07 - Punto di non ritorno

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Quella notte Jungkook la passò a rigirarsi fra le lenzuola, come se quel movimento potesse aiutarlo a scrollarsi di dosso gli avvenimenti della mattina precedente. La sua mente sembrò essere scissa in due parti e i pensieri rimbalzavano come palline di un flipper da una parte all'altra, martellando le tempie ininterrottamente e facendo sperare al povero ragazzo di scorgere le luci dell'alba il più presto possibile.

Da un lato c'era Sunhi, la sua nuova compagna di banco, con la quale percepiva questa connessione anomala che per quanto potesse ignorare, continuava a riportarlo verso di lei. Jungkook non sapeva ancora quanto a fondo Sunhi conoscesse Taehyung e soprattutto non voleva assolutamente che scoprisse come avesse fatto ad allontanarlo da lei quella mattina. Dall'altro lato si trovava l'identità sconosciuta di quel ragazzo perché, nonostante Jungkook avesse riconosciuto il tatuaggio, non sapeva ancora chi fosse precisamente.

Sunhi, Taehyung. Taehyung, Sunhi.

La ragazza apparentemente innocente e il bullo della scuola.

Così un susseguirsi di ragionamenti senza capo né coda continuavano ad affollare la sua mente finché le luci dell'alba non gli diedero finalmente un pretesto valido per alzarsi dal letto. Scostò le lenzuola e con loro qualsiasi preoccupazione futile, raccolse i guantoni gettati in un angolo della stanza e come di consueto cominciò a colpire il sacco da boxe, raccogliendo quelle poche energie rimaste nel suo corpo.

Quella notte fu irrequieta anche per Sunhi.

I sentimenti di preoccupazione per ciò che le era successo, i dubbi riguardo Jungkook che non smettevano di tormentarle la testa e la paura che in fondo provava per Taehyung. Tutto ciò, con il passare della notte, si trasformò in rabbia.

Un sentimento di vendetta cominciò a formarsi dentro di sé e cadde anche lei vittima di quel ragionamento malsano secondo il quale la violenza vada combattuta con altra violenza.

Ma Sunhi era stanca di assistere a soprusi ingiusti che non sarebbero stati giustamente condannati. Era stanca di aver paura di uomini all'apparenza forti ma che in realtà mascheravano tutta la loro insicurezza dietro la prepotenza nei confronti dei più vulnerabili.

Questo le ricordò immediatamente suo padre.

Eun Geunwon aveva sempre avuto una passione per l'arte, cosa che tramandò del tutto a sua figlia Sunhi. Egli, nonostante i genitori cercassero sempre di dissuaderlo, non abbandonò mai il suo sogno più grande: quello di diventare direttore di un museo tutto suo. Geunwon voleva essere circondato da opere d'arte tutto il giorno, voleva interagire con gli artisti e capire cosa li spingeva a creare determinati lavori e perché no, magari anche esporre le proprie opere, dal momento che amava tantissimo dipingere.

E così riuscì con i suoi sforzi ad ottenere una certa influenza ed esperienza in quel campo, al contrario di quello che avrebbero voluto i genitori.

Geunwon era diventato direttore di un museo molto conosciuto nel centro città che ospitava spesso mostre di artisti provenienti da tutte le parti del mondo e ogni artista ambiva a tenere una propria mostra lì almeno una volta nella propria vita.

Attraverso la sua esperienza riuscì anche ad espandere il suo dominio acquistando musei più piccoli e diventandone quindi il proprietario. Era probabilmente consapevole della grande influenza che aveva come persona, ma la paura di perdere tutto era sempre dietro di lui, pronta a seguirlo come un'ombra; perciò la sua personalità cambiò repentinamente, fomentato dal successo che stava ottenendo e che non voleva mollare a nessun costo, rendendolo disposto ad accrescere il suo prestigio anche con mezzi poco leciti.

Ogni progresso che otteneva nel suo lavoro andava ad alimentare come benzina sul fuoco quella fama di potere e di controllo, trasformando quello che era un sogno in qualcosa di decisamente più marcio, il cui fine ultimo era tutt'altro che genuino.

Finì quindi per farsi assorbire completamente dal suo lavoro, dipendendo da esso come un bene prezioso che in realtà di prezioso non aveva più nulla.

Incapace di scindere la vita privata dal lavoro, cominciò ad assumere un atteggiamento sgarbato anche nei confronti della sua famiglia, con la quale inizialmente aveva un bellissimo rapporto, rovinato però da quelle manie di potere che lo resero pian piano un mostro.

Non era raro che si manifestassero episodi di violenza in casa, cui Sunhi assistette più e più volte fino a desensibilizzarsi completamente a riguardo poiché divenne la normalità.

«Voglio divorziare da tuo padre» questo era ciò che le ripeteva sempre sua madre Gia ma alla fine, ogni volta che quella volontà sembrava sempre più realizzabile, si ritrovava di nuovo intrappolata assieme a sua figlia in quella morsa soffocante, perché consapevole di come lei da sola con il suo umile lavoro in un piccolo market della città non avrebbe potuto sostenere al meglio Sunhi.

«Mamma ne abbiamo già parlato, sappiamo entrambe che cambierai idea» le rispondeva sempre Sunhi, ormai rassegnata all'evidenza dei fatti.

Con gli anni però la situazione divenne insostenibile e cominciava ad aleggiare nell'aria un sentore di cambiamento; era chiaro ormai che forzare le cose a funzionare non fosse la strategia corretta ed anche per quello Sunhi in quei giorni si sentiva particolarmente inquieta, presagendo un futuro ancora più complicato.

Alla vista delle luci dell'alba decise anche lei di scansare quei pensieri assieme alle lenzuola del letto e sospirando cominciò a prepararsi per l'ennesima giornata di scuola.

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