Capitolo 3

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Muovo le palpebre. Sento del vento negli occhi, dovrebbero essere aperti, ma non vedo nulla.

Sbatto le palpebre, ma ancora niente.

Continuo a sbatterle, comincio a vedere un po’ di nebbia.

Aspetta. Com’è possibile? Da quello che ho capito eravamo scesi sotto terra.

Tra le nebbia un raggio di luce. Gli occhi bruciano. Cerco la fronte con una mano. Quando la trovo sento qualcosa di morbido ma ruvido. Dopo un piccolo spavento capisco che è una benda: sarà stata una botta davvero forte, quel cazzo di fucile mi ha spaccato la testa.

Senza capire dove e come cerco di sedermi. In qualche modo alzo la schiena dal suolo, comincio a vedere dei colori: azzurro, bianco, verde, sole e tante macerie.

- Finalmente ti svegli – è la stesa voce dolce che ho già sentito una volta, ma non riesco ad associarla ad un volto, solo a degli spari e ad un urlo.

 Mi giro verso il lato da cui proviene la voce e la vedo, bella come la sera prima.

- Sulla fronte hai un buco alto tre dita, ma non molto profondo – dice lei.

- Chi sei? – mi sento costretto a chiedere.

Ci avrei scommesso di tutto che stesse per dire “Shein”, invece no – Da quanto ho visto tu e il Comandante vi conoscete, cosa interessante… - si ferma e guarda il vuoto.

Io seduto a terra lei in piedi di fronte a me, alle sue spalle, poco lontano, ciò che resta della casa.

Continua spiegando così – Ero arruolata nelle sue truppe, non lo scelsi io, mi obbligarono i miei genitori. Non sono mai scesa in campo – si ferma e ride, non riesco a capire il motivo, - alzati, andiamo via – mi ordina con fermezza, faccio come dice, non voglio mica restare seduto sull’erba a gelare il culo.

Mi alzo, dopo qualche capogiro sono stabile a terra, quindi cerco lo zaino e il macete, non li trovo, poi sento sbattermi qualcosa sul petto: è lei che mi passa lo zaino, col suo borsone in spalla, ha ancora la camicia da notte.

Ci incamminiamo seguendo il sentiero che ho preso io il giorno prima per raggiungere la casa.

- Stavo dicendo – continua lei – non sono mai scesa in campo perché subito dopo aver terminato l’addestramento riuscì a far impazzire il Comandante – si gira verso di me, io la guardo con aria sbalordita, o forse scioccata, non capisco come faccia questa ragazza a far impazzire la gente. Lei avanti io dietro, continuiamo a camminare e lei continua dicendo – Sembro una bimbetta, vero? –

- Eh già… - rispondo – facciamo una cosa – dico io – dato che non mi interessa più di tanto ti te e Schonah, dimmi cosa è successo ieri dopo che non ti uccisa con la poltrona –

- Ti spiego subito: conosco bene come agisce il Comandante – bhe, anche io – la prima scossa che hai sentito era una stupida granata per togliere di mezzo i cadaveri al piano do sotto, dopodiché ha messo della dinamite agli angoli della struttura, cinque minuti per allontanarsi, e nel frattempo ti portato in cantina, e poi ha fatto saltare tutto. Sono fermamente convinta che sa che siamo ancora vivi – si gira ancora e mi guarda alzando le sopracciglia con aria spavalda.

- Come hai fatto a salvarti, come mai non ti ha uccisa? –

- Credo per usarmi come ostaggio o per ricattarti – risponde lei ad una domanda di cui conosco già la risposta.

- Cos’hai nella borsa? – lei si ferma, la lascia a terra e apre la cerniera, mi avvicino. Perfetto…

Armi.

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