PLOT

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Saranno già le 4:00 ormai. Ho passato un’ora intera sul letto a vagare per mille idee e a scartando altre mille nel frattempo. So che, quando il fatidico momento arriverà non potrò più tornare indietro, perciò penso alle peggiori cose che mi passano per la testa, per prepararmi mentalmente a quello che dovrò affrontare. Risposte positive o negative, belle o terribili, insomma di tutto. Ma se rimanessi così per un’altra ora sarà tutto inutile. Con la poca voglia e la pochissima eleganza che ho (stile elefante), mi alzo dal letto e mi dirigo verso il miscuglio indefinito di vestiti, che io stessa ho creato. Apro l’armadio e per poco non mi casca una giacca addosso. Dopo aver capito che la mia vita è appena stata attentata, decido di metterlo da parte e trovare qualcosa di decente per oggi. Il mio sguardo passa per i tanti vestiti, ma nessuno mi convince. In nessuno di quei pezzi di stoffa ritrovo qualcosa che possa attirare la sua attenzione. Ad un certo punto, sento qualcosa chiamarmi, qualcosa tipo lo spirito del mio armadio. Tiro un lembo di un vestito e dopo averne buttati cinque, lo prendo in mano. Bianco, semplice, lungo fino alle ginocchia, maniche lunghe e schiena scoperta. Perfetto.

“Può essere che tu, l’uomo più puntuale della terra, venga in ritardo l’unico giorno in cui metto la mia vita a rischio? Questa è una questione di vita o morte!” esclamò quasi urlando al ragazzo per cui solitamente darei la mia vita, ma oggi ucciderei con le mie stesse mani.
“Esagerata” mi risponde Jess, guardandomi dal finestrino della sua macchina.
Io e il ragazzo che ho qui davanti ci conosciamo dal primo anno di liceo. Ammetto che all’inizio non mi stava tanto simpatico, ma stare a mensa tutti i giorni da soli fa strano. Mi salutò un giovedì e da allora i giovedì sono i nostri giorni. Col tempo ho imparato a capirlo e ormai so che ci sarà sempre per me e mi appoggerà in tutto… è il mio miglior amico infondo. 
“Ok la smetto, ma muoviamoci” mi arrendo entrando in macchina.
Mi sento osservata e quando mi giro lo vedo fissarmi. “Dobbiamo muoverci, sono già le 6:30! La festa doveva cominciare mezz’ora fa idiota.” Cerco di spiegargli facendo gesti strani con le mani e cercando di portare il suo sguardo prima sullo schermo del mio telefono mostrandogli l’ora e poi sulla strada. Ammetto che in questo momento dovrei veramente sembrare strana, ma poco conta. “Calma, non ti preoccupare, quelli lì arrivano sempre tardi” risponde invece lui con una calma non è sua. “Hai ragione” taglio corto io osservandolo. È assolutamente strano oggi.
“Allora, glielo dirai...” sospira, guardandomi per una frazione di secondo, Jess. “Si, me la sento. Oggi o mai più.” Gli dico con sicurezza.

Jess frena davanti alla casa di qualcuno e mi rendo conto che siamo arrivati. La casa è strapiena.
Se all’esterno è così, non immagino quanto possa essere piena dentro. Potrebbe benissimo esserci tutta la scuola.
L’adrenalina che avevo dentro fino a poco fa sembra cominciare a sparire, per far spazio a un vuoto di paura. E se andasse male? Se ne esco con una figuraccia? Cerco di far sparire le mie incertezze ed esco dalla macchina. Non mi ero accorta di essermi immersa nei miei pensieri e che Jess nel frattempo aveva già parcheggiato.
Ci facciamo spazio fra la marea di persone.
La casa sembra gigante, appena entro vedo dei divani neri sparsi per la sala. Gente che ride, beve e socializza. Una grande pista di ballo si fa spazio nel salotto, decorata da tantissime luci colorate che accendono la stanza, per non parlare della musica a palla. Gente che balla, si abbraccia, canta. Un bar un po’ troppo rifornito per dei minorenni, con dei barman che servono una cinquantina di persone, è situato in un angolo della grande casa. Cerco con lo sguardo lui. Non trovandolo da nessuna parte qui dentro, continuo a farmi spazio fra altre cento persone. Dovevano proprio esserci così tane persone?
Raggiungo così il retro della casa e per poco non muoio di infarto. Se pensavo che dentro fosse pieno mi sbagliavo in assoluto. Fuori fra alcuni alberi si fa spazio una piscina. Vedo gente saltare dal soffitto della casa e buttarsi in piscina, incitati da centinaia di persone a bordo. E il secondo infarto della serata arriva quando lo vedo. Lì, fra i suoi amici, vestito elegante, ride con loro e beve qualcosa. Persino il papa sverrebbe solo a vederlo. Attrae così tante persone intorno a lui (c’è da preoccuparsi, se ogni istante della sua vita non è circondato da persone). Non faccio altro che pensare a quanto sia tremendamente bello. Sento Jess toccarmi una spalla, il che mi risveglia dai miei pensieri. “Come glielo vuoi dire?” mi chiede lui. E fu in quell’istante che la verità mi schiaffeggiò. NON HO UN PIANO! Ho passato tutto sto pomeriggio a pensare cosa dirgli, ma non a come dirglielo. “Oddio non lo so” dico quasi stupita di me stessa. Sapevo che il mio quoziente intellettuale non fosse molto alto, ma non pensavo di essere così idiota. “Proverò a chiedergli di parlare in disparte per qualche minuto” dico dando voce ai miei pensieri, mentre dopo aver guardato in giro riporto il mio sguardo su Jess. “Tu cosa ne pensi?” chiedo a lui, sperando che abbia un’idea migliore della mia. “Fai come ti pare, io sono qui” risponde il ragazzo davanti a me. Non ho mai pensato che Jess fosse il massimo della simpatia e un esperto nel dare i consigli, ma oggi è strano, freddo e distaccato. “Va bene, fammi gli auguri” dico io, cercando invece di dare tutta la mia attenzione ad un’altro ragazzo. Logan Williams, lo stesso ragazzo che sta occupando i miei pensieri da circa 3 mesi. Non so quanto tempo è passato, ma è come se in una frazione di secondo fossi arrivata da lui, il che è troppo strano visto che ero a circa cinque metri di distanza da lui. È di spalle, il che non so se mi aiuta o meno. Picchietto la sua spalla con un’incertezza che non mi appartiene. “L-Logan...” dico tremante. Da quando in qua la mia voce trema?? “Si?” dice lui girandosi. Sento la mia mente sconnettersi dalla bocca e ho la certezza di non avere più il controllo di qualsiasi cosa dirò da ora in poi. “Io… Devo dirti una cosa in privato.” Annuncio non so più come, so solo che sembro in parte imbranata. “Qualsiasi cosa hai da dirmi puoi dirmela qui o puoi tornartene da dove sei venuta.” Dice lui evidentemente divertito, attirando anche l’attenzione dei suoi amici lì presenti. “Ahahaha si” dicono loro in coro. Non mi stanno di certo aiutando e adesso hanno tutto il mio odio più profondo nei loro confronti. Come glielo dico?? “Bhè, io…insomma...” Cerco di creare una frase sensata e intera, ma non ci riesco. Rimango così per non so quanto, finché Logan non si muove di qualche passo in avanti, costringendomi a indietreggiare. “Allora?” è visibilmentevisibilmente seccato e incitandomi con gli occhi a parlare. “Bhe, ecco…” tento di ricominciare la frase bloccandomi per l’ennesima volta. “Cazzo ti muovi? Ho capito che non hai il dono delle parole, ma sto cominciando veramente a perdere la pazienza” Dichiara lui visibilmente incavolato. “Io penso... che mi piaci.” Dico io finalmente dando voce ai miei pensieri e buttando fuori l’aria che avevo trattenuto. Cosa è successo dopo? Nulla, assolutamente nulla. Solo tante voci intorno a noi di cui riesco a riconoscere solo le risate dei suoi amici. Finalmente fa qualcosa, grazie alla quale capisco che non era così male quando non faceva nulla. “Sto bene così grazie, anche se non so come hai potuto pensare che ricambiassi. Sei troppo brutta per essere il mio tipo.” Dice lui con un ghigno in faccia. Ammetto che dentro di me lo sapevo che le probabilità che mi avrebbe rifiutato erano tante, ho cercato di immaginare tutti i possibili rifiuti, solo che non ero pronta a essere rifiutata e offesa allo stesso tempo. Adesso sì che mi sento uno schifo, una stupida ad aver creduto in una possibile risposta positiva. “Cosa…?” Chiedo io in un momento di speranza, aggrappandomi alla possibilità di aver sentito male, ma la conferma mi arriva invece da altre risate. Non so cosa sta succedendo, ma provo a indietreggiare di nuovo. Mossa sbagliata. Mossa assolutamente sbagliata. Il mio corpo entra in collisione con dell’acqua. Non tardo a capire cosa era appena successo. Ero appena caduta in piscina. Con le ultime forze che mi rimangono mi aggrappo al bordo e riesco a mettermi in piedi. L’acqua della piscina è fredda, ma non dico un freddo causato dalla temperatura, era solo disgustamente fredda. Non ero pronta a guardare la scena che avevo davanti. Troppe persone ridevano di me, troppe persone avevano rivolto il loro sguardo su di me, troppe persone erano attente su quello che facevo. Il momento dopo stavo correndo verso l’uscita con i vestiti fradici, i tacchi in mano e un cuore spezzato. Ho cercato Jess con lo sguardo, ma non lo vedevo da nessuna parte e ogni volta che incontravo lo sguardo di qualcuno, esso mi trafiggeva il cuore. Corsi forse per un chilometro per la strada vuota. So che faceva sicuramente freddo e il vento mi gelava, finché non arrivò Jess con la macchina. Tutto quello che successe dopo era solo un ricordo lontano, ma piansi, piansi per ore fra le braccia di Jess. 

Questo è stato il ricordo più brutto di Melanie. Ho passato così tutti gli anni del liceo con gente che rideva alle mie spalle. Non so come, ma qualcuno aveva anche fatto un video di me, come per ricordare a tutti quelli che iniziavano a scordare ciò che era successo. Ho passato i due anni successivi fra pianti e distaccandomi forse per un po’ da tutti. Jess e la mia famiglia non mi riconoscevano più. Ma sono riuscita a uscirne e adesso sono qui, al secondo anno di università. Più forte di prima e pronta a non farmi fregare dal mio cuore mai più.

Thequennn00 & Sian_a & sonybenjoseph

Fregata Dal Mio Stesso CuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora