Era il 2019.
Mancavano pochi giorni al capodanno e stava finendo dicembre.
Il primo dell’anno non si festeggiava più come appena quindici anni fa, ogni anno che passava era un anno in più di sofferenza per i poveri esseri che risiedevano sulla Terra.
Niente conto alla rovescia, niente fuochi d’artificio o cappellini da festa.
Il primo dell’anno, per i Numeri, si festeggiava svegliandosi e conducendo semplicemente la noiosa routine da sottomessi. I pochi che ricordavano la ricorrenza non avevano modo di festeggiarla, ma soprattutto non ne avevano il motivo, anche se questo era bello e chiaro.
Ed è qui, tra le strade di Cuattro, a tre giorni dalla fine del 2019, dopo otto anni di pura pace e sottomissione, i Numeri, I Normali e tutti gli Esiliati, fuori dalle mura dell’Impero, rivendicheranno il mondo che gli appartiene.
Tutto ciò grazie ad una ragazza, a cui è stato tolto tutto, che è legata al suo passato solo da un nome.
Una ragazza che avrebbe festeggiato il capodanno semplicemente andando a scuola.
Come ogni giorno.
Come oggi.
Entrata in classe Elise già sapeva che sarebbe stata interrogata in geografia, la materia che lei preferiva di più, perché le insegnava com’era il mondo, com’era il mondo prima della guerra, perché ora nessuno, all’interno dell’Impero conosceva il mondo fuori le mura, chi usciva dall’Impero non ci tornava più.
Lì con lei, nel banco accanto al suo, c’era il suo migliore amico, un ragazzo che sapeva bene quando Elise pensava e diceva cose che non doveva.
E fu proprio mentre Elise, alla lavagna, illustrava a grandi linee la pianta dell’Impero che entrò in classe un uomo con gli occhiali rotondi ed un portatile.
Lo poggiò sulla cattedra, sotto gli occhi di quello che doveva essere un insegnante di geografia e sotto gli occhi di Elise, mentre tutta la classe era con la fronte sul banco, ma l’amico di Elise che la supplicava con gli occhi di tornare al suo posto.
Sul portatile partì un video, nel quale c’era un ragazzo, illuminato come dalla luce di mille soli, sembrava terrorizzato alla visione di ciò che lo stava riprendendo, era un ragazzo con i capelli rasati, aveva un suo fascino, ma non era affatto bello, quel naso lungo dalla fronte alle labbra, gli occhi grandi e neri e il mento quasi a punta, ma dava una sensazione di sicurezza, quegli occhi fecero sentire Elise a casa.
L’uomo con gli occhiali avvisò l’”insegnante” che il nome di quel ragazzo era Han e con lui c’era un altro ragazzo di nome Arsel.
L’uomo con gli occhiali noto anche che la ragazza sbirciava lo schermo del portatile, ma l’insegnante non fece nulla e le disse di tornare a posto.
Lei, confusa, così fece.
Vedeva quel volto ovunque nella classe. Le era stampato sulla pupilla.
Finì col pensare tutto il giorno a quegli occhi nostalgici, finché non dové tornare a casa.
Nel frattempo, il ragazzo ai piedi della statua, lontano da Cuattro centinaia di chilometri, no sapeva che quell’occhio, sulla vetta dell’imponente statua rossa era una telecamera.
Quel ragazzo non sapeva affatto in che guaio si era cacciato.
Quando Han entrò nel Dipartimento era accecato dalla rabbia e dai ricordi, incapace di pensare e di rendersi conto che ciò che voleva fare era impossibile.
Arsel, invece, gli andò dietro perché era da tanto che non vedeva una persona, viveva da solo in un paesino fantasma distrutto.
Quelle macchine erano state messe nell’edificio dall’Impero, erano macchine da guerra in via sperimentale e non avendo spazio dove buttare i prototipi li misero lì.
Sono chiamati Guardiani, statue meccaniche dalle sembianze umane alte quasi tre metri, la testa è una palla con un occhio e un faro, che riprende ciò che vede e lo manda direttamente all’Impero stesso.
Han li ha “svegliati” quando ha acceso il fuocherello per vedere cosa c’era nella stanza…cosa che non si fa neanche nei boschi perché attira gli animali selvatici.
A questo punto le macchine cominciarono ad agitare le braccia distruggendosi anche tra loro.
L’Impero di certo non poteva stare fermo di fronte a tutto ciò, e prendendo il controllo di una di quelle macchine, le ordinò di uccidere Han.
E così fece.
O quasi.
Mentre la macchina si apprestava ad uccidere il ragazzo con un pugno, prontamente egli frappose tra questo e il suo petto la spada, ma questo non impedì al golem di spazzare via Han e schiacciargli la cassa toracica in modo da fargli perdere un bel po’ di costole.
Han batté la testa su una colonna e perse i sensi.
A quel punto Arsel, il ragazzo dai capelli rossi e stranamente impassibile, lo afferrò al volo e uscì di corsa dall’edificio, mentre questo crollava sotto la furia delle macchine senza controllo che lo distruggevano lentamente.
Una volta fuori, nel buio della notte, allontanatosi dal Dipartimento, poggiò il ragazzo, che ormai respirava sangue, a terra. Non aveva la più pallida idea di come fermare l’emorragia.
L’unica persona con cui aveva parlato dopo anni di solitudine, stava morendo sotto i suoi occhi perché non l’aveva fermata pur sapendo che stava per compiere una pazzia, quella di entrare in un Dipartimento dell’Impero abbandonato.
Arsel si sentiva in colpa per la morte di Han.
Voleva salvarlo ma non sapeva come.
E si stava dimenticando che sulle spalle aveva anche la vita di una ragazza che voleva impedire ad Han di entrare lì dentro, una ragazza che sicuramente avrebbe pianto per la morte dell’amico.
Ma quella ragazza sapeva che sarebbe accaduto qualcosa di spiacevole.
Quella ragazza, Shein, stava per salvare Han.
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La Mia Storia
AdventureQuesta non è un'autobiografia Se vi dicessi che sto per raccontarvi come la Terra è diventata un deserto, una palude, una banchisa, una foresta, di come sulla Terra c’è ormai un solo oceano, un solo grande pezzo di terra, una sola civiltà ancora tot...