Sapevo che quella sera sarei dovuto rimanere da Valerio. È vero, mi avrebbe perlopiù annoiato con i suoi soliti discorsi sul cinema, sugli esami andati alla grande o sulla sua ragazza, Olivia... ma se allora avessi capito per tempo che errore sarebbe stato tornare a casa, mi sarei sorbito ore del suo divagare. Valerio era sempre stato un buon amico. Sapeva ascoltare e soprattutto sapeva sempre cosa dire. Riusciva a strapparti un sorriso anche nei momenti peggiori, inaspettatamente e con semplicità. Quella sera sarei rimasto a dormire da lui.
Eravamo d'accordo sul prendere due birre e fare qualche partita alla play. Tra un sorso e l'altro si sarebbe lamentato di quanto Olivia potesse essere gelosa, io lo avrei incoraggiato per la milionesima volta a lasciarla e poi, ci saremmo addormentati brilli sul divano della sua taverna. Si, doveva andare così, il piano era semplice! Quando il telefono iniziò a vibrare non avevamo stappato nemmeno la prima bottiglia. Era mia madre. Decisi di non rispondere ma più la evitavo e più lei si faceva insistente. Alla quinta chiamata afferrai il cellulare e a metà tra l'annoiato e l'irritato risposi.
"È esplosa la casa?" iniziai ironico.
"Vittorio, non fare lo spiritoso! Tuo padre ha chiamato poco fa ed era furioso e... preoccupato! Ha detto di non vederti da giorni. Pensava fossi tornato da me ma non avendo tue notizie ha deciso di telefonarmi per averne conferma." Disse urlando.
"Senti mà, io sto da Valerio, facciamo che ne riparliamo domani, si?" risposi senza mostrare interesse. Mio padre si era accorto della mia assenza dopo solo tre giorni...Wow! Alla fine dell'anno daranno un premio a quell'uomo!
"Ascoltami bene Vittorio! O torni immediatamente casa, op- ",
"Oppure?" digrignai fra i denti. Lei si ammutolì e solo dopo un lungo sospiro la sentii concludere con un "...Torna a casa, per favore"
Sapevo di non dovermi fidare, me lo sentivo! Ma mia madre era sempre stata dalla mia parte e per quanto infastidito non avrebbe subìto la mia assenza. Raccolsi distrattamente la mia roba... Vale, che aveva ascoltato l'intera conversazione, fece solo un cenno col capo. In dieci minuti ero già sulla strada di casa. Io e Valerio abitavamo a pochi metri l'uno dall'altro e lungo il tragitto tornò alla luce qualche vecchio ricordo. Ripensai al mio amico e a quanto gli piacesse passare i pomeriggi da me. I suoi erano sempre via per lavoro e per "ammazzare il TEMPIO", così diceva, passava le giornate sulla mia altalena o fra le torte di mia madre. Era davvero una grande cuoca lei. Poi, dopo la rottura dei miei, fui io a trasferirmi da lui. A settimane alterne sarei stato con uno dei miei genitori e una volta maggiorenne avrei potuto scegliere quale casa abitare e frequentare... quella di Valerio però mi era sempre sembrata più sicura e, specie nell'ultimo periodo, più accogliente. Prima che una lacrima potesse rigarmi il viso mi trovai sul vialetto del mio giardino. Il garage era aperto, come se mamma fosse tornata da poco. Feci scivolare la chiave nella serratura e con voce leggera mi lasciai sfuggire un banale "Sono a casa".
Dal salotto nessuno rispose. Tutto taceva. Era strano...forse troppo strano. Tolsi la giacca e con passo titubante raggiunsi le scale che portavano al primo piano. Salendo, la voce di un uomo mi pervase. Salii uno scalino o due e solo allora distinsi la sua da quella di mia madre. Non stavano propriamente discutendo, erano più una serie di mormorii lasciati qua e là. A pochi centimetri dalla porta riconobbi la sua figura, alta e snella. Era mio padre. Mia madre gli dava le spalle e borbottava parole che sapevano di malinconia o forse addirittura di delusione.
"Ha ventidue anni, dovrebbe iniziare ad assumersi qualche responsabilità" tuonò lui.
"Ah, ti prego...Vittorio è già un ragazzo responsabile! Ha un'ottima media, potrebbe laurearsi prima di quanto previsto! Frequenta brave persone e..."
"E scappa da casa mia manco fosse un ladro" disse ancora.
Mi feci coraggio e illudendomi che quella sarebbe stata l'ennesima lite con mio padre, varcai la soglia.
"Era questo il motivo della tua scenata isterica al telefono?" domandai a mia madre, stanco e contrariato.
Entrambi si guardarono per quelli che sembrarono minuti ma contrariamente a quanto mi aspettassi non fu mia madre a parlare, bensì mio padre.
"Non sono qui per propinarti il solito discorso..."
"Bene! Allora non hai motivo di trattenerti oltre." Dissi, facendo appello a quel briciolo di controllo rimastomi.
"Smettila di interrompermi e siediti!" disse ancora.
Lo feci.
"E' da anni ormai che mi tieni a distanza, così come è da anni che provo a farti ragionare. Finora il comportamento a dir poco irrispettoso è stato giustificato dalla tua età. Ma l'adolescenza è finita, Vittorio. Non sono stato un padre presente e di questo te ne do atto, tuttavia, ho anche cercato di farti comprendere che la mia assenza è stata in gran parte dovuta al mio lavoro, quello stesso lavoro che ti permette di studiare, di uscire a bere e di portare non so quale ragazza in ristoranti costosi."
"Ma che ne sai tu di come spendo i tuoi soldi" Lo interruppi sdegnato.
Poi, lasciando cadere la mia provocazione, continuò
"Forse è il momento che tu capisca il significato della parola "sacrificio" e magari, quando l'avrai provato sulla tua pelle, potrai metterti nei miei panni e vedere le cose dalla mia prospettiva."
Sentivo la rabbia infuriare, ero sul punto di alzarmi e andarmene ma sul più bello avanzò quella che più che una proposta, sembrava essere un ordine. E lui non poteva davvero permettersi di impartirne, non dopo tutti questi anni.
"Andrai a lavorare da tuo cugino Claudio, ho già parlato con lui, ti troverà un posto nel settore vendite"
Io cosa? No! Non sarei andato a fare lo schiavetto per Claudio. Intendiamoci, io adoravo mio cugino, era un ragazzo di successo, brillante e lo stimavo molto ma in passato aveva più volte dato prova di essere una persona egocentrica, oserei dire quasi megalomane... non c'erano dubbi, mi avrebbe fatto a brandelli.
"Studio tutto il giorno, non ho il tempo di lavorare" risposi senza dilungarmi troppo.
"Lo troverai e quando non ne avrai più nemmeno per una doccia allora, e solo allora, mi capirai e tornerai in te"
Guardai mia madre in cerca di un alleato ma lei ricambiò come per dire "fa uno sforzo". Non riuscivo a dirle di no, era sempre stata il mio punto debole e lo sapeva bene. Sentendomi quasi tradito mi rivolsi verso mio padre puntandogli il dito contro a mo' di sfida. "Vuoi la guerra?" pensai.
"Va bene" dissi semplicemente. Rimase stupito dalle mie parole. Poche e dirette. Subito dopo uscii dalla stanza sbattendomi la porta alle spalle. Non erano bastati tutti i momenti di silenzio, di solitudine, di rabbia, no... Non mi aveva visto crescere ma pretendeva di vedermi diventare uomo, quel tipo d'uomo sempre impegnato, in perenne viaggio, sbattuto da un paese all'altro, che non ha mai un momento per nessuno se non per sé stesso o per i suoi clienti. Quel tipo d'uomo che era lui. Vedrai quanto lavorerò papà, eccome se lo vedrai. Vedrai che figlio devoto sarò.
Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto!
Mi farebbe piacere sentire i vostri commenti al riguardo.
A breve completerò il secondo e lo pubblicherò...
... Pronti ad entrare nel vivo?
xoxo GiorgiaB. <3
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E se parlassimo del presente?
RomanceLui è un ragazzo intelligente e studioso, sa spassarsela e a detta di chi lo conosce sa come come conquistare le donne. La maschera da bravo studente nasconde però un passato complesso, fatto di assenze e mancanze. Lei è una di quelle ragazze cresci...