Alice's Pov
Ho sempre pensato che il momento più tranquillo delle le mie giornate da studentessa universitaria fosse incastrato tra le 07:30 e le 08:10 del mattino. Era lo spazio dedicato al risveglio, al caffè con i colleghi più intimi, alle lamentele sulle imminenti lezioni e a qualche sigaretta condivisa col vento. Erano i quaranta minuti dedicati al niente... o al tutto che comunque sembrava niente. Attimi di tranquillità che venivano ogni volta interrotti dal momento che più odio delle mie giornate da studentessa universitaria. Il momento in cui uno di noi si sarebbe risvegliato dalla trance e guardando l'orologio se ne sarebbe uscito col solito "Cavolo raga son le 08:08!"
Allora le sigarette venivano spente, i caffè venivano buttati giù come fossero shots di tequila e il niente tornava ad essere tutto.
"Ricordami perché ho scelto di fare economia..." disse Carlo simulando il pianto di un bambino.
"Perché devi portare avanti l'azienda di famiglia." Dissi io senza tono e guardando il display del cellulare.
"La vera domanda è...Perché IO ho scelto di fare economia?" Chiesi più a me stessa che ai miei amici.
"Perché vuoi metter su la tua azienda di famiglia." Rispose Melissa con lo stesso "calore" che io avevo riservato a Carlo.
"Mhmm...si, è corretto." Mi limitai a dire.
Una volta entrati in aula strisciammo verso una delle ultime file. Ognuno di noi iniziò a tirar fuori il materiale dallo zaino senza prestare troppa attenzione, sembrava lo facessimo da sempre. E in effetti....
La lezione iniziò e si concluse e a questa se ne aggiunsero altre due. Alle due saremmo stati liberi e saremmo potuti tornare al chiosco davanti l'università. Il fatto è che alle 14:00 il caffè sapeva di noia e non di piacere...al vento non venivano lasciate lunghe boccate di sigaretta e il tutto...beh, il tutto era ancora tutto e lo sarebbe stato fino al mattino successivo. Quel giorno però non mi sarei potuta trattenere oltre la fine delle lezioni. Avevo dei documenti da rivedere, degli appuntamenti da incastrare in agenda e poi...poi c'era lo scimpanzé da istruire a dovere. Iniziai a provare un senso di rabbia mista ad angoscia o forse era, non so, paura?
"NO", mi rimproverai mentalmente anche solo per averlo pensato.
"Non gli darò la soddisfazione di vedermi cadere, né a lui, né a nessun altro!"
Detto ciò, misi lo zaino in spalla, in cui avevo debitamente riposto il completo da ufficio, e mi tuffai fuori dall'aula. Non prima di aver salutato tutti con baci casti e veloci!
Il mio luogo di lavoro distava davvero poco dall'università e in mezz'ora ero già davanti il portone di ingresso. Mi feci aprire da Miriam e mi diressi verso gli ascensori. Ci mise un po' ad arrivare, probabilmente faceva su e giù da un po', in fondo era appena finita la pausa pranzo e molti stavano tornando alle proprie postazioni.
Quando finalmente le porte si aprirono sgattaiolai dentro l'abitacolo e in modo ormai fin troppo naturale spinsi il tasto 10. Attenzionai per un istante le mie unghie e pensai fosse davvero arrivato il momento di prendere appuntamento con un'estetista. Prima che però potessi iniziare a domandarmi a chi chiedere consiglio le porte dell'ascensore, che nel frattempo stavano per richiudersi, si bloccarono di colpo. Qualcuno le aveva bruscamente interrotte ponendo un piede all'interno. Spostai lentamente lo sguardo dalla mia mano alla figura che mi si parò di fronte. Era avvolto dalla luce che batteva sulle grandi vetrate retrostanti ed era davvero alto.
"Dio!" mi lasciai sfuggire coprendomi il viso con l'avanbraccio per ripararmi dal sole.
"No, ma grazie del complimento" quella voce! Quella fastidiosissima voce.
D'istinto feci un passo indietro e dopo aver battuto le ciglia per tre o quattro volte l'immagine si schiarì e per un secondo mi sentii morire.
"Stai scherzando spero" dissi contrariata.
"Per cosa?" domandò lui fingendo di non capire.
Il turno non era ancora iniziato ed io ero già furiosa.
"Sei venuto con la divisa del, del...BASKET? Urlai sospesa tra il quinto e il sesto piano.
"A cosa stavi prestando attenzione quando ho detto di non venire vestito come fossi allo stadio?
Lui sorrise velatamente, mi si avvicinò e poi sussurrò: "Al tuo vestito, al tuo profumo... O ALLO SCHIAFFO CHE MI AVEVI TIRATO POCO PRIMA!"
E giuro che gliene avrei dato un altro se le porte non mi avessero fatto la grazia di aprirsi!
Con passo spedito mi incamminai verso la stanza che mi era stata riservata.
"Dove sono finiti i tuoi abitini da bambolina?" mi sbeffeggiò lui affiancandomi.
"Ero a lezione! Cosa fai qui a quest'ora?" Continuai io proseguendo la mia corsa e cercando di distanziarmi il più possibile da lui.
"Bene, bene... allora non sei solo una dipendente frustrata, sei anche una studentessa frustrata!"
"Cosa. Fai. Qui?" mi limitai a ripetere.
"Ho finito alle 12.00 e non avevo nulla da fare!" disse lui per niente affaticato dalla nostra "corsetta". Da quando questi corridoi erano diventati così lunghi e tortuosi?
"E non potevi andare a casa?" risposi cercando le chiavi dell'ufficio e lanciandogli qualche occhiataccia di tanto in tanto.
"Oh ma sono tornato a casa! Pensi sia andato a lezione con la divisa della squadra di Basket?" continuò provocandomi.
Aveva davvero architettato tutto questo solo per darmi noia? Perché?
Ero quasi giunta alla mia postazione, così gli intimai di allontanarsi e di lasciarmi cambiar d'abito. Infilai la chiave nella piccola serratura, ma prima che potessi darle i consueti scatti, Vittorio mi afferrò il polso e mi tirò a se! Andai a sbattere contro il suo petto e anche se di spalle sapevo che stava sogghignando. Lasciò scivolare la mano libera sul mio fianco sinistro e per un breve istante mi sentii spaesata, come se il tempo avesse deciso di fermarsi.
"Mi lasci guardare?" Al suono di quella domanda tornai coi piedi per terra. Riuscii a divincolarmi dalla presa spingendolo con tutta la forza che avevo in corpo, diedi due giri alla chiave e mi fiondai dentro al mio ufficio.
"Sei disgustoso Zelini!" Urlai a squarciagola con l'intento di farmi sentire aldilà della porta.
"Penso la stessa cosa di te! Gridò lui di rimando.
"E VATTI A CAMBIARE!"
Quelle furono le ultime parole che pronunciai prima di poggiare le spalle al muro e lasciarmi cadere esausta.
Mi avrebbe fatto impazzire!
STAI LEGGENDO
E se parlassimo del presente?
RomanceLui è un ragazzo intelligente e studioso, sa spassarsela e a detta di chi lo conosce sa come come conquistare le donne. La maschera da bravo studente nasconde però un passato complesso, fatto di assenze e mancanze. Lei è una di quelle ragazze cresci...