacco di uomini a controllare che vengano seguite le regole tra gli spacciatori e altri che controlleranno la situazione in generale, tipo polizia o concorrenza» Brooklyn e Allen si scambiarono un'occhiata, avevano ascoltato attentamente le informazioni nuove appena apprese e già l'agente biondo si era messo a pensare a qualcosa da fare.«Ci sarà la possibilità di vederlo in faccia?» chiese, anche se sapeva già la risposta.
«No. Tenere nascosta la sua identità è importante per lui, ma c'è un cinquanta per cento che il suo braccio destro si possa far sentire» rispose, e questo fece scattare un'idea ad Allen.
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Ikigai
ActionIkigai (生き甲斐) è un termine giapponese che, tradotto in italiano, significa "qualcosa per cui vivere" o "una ragione per esistere". Un ikigai è essenzialmente un motivo per alzarsi la mattina. Da quando si è trasferita a San Diego nove anni fa, Brook...