Capitolo 5

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Dentro è davvero buio.

Sembra di camminare su dei cocci, come se a terra ci fossero pezzi di vetro o macerie di qualcosa.

Non si vede nulla, quindi decido di fermarmi poggiando la schiena al portone in vetro, aspettando che si abitui la vista al buio.

Fuori c’era ancora un po’ di luce, è strano che qui dentro sia così buio.

Quando la vista comincia ad abituarsi riesco a distinguere cosa ho davanti: a qualche metro da me c’è un bancone, a terra, come pensavo, ci sono fogli di carta, pezzi di vetro, macerie varie.

Mi scollo dalla porta e mi avvicino al bancone, poggio le mani sopra e mi sporgo per vedere dall’altro lato: sono come cabine, probabilmente c’era una sedia e qualcuno che riceveva i paesani, ascoltava le lamentele, cercava di aiutarli.

- Han – sento chiamarmi, riconosco la voce ma non so da dove arriva. Giro la testa un po’ da tutte le parti e mi rendo conto che la mia vista non è proprio delle peggiori, riesco a vedere fino a circa cinque metri da me, tutto il resto è in penombra.

- Sono qui – verso destra, quindi mi giro e vedo una figura alta quasi due metri che mi fa cenno di raggiungerla.

Faccio come dice.

- Ho trovato delle scale – esulta Arsel.

- Saliamo – consiglio io, e così facciamo.

Sono un bel po’, tutte piene di immondizia, macerie.

Certo le bombe non hanno scalfito la struttura, ma gli interni sono distrutti, e poi…è stato fatto un buon lavoro di pulizia: non c’è un cadavere, li hanno portati via tutti.

Le scale finiscono senza che io me ne accorga e inciampo nel nulla, credendo che ci fosse un altro gradino.

Arsel mi alza da terra tirandomi per un braccio.

- Qui non c’è nulla, oltre cassette di ferro all’aria, centinaia di cassetti e migliaia di fogli. Credo che la roba elettronica sia stata tutta portata via – così mi spiega cosa pensa.

- Probabile – rispondo.

La stanza è quadrata e gigante, se non fosse per tutte ste porcherie a terra sarebbe vuota.

Comincia a farsi davvero buio, non si vede più nulla in penombra e per assicurarmene – Fin dove riesci a vedere? –

- Sei sette metri da me, oltre è tutto buio – mi conferma.

- Vediamo in fondo alla stanza se c’è un'altra scalinata – consiglio io.

- Io controllo se c’è una tromba di scale da qualche parte – e sparisce dal mio fianco.

Cammino in linea retta finche non vengo colpito dal brillare dei vetri. Mi fermo un attimo e ci poggio la mano. Mi tornano in mente tanti eventi passati: Cuattro, le sue otto zone, l’Impero… passo la mano sulla superficie finché non sento come una rientranza nel vetro, come un buco, cerco di mettere a fuoco con gli occhi, sembra il buco di uno sparo. Controllo su tutta la parete. Ce ne sono altri.

Ora si spiga tutto, o almeno credo sia successo questo: una rivolta, i paesani sono entrati armati e subito l’Impero ha ordinato di radere al suolo tutto.

Tolgo la mano da questi pensieri e mi guardo un po’ attorno. Niente scale.

- Le scale – come se Arsel avesse sentito i miei pensieri.

Per trovarlo ci metto un po’, ma quando lo vedo mi rendo conto che è al centro della stanza con alle spalle una specie di gabbiotto.

- Sembra una tromba di scale, che ne dici di salire? –

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