1. ARRIVEDERCI

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Il volo era prenotato per il 9 giugno e due giorni prima della partenza mi ritrovai sveglia all’alba con ancora le valigie da terminare. Mia madre era abbastanza preoccupata per il mio volo solitario, ma per mia fortuna c'era mio padre che cercava di rassicurarla. Nonostante anche lui fosse tutt’altro che tranquillo non lo dava a vedere. Era il mio primo viaggio da sola così lungo, tutto quello che voleva era non mettermi ancora più ansia di quanta già ne avessi. Passai tutta la giornata cercando di capire come incastrare al meglio tutte le mie cose in quel rettangolo di spazio.
Ero già in ritardo ma convinsi me stessa che la cosa migliore da fare era andare a dormire presto così da avere tutta la giornata successiva per preparare le valigie e finire di comprare tutto l'occorrente che mi sarebbe servito.
Mi svegliai la mattina seguente con solo una cosa in mente, la colazione. Da sempre il mio momento preferito, ma avevo delle regole che tutta la mia famiglia conosceva. Nessuno doveva alzare le tapparelle della cucina prima che io avessi finito di mangiare e la più importante, il silenzio. Nemmeno una persona doveva provare a rivolgermi qualche parola durante il mio rituale di risveglio.
Mentre tornavo al piano superiore per prepararmi trovai mia madre già pronta seduta sul divano ad aspettarmi, le avevo promesso di portarla con me, me ne ero dimenticata.
Già conoscevo il mio destino ma quello non mi aiutò a sopportare la sua lunga lista che si era preparata la sera prima e che mi elencò per tutto il tragitto fino al centro commerciale. Prima di scendere dall’auto chiusi le portiere.
«Non ti faccio scendere se prima non mi prometti di non riempirmi di nuove cose. Se mi servirà qualcosa di nuovo lo comprerò una volta arrivata là, ti prego non farmi portare una valigia da trenta chili.» La supplicai.
Il mio discorso sembrava aver avuto il suo effetto, ma non so come tornammo a casa con sei buste piene di vestiti, creme varie per viso e corpo, assorbenti e spazzolini nuovi. Tutte quelle cose mi sarebbero bastate per un anno, non tre mesi.
Presa dalla disperazione svuotai per terra tutto quello che avevo già messo dentro e ricominciai da capo, cercando di incastrare tutto nelle valigie, dovevo riuscire a riempire ogni piccolissimo buco ma sembrava impossibile.
«Vuoi una mano?» 
«Sì, ti prego!» Le invocai il mio aiuto.
Fuori si era fatto buio e Sara, la mia migliore amica era arrivata in mio soccorso. Avevamo progettato quella serata nei minimi dettagli, dato che sarebbe stata l’ultima per un po’ di tempo. 
«Ho portato tutto l’occorrente.» Rovesciò sul letto già pieno snack di ogni genere, scorte di maschere viso e un grazioso libricino guida sulla California, quest’ultimo mi fece tornare il sorriso dopo ore di disperazione.
La abbracciai nonostante sapessi cosa avrebbe provocato. Ci conoscevamo dalle scuole elementari, quindi avevo già messo in conto la sua reazione. 
«Sono contenta per te, sul serio, so che può non sembrare.» Non riuscivo a capire se stesse ridendo o singhiozzando fino a quando scesero le lacrime. 
«Ma non ti azzardare a cercarti un’altra migliore amica.» Nonostante le risate sapevo benissimo quanto fosse seria e lei conosceva altrettanto bene il posto che aveva nel mio cuore. Sara era l'unica persona oltre alla mia famiglia ad esserci sempre stata. 
«Non posso trovarmi un’altra sorella.» Le confidai, stringendo le sue mani.
«E poi non avrai nemmeno il tempo di preoccuparti per me, sarai troppo impegnata a passare tutte le sue giornate con Mark.» Continuai.
Scoppiò finalmente a ridere, la reazione che volevo. Lei e il suo ragazzo erano quello che si definisce la coppia perfetta, due pezzi di un puzzle che si incastrano perfettamente l'uno con l'altro.
«Ho la sensazione che in California troverai qualcuno giusto per te, qualcuno che ti farà capire cosa ti meriti. Sai quanti ragazzi sbaveranno la nuova arrivata in città!» Esclamò carica come una molla, nella sua mente aveva già costruito uno dei suoi film pieni di incredibili colpi di scena, ma dovevo calmare le sue aspettative.
«Spero davvero di avere anch'io una relazione come la vostra, ma in un giorno lontano, molto lontano da oggi. Per ora non è il momento. L’obiettivo di questo viaggio sarà solo libertà e divertimento.» Sussurrai l’ultima frase, i miei genitori avrebbero potuto sentirmi. «In fondo si è diciottenni solo una volta nella vita.» 
La serata proseguì cercando di riuscire a chiudere le mie due valigie accompagnate in sottofondo da alcuni video di YouTube su cosa vedere e fare in California, precisamente a Los Angeles, dove abitavano i miei zii. Non vedevo i miei cugini, Brendon e Susy, da quasi due anni quando sono venuti a trovarci per le vacanze di natale. Chiedevo ai miei genitori se potessimo andare noi da loro da una vita, ma mia madre aveva il terrore dell’aereo quindi non c’erano possibilità fino a quando non fossi diventata maggiorenne. Il più bel regalo che mi potessero fare. 
Riuscite nel nostro intento, ci sdraiammo finalmente a letto. Sotto il sottile lenzuolo continuammo a fantasticare sulla nuova vita che mi avrebbe regalato quel viaggio e sulle porte che mi avrebbe aperto, finendo per addormentarci troppo tardi.

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