Capitolo 11

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"Vogliamo parlarne?" Chiese Valerio con la calma e la dolcezza di una madre.

"No, non vogliamo" risposi io senza staccare gli occhi dall'ennesima sigaretta consumata. Avrei potuto rispondere che non ci fosse niente di cui parlare, che si stava immaginando tutto ma...non ne avevo le forze né tanto meno la voglia. Non volevo inventare giustificazioni o balle e soprattutto, non volevo dare sfogo a discussioni che sarebbero durate in eterno. Come detto, non volevo parlarne. Tutto qui.

Rubai l'ultimo bacio alla mia sigaretta che, ormai esausta, lasciai cadere nel posacenere.

"Vittorio, io ti conosco, se non ne parli con qualcuno esploderai" tentò nuovamente il mio amico.

"Beh...non sarebbe proprio un cattiva idea, no?" dissi io ridendo amaramente.

"Non dire cazzate! Dai, che è successo? Problemi con l'università?"

"No..." risposi sapendo che avrebbe continuato a chiedere fino all'esaurimento.

"Tuo padre?" riprese lui.

"Non do peso a quello che fa o dice da anni, dovresti saperlo! Ritenta! Si dice che la terza volta sia sempre quella giusta." dissi forse un po' troppo aggressivo.

"Non so, il lavoro? Cavolo Vì, non potresti semplicemente raccontarmi cosa è successo?" sbottò lui all'improvviso. Strana come reazione, Valerio non si scomponeva mai.

"Allora è vero che la terza volta è sempre quella giusta!" ribattei io cercando di assumere un atteggiamento meno scontroso. Poi, facendo finta di inspirare una grossa boccata d'aria ripresi a parlare.

"Non sopporto il mio lavoro, contento?" gli risposi tenendo lo sguardo basso, come chi mentendo, sapeva di non aver convinto il proprio pubblico. E infatti...

"Come io non sopportavo analisi 1... eppure non ricordo di aver tenuto il broncio per intere giornate quindi, te lo richiedo, cosa c'è che non va?" Parlò facendosi sempre più serio e forse...scocciato.

"Non sopporto il mio capo" riprovai io, sapendo di essermi di poco avvicinato alla verità.

"E' tuo cugino! Cosa mai potreb-"

"Mio cugino non è sicuramente la persona che più mi va a genio al momento, tuttavia non è lui il mio vero problema. Diciamo che ne è parte..." Lo interruppi.

"Avevi detto capo..." disse Valerio ormai confuso.

"Non lo sapevi? Non ne ho uno, no...Ne ho due! Due stronzi che si divertono ad aizzarmi. Questo non si fa, vestiti così, stampa quello, corri là, ..." iniziai a divagare e a parlare più a me stesso che con il mio interlocutore.

"Si chiama lavorare Vittorio... cosa ti aspettavi?" rise lui.

"Si ma lei..."

"Lei?" disse sbigottito.

"SI! Lo "Stronzo" numero due è una lei! E non fa altro che rendermi la vita impossibile! Sarebbe stato meglio arruolarsi! E' acida e saccente! Fa la saputella, è maniacale, seria, perfettina, e-"

"E ti piace." Concluse l'uomo che mi stava davanti. Quelle parole si infransero come onde contro gli scogli. Rimasi basito. Piacermi? No, mai. Era bella e niente di più. Niente di più.

"Non scherzare, non sono dell'umore." Sussurrai quasi avessi paura.

"Allora spiegati! Non sei certo il tipo che si fa provocare!"

Effettivamente aveva ragione, adoravo provocare ma non mi lasciavo mai trascinare dalle provocazioni altrui. Eppure lei faceva uscire la parte peggiore di me. La parte insicura, quella che sentiva la necessità di dover dimostrare qualcosa.

"No, infatti! E' solo che Claudio ha chiuso un grosso affare e per celebrarlo, parteciperà ad una serata di gala organizzata dai nuovi...soci? Fatto sta che si farà accompagnare da Alice, si chiama così. In ufficio non rimarrà nessuno, nessuno che sappia gestirlo intendo e... mi sembra poco responsabile da parte loro, tutto qui." Dissi io tutto d'un fiato.

"Quindi tu vorresti farmi credere che tutta questa rabbia scaturisca dal tuo senso di onestà e responsabilità!" rispose Valerio con sguardo furbo, troppo furbo.

"Certo che sì, perché sennò?" cominciavo ad agitarmi, sentivo che quella non era la verità ma d'altronde non riuscivo a spiegarmi neanch'io quegli assurdi sentimenti.

"No, niente, così." Mi liquidò, fingendo di aver perso interesse per la nostra conversazione. Poi, accasciandosi sulla sedia da gamer posta davanti la console e roteando su essa due o tre volte, riprese.

"Non hai pensato che il tuo stato d'animo possa forse, e dico forse, derivare dal fatto che non sopporti l'idea che ad accompagnare la tua bellissima lei, sarà tuo cugino? Insomma... Alice sarà uno schianto e dovrà essere cordiale e amabile. Ballerà, riderà e soprattutto berrà! Moderatamente certo... ma sappiamo entrambi che contro l'acidità i Margarita sono i migliori alleati! E poi..."

"Smettila" dissi io piano ma in modo chiaro e sicuro.

"Dovrà anche riaccompagnarla a casa o in hotel...Dove hai detto che si terrà l'evento?"

"Smettila..." ripetei più convinto e concitato.

"Siamo già stati ad eventi di questo tipo e sappiamo entrambi come si concludono queste serate! Si esce dal palazzo in compagnia di qualche damigella, si passa dal baretto di fiducia, le si porta vedere la collezione di farfalle nelle nostre camere e..."

"SMETTILA VALERIO!" Urlai ormai sfinito. Lui schioccò la lingua e ridendo, prese il joystick e tornò alla partita che aveva interrotto circa due ore prima per calarsi nei panni dell'investigatore. Mi aveva provocato e avevo ceduto. Avevo ceduto per lei. Era la prova che cercava! Che fosse davvero gelosia? Che ci fosse attrazione?

Me ne andai di corsa, catturando l'immagine del mio amico fin troppo soddisfatto e la mente straziata da Alice.

E se parlassimo del presente?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora