Capitolo XVI

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Olivia

Non sono capace di muovere nessuna delle mie fibre muscolari, sono paralizzata dal terrore. In una sorta di meccanismo di difesa, tiro a me le ginocchia, circondandole con le braccia e poggio il mento sopra le rotule. Non riconosco questo ragazzo che si sta lentamente avvicinando a me. Non è sua questa faccia impassibile, queste labbra strettamente serrate e la mascella immobilizzata in un'espressione dura. Non sono sue neppure le parole che mi ha appena rivolto.

Questo non è Connor. Questo è un perfetto sconosciuto.

La rabbia con la quale l'ho aggredito appena l'ho visto varcare la porta dello studio è stata soppiantata dalla terrificante consapevolezza di essere in pericolo: sa tutto.

«Chi sei?»

La più naturale delle domande, mi esce a mezza voce di bocca. Il ragazzo è in piedi, a pochi passi da me. Alla mia domanda apre la bocca, come per dire qualcosa, ma ci ripensa e la richiude subito, per poi darmi le spalle e trascinare una sedia al centro della stanza. Si ci accomoda e mi squadra minuziosamente da lontano, come se mi stesse osservando per la prima volta. La tensione tra noi taglia l'aria come un coltello.

«Olivia, Olivia...» esordisce, lasciandosi sfuggire un sospiro: «Cosa dovrei fare con te adesso?»

Ho un groppo in gola che m'impedisce di parlare. Le lacrime percorrono lente le mie guance, inarrestabili.

«Cosa ne sarà di me?» trovo il coraggio di chiedergli dopo un po'.

«Non saprei dirtelo neanche io a questo punto, Olivia» mi risponde, impassibile.

«Non sai nemmeno cosa ne sarà di me? Vuoi farmi credere che mi hai pedinata per mesi senza avere in mente un piano preciso? Ci sono le mie foto qui, le foto di mia sorella, della mia casa. Hai spiato e controllato tutta la mia vita. Voglio almeno una spiegazione!»

Non mi sono nemmeno accorta di aver alzato la voce. Ho la gola che mi brucia e il fiato corto a causa delle urla, ma Connor non è per niente turbato dalla mia reazione: «Certo che avevo un piano ma è andato tutto a puttane. Questo...» dice indicando prima me e poi lui con l'indice: «Non era previsto»

«Questo è una menzogna!» urlo, furente.

«Ti occorre per caso un aiuto per rammentare che anche tu non sei stata per nulla onesta con me?»

«Hai ragione, mi sarei dovuta presentare a te dicendoti: Ciao, lo sai che ti ho rapinato casa e nel tempo libero faccio la ladra per tirare a campare?» mi batto una mano sulla fronte con un gesto teatrale, per sottolineare l'assurdità del suo ragionamento.

«Non è questo, Olivia»

«Infatti non è questo» dico asciugandomi le guance con il dorso della mano, decisa a darmi un tono: «Perché tu, a differenza mia, sapevi perfettamente chi avevi davanti. Quindi sei anche peggio! Sei stato sleale, infimo»

Di tutta risposta, Connor si passa una mano tra i capelli indugiando ancora con lo sguardo su di me che, nel frattempo, mi sono alzata in piedi in preda al mio scatto d'ira.

«Non fare la santarellina, le conosco le persone come te. Io sarò anche infimo, ma tu rimani una delinquente» controbatte spietato.

«Chi sei?» ripropongo la domanda, facendo un passo verso di lui.

«Stai per caso sviando il discorso?»

«Rispondi»

«Mi chiamo Connor Atkins» mi risponde, lasciandomi senza fiato e parole.

«Cosa?» chiedo incredula, strabuzzando gli occhi dallo stupore.

Non è possibile.

«Hai sentito bene. Mi chiamo Connor Atkins. E sì Olivia, è vero che sono nato il sedici luglio» aggiunge, come se mi avesse appena letto nel pensiero.

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