Capitolo 4

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Quando mi sveglio il sole sta sorgendo.

Le spalle poggiate alle mei sono ancora lì.

Mi alzo, ho bisogno di cibo.

Sento le pareti dello stomaco urlare per la fame.

Mi avvicino al borsone, sperando di trovare qualche arma da caccia, ma niente, solo armi da fuoco. Vedere questo borsone mi fa incazzare così tanto che gli darei fuoco.

Torno al mio zaino, su cui avevo poggiato la testa per la notte, prendo il macete, le armi da fuoco farebbero solo fuggire gli animali e distruggerebbero la carne dell’animale colpito, se questo è di piccole dimensioni. Indosso la casacca, che ho ricevuto dalla gentilissima “famiglia” che mi ha ospitato ieri, fa freddo è porto solo una sottile canotta a mezzamanica.

Ma mentre sto per uscire dalla radura mi giro verso la ragazza stesa a terra e mi rendo conto che non posso lasciare Shein lì da sola.

E come se l’avessi urlato mi trovo una freccia ficcata nella spalla.

Faccio qualche passo all’indietro per lo sbalzo.

- Sta fermo! – urla una ragazzo con i capelli rossicci uscendo dal bosco. Mi minaccia con una balestra.

Lascio a terra il macete e alzo la mano buona.

- Non siamo pericolosi – lo rassicuro, ma sembra non importargli. Ha la classica faccia da stupido, con gli occhi persi nel vuoto, ma si vede, è molto furbo.

- Chi siete? – si avvicina di qualche passo e mira meglio alla sinistra del mio petto – Rispondi –

- Due ragazzi –

- Che fate? – chiede ancora.

- Scappiamo – continuo io.

Non sono molto alto, non raggiungo di poco il metro e ottanta, ma questo qua mi batte di circa dieci centimetri ed è bello robusto; porta uno zaino bello pesante con dei pezzi di carne appesi a delle corde ai lati e una borraccia d’acqua al fianco.

- Da chi? – chiede ancora una volta.

Se glielo dico mi scocca nel petto una freccia, perché di sicuro non cerca rogne con l’Impero, se sto zitto lo fa lo stesso, perché queste ormai sono le regole: se servi, sei al mio servizio, se non servi, sei morto.

- Dall’Impero – decido di dirglielo.

Stranamente non cambia espressione e abbassa la balestra, - Togliti la freccia dalla spalla – mi dice – è una stupida freccia senza punta, non ti ho fatto proprio nulla – mi dice…

D’accordo, la sfilo, ma come disinfetto la ferita?

Alza la testa verso il cielo – Saranno quasi le otto –afferma.

- Perché non mi hai ucciso? – gli chiedo io ora.

- Perché hai un bel coraggio – risponde, ancora con la stessa espressione.

- Potresti spiegarti meglio? –

Sbruffa.

Si avvicina al laghetto passandomi accanto: cazzo quant’è possente.

Mi volto e lo seguo con lo sguardo.

Poggio la mano sulla ferita, non sento il braccio intorpidito, ha beccato un punto in cui non c’è nulla, esce anche pochissimo sangue, è un bravo cacciatore, non c’è che dire.

Lui il cibo se lo procura da solo, non come me, che faccio il mendicante di paesino in paesino…non so neanche come mi è venuta l’idea di andare a caccia, io non so cacciare.

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