Capitolo I

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La macchina si ferma a pochi metri da una sontuosissima villa degna del Palladio, con tanto di piscine zampillanti sparse qua e là nell' enorme giardino. La villa è immersa nel silenzio e nel buio della notte. Iago accosta in modo da avere una perfetta visione dell'edificio e, nel contempo, riusciamo a rimanere nascosti con l'autovettura tra le ombre scure degli alberi che circondano la zona limitrofa della villa. Con il portatile poggiato sulle gambe, faccio un cenno con la testa al mio capo.

«Fermati qui. Da questo punto riesco a intercettare il segnale»

«Riesci a disattivarli già da qui?»

Annuisco convinta.

Iago mi guarda sottecchi, scettico, ma decide di fidarsi e di fermare definitivamente l'auto nel punto in cui siamo. Dopo pochi minuti, durante i quali smanetto freneticamente sulla tastiera del mio computer gli dico:

«Ci siamo. Gli allarmi sono stati completamente disconnessi»

«Sei sicura? Non mi sembra un buon posto questo» risponde lui arricciandosi i baffi titubante.

«Assolutamente sì. Cos'è non ti fidi più?»

«Faresti bene a fare meno la spiritosa, ragazzina e a pregare che stanotte fili tutto liscio grazie ai tuoi giochetti»

Sospiro e nella mia mente conto i minuti che mi restano da condividere con quest'uomo per poi sparire dalla sua vista per sempre. Un ultimo colpo e il mio debito sarà definitivamente estinto. Un ultimo, grande atto di delinquenza e sarò di nuovo libera. Non vedo l'ora che sia l'alba: bramo i minuti che ci separano dalla fuga con la refurtiva.

«Allora chiamo gli altri e andiamo» la voce di Iago mi riscuote dai miei pensieri.

«Uhm, si certo. Andate. Io vi aspetto qui come stabilito»

«Mi raccomando, appena arriviamo, schiaccia quel maledetto acceleratore»

Annuisco e salto al posto del guidatore, mentre lui si addentra quatto quatto verso la villa calandosi il passamontagna.

Come ha detto che si chiama? Ah. Villa Pence. É sicuramente roba grossa. Scommetto che domani ne parleranno tutti i giornali. Ironia della sorte: mi ritrovo a concludere la mia carriera criminale con un furto di diamanti in grande stile.

Picchietto le mani sul volante, mentre osservo i movimenti di Iago e i suoi scagnozzi che si preparano a saccheggiare la villa. Li vedo sparire inghiottiti dal buio giardino, mentre rimango lì seduta, in attesa di premere quel maledetto acceleratore.

💎

Iago sparge la refurtiva sul grande tavolo di un fatiscente scantinato. Devo ammettere che bottino è bello consistente, un colpo niente male: gioielli, banconote e una notevole quantità di diamanti.

Attorno al tavolo tutta la banda contempla il gruzzolo, tranne me, che resto in disparte a osservare disgustata. Provo disgusto sopratutto per me medesima, ovviamente, che mi sono ritrovata a condurre questa miserabile vita solo per tirare mia madre fuori dai guai.

Di giorno anonima studentessa, di notte ladra di diamanti. «Glow up pazzesco» lo definirebbero gli adolescenti su internet.

«Allora, posso andare?» esordisco ad un tratto, interrompendo i festeggiamenti entusiasti del branco.

Oswald, un membro della banda, alza gli occhi al cielo non appena mi sente: «Ragazza, è mai possibile che tu debba fare sempre la guasta feste?» dice scatenando l'ilarità generale. Gli lancio un'occhiataccia che lo zittisce all'istante e riprende a contare le banconote.

Siamo in sei: io, Iago il capo e la mente di ogni colpo, nonché il gestore di tutte le attività illegali della zona e i suoi scagnozzi: Oswald, Evan, Santiago e Margarita. Sbuffo irritata dal loro sghignazzare e mi rivolgo direttamente a Iago che si sta rollando il tabacco seduto su una sedia logora, con l'aria soddisfatta di uno che l'ha appena fatta grossa a una delle famiglie più ricche della città o almeno così dice lui. Nessuno sa bene chi siano questi Pence. Harnold Pence, il proprietario della sua omonima villa, si è trasferito qui da poco con la famiglia.

«Iago, posso andare via?» ripeto secca.

«Sai che sono un uomo di parola. Puoi andare, il tuo debito è a posto ragazzina» risponde alzando gli occhi, e poi, aggiunge beffardo: «Ovviamente fino a quando quella sgualdrina di tua madre non si caccerà di nuovo nei guai»

«Dubito accadrà» ribatto sprezzante ed esco fuori da quel postaccio sbattendo la porta, accompagnata dalle risate di scherno della banda.

Ho contribuito alla maggior parte delle rapine e dei furti degli ultimi mesi per colpa loro e l'ho fatto sotto ricatto, quindi, presumo di non essere stata la migliore compagnia, persino per quei delinquenti da quattro soldi. Credo che la mia uscita di scena sia stata un sollievo anche per loro.

Tuttavia, in quel gruppo di mediocri ladruncoli esiste una mente tanto diabolica quanto geniale: quella di Iago. Se ho fatto del mio meglio in questi ultimi anni è perché ho appreso in fretta e dal migliore. Non vado fiera di quello che ho dovuto fare per tirare aventi, ma come si dice? Impara l'arte e mettila da parte. Anche se è un vero peccato non poter aggiungere al mio curriculum vitae: "esperta in hackeraggio dei sistemi di sicurezza informatici, rapina a mano armata e furto con scasso". Tutte abilità apprese dal migliore tra i peggiori furfanti in circolazione: Iago Moles.

Arrivo a casa che l'alba sta già facendo capolino tra le serrande delle finestre. Esausta, mi butto sul divano. Quando sto quasi per assopirmi, senza neanche la forza di trascinarmi a letto, noto un bigliettino poggiato sul tavolino del mio salotto. La grafia con la quale è scritto è lampante, la riconosco subito: è da parte di mia madre. Con un slancio mi sporgo verso il tavolino e lo afferro. Il cuore perde un battito ad ogni riga che leggo:

Mia amatissima Olivia,

è finalmente finita e ti ringrazio. Ora sei finalmente libera e mai ti sarò grata abbastanza per il tuo sacrificio, per la vita e le opportunità che hai sprecato in questi mesi e per il rischio che hai corso solo per tirarmi fuori dai guai. È per questo che deciso di renderti davvero libera questa notte. Adesso che sei finalmente al sicuro da Iago, è arrivato per me il momento di lasciare definitivamente questa casa e questa città. Sento l'esigenza di ricominciare altrove e so che devo farlo da sola, non posso più permettermi di trascinarti negli abissi con me.

Mi mancherai tantissimo.

Sappi che se non avessi avuto la certezza assoluta del fatto che starai sicuramente meglio senza tua madre, ti avrei portata con me. Non ti chiedo di perdonarmi, so che non lo farai. Ti chiedo solo di prenderti cura di Claire. Te la caverai.

La peggiore della madri, la tua.

Sento gli occhi che si riempiono di lacrime e la rabbia crescere, salire e riempirmi totalmente. Accartoccio il biglietto di mia madre e lo lancio via, mi alzo e corro su per le scale, diretta verso la sua camera da letto – non può essere vero, dannazione! — penso con rabbia, mentre il rumore sordo dei miei passi mi accompagna per tutta la mia frenetica corsa lungo le scale e il corridoio. Quando spalanco la porta della camera mi si palesa davanti l'amara verità: le ante dell'armadio sono spalancate e mostrano le grucce appese e vuote, i cassetti sono aperti e completamente svuotati. È andata via veramente.

La realtà mi assale e mi colpisce come un pugnale allo stomaco. Mi appoggio allo stipite della porta e mi lascio scivolare a terra, con le lacrime cominciano a sgorgare veloci e mi ritrovo a singhiozzare seduta per terra, in una camera svuotata, sentendomi l'essere più solo al mondo.

OLIVIA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora