Crespi d'Adda

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Nicki guardava il freddo paesaggio di dicembre scivolare dietro il finestrino dell'auto. Erano circa le 18 e, dopo giorni passati a raccogliere, sistemare, imballare e scartare tutto il materiale da portare nella nuova casa, lei e la sua famiglia erano finalmente partiti senza passare troppo tempo a rimpiangere ciò che avevano lasciato. Gli edifici luminosi e trasparenti di Milano lasciavano spazio a ampie pianure costellate da casette e paesini. La nebbia nascondeva quello che era la natura voleva tenere segreto agli uomini, e il buio iniziava a cadere sui prati e sulla trafficata autostrada. Sembrò un viaggio lungo, ma durò poco meno di due ore, e, finalmente verso le 19  arrivarono a Crespi d'Adda. Nicky aveva già visto quel paesino quando era andata a vedere la casa per la prima volta circa due settimane prime, però ora lo scenario che le appariva davanti agli occhi pareva cambiato: era tutto buio e silenzioso, le luci erano poche e deboli e l'unica parte del paese che era illuminata completamente era la larga scalinata per raggiungere la chiesa. Arrivarono in una vietta costituita dalle tipiche casette tutte uguali che rendevano noto quel piccolo paese, e si fermarono davanti a una villa. Era completamente buia, sia la facciata che il piccolo giardinetto. Nicky venne percorsa da un brivido e poi, dopo essersi pulita i piedi su un vecchio zerbino, seguì suo padre che nel frattempo aveva girato le chiavi nella serratura e aperto la porta.

Nicky non aveva ancora visto l'interno arredato e le mancò il fiato quando vide lo splendido lavoro che suo madre aveva fatto (era infatti un'architetta). L'apparente trascuratezza dell'esterno non rispecchiava per nulla l'interno della casa: moquette bianche e candide, lampadari lussuosi e appariscenti, una tv enorme posta difronte a un gigantesco divano erano solo alcuni dei corredi di arredamento che colpirono la ragazza all'entrata. Sapeva che i suoi genitori avevano voluto fare tutto per il meglio questa volta, ma non poteva immaginare che il risultato di tutti i loro sforzi sarebbe stato così bello.

"Allora tesoro...ti piace?", le chiese suo padre mettendole una mano sulla spalla. "Prova a vedere la tua camera...dovrebbe essere al secondo piano sulla destra...", Nicky non se lo fece ripetere e corse come un fulmine su per le scale, girò a destra e aprì la porta della prima camera che incontrò. Il dentro della stanza era candido e pulito come il resto della casa: era un ambiente enorme, con al centro un letto matrimoniale che guardava su una finestra ampia e incorniciata da degli scaffali già pieni dei libri che lei aveva scelto di portare. Si avvicinò alla vetrata e si rese conto che c'era anche un balcone, non grandissimo, ma abbastanza largo da ospitare un tavolino con due sedie. Nicky aprì la portafinestra: subito un'ondata di aria fresca a pulita le inondò i polmoni, e rimase incantata dalla vista che le si aprì davanti agli occhi. Da quel piccolo balcone poteva vedere tutte le luminare che prima risultavano offuscate dalla nebbia, i giardinetti curati delle ville, la chiesa in lontananza addobbata da centinaia di lucine, e proprio davanti a lei c'era una collinetta, sopra la quale poteva scorgere un piccolo colonnato e un gruppetto di ragazzi impegnati a chiacchierare e ridere...

Nicky non sapeva come sentirsi, in quel momento provava un vortice di emozioni: la nostalgia della sua vecchia casa, l'eccitazione per la nuova abitazione, la voglia di conoscere nuove persone, la paura di iniziare una nuova vita lì, ma sopratutto, il timore di non essere all'altezza di quella nuova vita, il timore di portarsi dietro le ombre e le ansie che sperava di aver lasciato a Milano.  Ma purtroppo il nostro passato sa bene dove viviamo, e non si può pretendere di dimenticarlo: è necessario affrontarlo e fare i conti con i nostri incubi, e questo Nicky non l'aveva ancora capito.


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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 27, 2020 ⏰

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