Mi avvicino al bordo della finestra in pezzi, mi affaccio facendo sporgere solo mezzo volto.
Sul prato non molto lontano dalla casa vedo un ombra il riflesso della luce della luna sull’erba rende i suoi bordi luminosi.
Ora capisco tutto.
Non erano mercenari, sono al servizio dell’Impero…
Cazzo. Il vecchio.
Mi allontano dalla finestra dopo essermi reso conto che la figura li in basso mi stesse guardando.
Credo di dover dare delle spiegazioni.
Cuattro è una città, davvero grande, sarebbe uno stato, ma preferiscono definirsi città. Bene. Mantengono l’ordine con la forza, quale forza? quella militare, chiamata Impero, i soldati sono gli Imperiali. Ci sono truppe in tutto il mondo, per trovare i disertori o coloro che hanno infranto una qualunque legge.
Da quanto sapevo prima di oggi giravano solo con le divise e arruolavano solo uomini preparati atleticamente e psicologicamente, ma ora mi rendo conto che chiedono aiuto persino ai vecchi mezzi cechi, sicuramente mezzi cechi, perché quel bastardo non poteva di certo sapere che c’era una casa se non la vedeva.
Mi cercano perché sono un disertore.
Mentre apro la porta per uscire dalla stanza sento un gemito, mi giro di scatto e i fiondo sul letto: l’hanno presa alla spalla. Dubito sia stato un caso.
Sento il rumore sordo di un esplosione, usano bombe per aprire le porte.
La ragazza sarà scioccata, la ferita non è grave ma non si muove affatto e ha gli occhi chiusi.
Me la carico in spalla, apro le coperte e la metto sotto di esse, con il rischio che soffochi, ma se è cosciente può uscire, non ho tempo di badare a lei, mi basta badare a me stesso.
Esco dalla camera in corsa, ma qualcosa di pesante mi colpisce la fronte e vengo sbalzato nel corridoio.
Ho di nuovo quel cazzo di fucile puntato al petto – Chi è questa gente, ragazzo? – un urlo acutissimo dal fondo delle scale – Hanno ucciso tua moglie – gli faccio notare asciugandomi il sangue dalla fronte.
- Non è mia moglie – continua l’uomo – come quella non è mia figlia – ora capisco davvero tutto – le regole di Cuattro sono severe, e a noi che ricordiamo il vecchio mondo, quelle leggi non piacciono. Stai con l’Impero? –
- No, io fuggo dall’Impero – quindi mi alzo – Dov’è il mio zaino? –
- In fondo alle scale –
Scendendo le scale gli faccio notare che la ragazza non è morta, ma a lui non sembra importare.
Sugli ultimi scalini è stesa la donna con un buco grosso quanto un occhio sulla fronte, più in la c’è lo zaino.
Sulla porta, distrutta, c’è il ragazzo che era illuminato dal riflesso della luna, cos’ha di particolare? È semplicemente troppo pallido per essere umano e ha i capelli nerissimi, e un dinamitardo e porta sempre una maschera antigas che gli copre solo il naso e la bocca.
- Mio carissimo amico – rivolgendosi a me – ci ritroviamo – con una risata abbondante – la sua voce, come la sua risata, è ovattata dalla maschera. Non rispondo.
- Ammazzate il vecchio! – ordina ai pochi uomini che ha con se, è sicuro di farcela, credo potrebbe.
L’uomo alza il fucile e becca uno di loro, facendogli esplodere la cassa toracica, io subito mi abbasso e il più velocemente possibile mi avvicino al cadavere della donna, un altro sparo di fucile e un altro ancora, ma questa volta di un’arma più piccola, mentre sfilo dallo zaino la spada, mi volto e vedo l’uomo che sta lottando contro un Imperiale.
Mi alzo, i cadaveri a terra sono due.
- Fermati – ordina all’Imperiale il ragazzo sulla porta, quest’ultimo, steso sulle scale con l’uomo ferito, si gira perplesso e l’uomo gli fa esplodere la testa.
Nel silenzio, spezzato solo dall’ansimare dell’uomo, il Comandante di Terra muove dei passi verso il ferito sulle scale, non ha più colpi nel fucile, ecco perché ha fatto in modo che utilizzasse l’ultimo colpo, conosceva il modello dell’arma e sapendo che ne poteva contenere solo tre di colpi ha atto in modo che utilizzasse l’ultimo; camminando enuncia – Sono Schonah, Comandante delle truppe di Terra, comando solo sulla fanteria in parole povere –
Io ero sotto il suo comando, ipotizzando la sua morte lo presi io il comando, dopo che una mina gli esplose vicino alla faccia sul campo, non tenni conto di un fattore molto importate: lui era troppo fiero del suo ruolo.
Alcuni mesi dopo si scoprì che era sopravvissuto, ma in bocca gli mancavano tutti i denti, la lingua e se non ricordo male il palato, era sordo e ceco, ma le nuove tecnologie mediche l’hanno fatto diventare ciò che è: un guerriero perfetto, vista e udito perfetti.
Piazzò una bomba sotto la mia brandina, me ne accorsi in tempo e per ricordo ho solo la cicatrice di una scottatura sul polpaccio. Quella stessa notte fuggii dall’Impero. Avevo quasi diciassette anni.
Disertore a tutti gli effetti e il Pallido si è offerto di riportarmi all’Impero, in qualunque modo.
Arrivato ai piedi dell’uomo steso a terra, si gira verso di me – Credo tu abbia capito che fuori, tra i cespugli ho una decina di cecchini –
No, non l’avevo minimamente pensato.
- E la ragazza l’ho colpita apposta ad una spalla, cosicché possa usarla per ricattarti –
Cosa!?
- Quella ragazza è speciale Han, riesce a farti fare ciò che vuole, so bene chi è, sono stato io a farla esiliare… - si ferma un attimo, si acciglia, sembra molto incazzato nel rivedere i ricordi relativi a lei. Volta la testa verso le scale, alza la pistola verso di lui e urlando – Tu l’hai aiutata! – comincia una raffica di colpi verso l’uomo.
È il momento giusto, tra gli spari non mi può sentire.
Con uno scatto gli salto addosso.
Cadiamo entrambi su una vetrina, schegge di vetro e di piatti ovunque.
Mentre mi mena un pugno per allontanarmi scarico un fendente e gli squarcio la faccia dallo zigomo alla fronte.
Sdraiati a terra, uno sull’altro, lui mi tira una ginocchiata nello stomaco.
Si alza, barcolla come se gli girasse la testa, gli ho beccato un occhio.
Mi punta la pistola contro, senza tener conto alla mira.
Spara.
Rotolo.
Becca una coscia.
Gli lancio la spada contro, gli liscio un braccio.
Mi alzo e zoppicante salgo le scale.
Comincia a farmi male la testa, non ho più le orecchie abituate agli spari e poi c’è da tener conto della botta che ho preso col calcio del fucile.
Non sembra mi abbia seguito. Non riesco a ragionare, non sto capendo, mi ha confuso con la storia di questa ragazza.
Merda, inconsciamente sono di nuovo nella sua stanza…
Vaffanculo, non ho tempo per l’amore, non ho tempo per la mia vita…
Vibra il pavimento con un ruggito assurdo.
Bastardo, vuole fare esplodere la casa.
Mi avvicino al letto. Non c’è.
Ho due possibilità: o mi metto sotto il letto sperando di salvarmi dal crollo, oppure mi lancio dalla finestra, sperando di non spezzarmi qualche osso in modo grave, e farmi sparare dai cecchini.
Preferisco la prima.
Ma…sento dei passi.
Afferro la coperta e mi giro di scatto lanciandola.
Non mi importa chi sia, alzo la poltrona e mentre faccio per lanciargliela contro, lei urla – Fermo! – e così faccio.
Si toglie la coperta di dosso e mi fa cenno di seguirla con il braccio buono. Percorriamo il breve corridoio. – Aspetta qui – mi dice di fronte alla porta di quelli che credevo fossero i suoi genitori, lei entra. La sento armeggiare con roba metallica. Esce con una borsa che sembra pesante. E mi porge delle cartucce per il fucile.
Scendiamo le scale, - Che scempio – la sento sussurrare – Prendi il fucile e caricalo – continua lei.
Faccio come dice.
Perché sto seguendo i suoi ordini? Cosa sta succedendo? Ho un ronzio continuo nelle orecchie e vedo tutto annebbiato.
Non so più su cosa sto camminando. Sembra acqua, no è un prato. Sono scale.
Sto scendendo ancora. Qui è tutto buio.
Non vedo più nulla.
Ad un tratto una luce minuscola ma troppo luminosa si accende.
Chiudo gli occhi e arriccio il naso.
- Siamo sotto la casa, al sicuro, il problema sarà uscire, saremo sepolti dalle macerie –
Una voce potente ma lontanissima. È davvero dolce, ma non riesco ad associarla a nulla, solo ad un urlo e a tantissimi spari.
Il pavimento vibra ancora, non lo sopporto.
Sento come esplodere la gamba destra, e qualcosa di bollente che cola fino al piede.
Non ho più le ginocchia.
Sto precipitando da un dirupo.
Un altro calcio sulla fronte.
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La Mia Storia
AdventureQuesta non è un'autobiografia Se vi dicessi che sto per raccontarvi come la Terra è diventata un deserto, una palude, una banchisa, una foresta, di come sulla Terra c’è ormai un solo oceano, un solo grande pezzo di terra, una sola civiltà ancora tot...