7. Pietro?

24 2 2
                                    

Rimisi il telefono sul comodino e decisi di rispondere più tardi. Andai in doccia, lasciavo scorrere l'acqua bollente sul mio corpo, mi sentivo quasi bruciare, ma sapevo che avrebbe alleviato lo stress.

Mi asciugavo piano i capelli mossi e ingestibili che mi ritrovavo mentre pensavo a cosa avrei indossato quella sera. Mi dovevo vestire elegante? O casual? Ci sarà tanta gente? O sarà una cosa intima con gli amici più stretti? Se fosse stata tra amici più stretti non sarei stata invitata, non ci conosciamo nemmeno, abbiamo solo scambiato due parole.

Quella giornata passò velocemente, in mattinata avevo fatto qualche commissione, ero andata in banca a prelevare dei soldi, ero passata in una libreria lì vicino, che somigliava tanto a quella che aveva mia nonna, un posto intimo, tranquillo, dove ci si poteva rilassare e prendere un caffè, di cui l'odore si mischiava col quello dei libri, avevo pranzato con un panino veloce e nel pomeriggio ero andata a vedere una mostra fotografica con Stella.

<<Credo tu debba indossare quello nero>> disse indicandomi un vestitino da sera che avevo nell'armadio.
<<Non credi sia troppo elegante e.. corto?>> dissi facendole notare che arrivava appena sotto il sedere.
<< No, starai benissimo, hai le forme al punto giusto e da Lydia ci si veste sempre elegante>>

Appena indossato il vestito mi sentivo a disagio, non l'avevo mai indossato, mi faceva sentire scoperta, ma dovevo ammettere che mi stava davvero bene. Era un vestitino corto, senza maniche, con la schiena scoperta.

<<Ti sta da Dio, potresti mettere anche questi>> e mi allungò una collanina d'argento e due orecchini a forma di rombo dello stesso colore ma con dei brillantini, che si abbinavano perfettamente alle scarpe col tacco vertiginoso che avevo acquistato per un capriccio quella mattina.
<<Adesso vieni con me che ti aiuto a sistemare i capelli>>. La seguì nel bagno e mi fece sedere su una sedia che aveva preso dalla cucina e aveva piazzato davanti allo specchio. Mentre mi parlava un po' di novità sui suoi lavori, faceva dei boccoli con la piastra che poi lasciava scendere sulla schiena.

<<Ecco qui, principessina, manca solo un po' di trucco, rimani seduta>>. Mi passò la matita sotto l'occhio e il mascara sulle lunghe ciglia che avevo, accentuandole ancora di più, con un pennello largo mi passò il blush rosato sugli zigomi e poi un po' di illuminante liquido. Sulle labbra invece mi mise solo un po' di lucido con i brillantini, che ero consapevole sarebbe sparito di li a poco e avrebbe lasciato solo i brillantini. <<Ora sei perfetta>> aggiunse. La abbracciai per ringraziarla, stavamo legando veramente tanto.

Mentre Kristian mi apriva la porta del Suv per farmi scendere, dava le chiavi a un ragazzo con una divisa nera, un cappello dello stesso colore e un cartellino sulla giacca che ne indicava il nome. In che razza di paradiso mi trovavo? Un parcheggiatore? Ma scherziamo?
<<Lydia esagera sempre, non farci caso>> mi sussurrò dopo aver visto la mia faccia perplessa.

L'attico era pieno di gente, mi dovetti attaccare al braccio di Kristian per non perderlo e lui mi accennò un sorriso girandosi verso di me.
<<Andiamo a bere qualcosa>> disse urlando per farsi sentire, la musica era troppo alta e faticavo a sentirlo.

Mentre cercavamo di farci strada tra la gente, vedemmo Lydia venire verso di noi, con un vestito rosa lungo, che le stava veramente bene, che aveva abbinato a degli orecchini a ciondolo dorati e una coda alta, perfetta per i suoi lunghi capelli lisci. Ci abbracciò e iniziò a parlare con Kristian di un certo delinquente che si era intrufolato ed era stato portato fuori dalle guardie. Durante la loro chiacchierata io cercavo di guardarmi intorno, era un luogo lussuoso, con lampadari grandissimi di cristallo con delle gocce d'oro che scendevano da esso, dando un tocco di luce calda all'attico, e il soffitto dipinto a mano, probabilmente, ritraeva la scena di Icaro che si avvinò troppo al sole. Ero ammaliata da tutta quella ricchezza.

Tra la 'folla' notai un volto familiare. 'Pietro? Che diavolo ci fa qui?' .
Kristian mi guardò con aria interrogativa, notando che stavo guardando qualcuno e nel momento in cui mi rigirai per guardare meglio, quel ragazzo non c'era più. Forse sarà la mancanza di casa? Me lo sarò immaginato, la gente è tanta e l'immaginazione gioca brutti scherzi.

<<Prendiamo qualcosa da bere e andiamo a prendere un po' d'aria? Ti va?>> urlai nell'orecchio di Kristian, che mi prese per mano.
Ci avvicinammo al bancone e ordinò due gin lemon. Dopo avermene dato uno, mi riprese la mano e mi portò sulla terrazza.

<<Stai bene?>> disse preoccupato mente mi accarezzava una guancia.
<<Si, c'era troppa gente, volevo solo prendere una boccata d'aria>> sorrise.
<<Fumi?>> accennò dopo aver preso una sigaretta, mentre mi porgeva il pacchetto. Scossi la testa. Sorrise.

Mentre fumava, ripensai a Pietro. Ero stata con lui quasi due anni.
Quando avevo 16 anni ero innamorata pazza di lui, che era un po' più grande, aveva 18 anni e lo ammiravo mentre passava nei corridoi della scuola. Indossava sempre jeans larghi e camicette, con fare un po' indie.
Finché un giorno, si fermò all'uscita, mi aspettò e decise di farsi avanti chiedendomi di uscire la sera stessa. Da lì eravamo diventati inseparabili. Aveva i capelli ricci, gli occhi color ambra, alto e magro, non era il tipo da palestra, preferiva fare lunghe passeggiate con me nel verde. La storia non era finita così bene.

<<Cosa guardi?>> disse portandomi sul pianeta terra. Scossi la testa e sorrisi.
<<Non riuscirei mai a vivere così>> risposi ammirando il panorama che dava su Milano.
<<Che intendi dire?>> chiese curioso.
<<Insomma, guardati intorno, per carità, deve essere fantastico vivere qui, ma mi mancherebbe passeggiare nel verde, l'aria pulita, la poca gente di paese>> mi guardava e sorrideva.
<<Hai ragione, ma te sogni troppo, ora vieni, andiamo a prendere qualcos'altro da bere e ti presento qualche amico>>

*ore 4:20*
Mentre barcollavo in cerca di un bagno, Kristian mi seguiva, come se fosse il mio baby-sitter.

<<Non c'è bisogno che tu venga con me!>> Sbottai verso di lui, che rise e mi prese al volo mentre stavo inciampando sui miei stessi piedi.
<<Menomale che reggo l'alcool meglio di te, altrimenti penso che saremmo rimasti qui a dormire>> si avvicinò al lavandino e mi mise un po' di acqua fredda sulle guance.
<<Ora vieni con me, andiamo a casa>> annunciò.

Non avevo per niente voglia di parlare. Durante il tragitto in macchina chiusi gli occhi e li riaprì soltanto quando Kristian cercò di prendermi in braccio nel parcheggio del dormitorio.
<<Posso camminare da sola>> dissi quasi sussurrando, senza però muovermi, facendo capire che in realtà non c'è l'avrei fatta.
Mi portò in braccio fino all'appartamento, prese le chiavi dalla mia pochette e mi stese sul letto nella mia camera.

<<Grazie>> sussurrai, mentre poggiavo la testa sul cuscino.
<<Aspetta che ti aiuto a mettere qualcosa addosso, così dormirai più comoda, non muoverti>> disse, come se ne avessi le forze.

Mi tirò sù a sedere, togliendomi il vestitino dalla testa, lasciandomi con solo gli slip addosso. Non avevo nemmeno le forze di coprirmi il seno nudo, ma lui non mi guardò nemmeno. 'Magari è gay!' disse la mia vocina, punzecchiandomi.
Mi infilò piano, prima una mano poi l'altra, nella felpa larga, probabilmente quella grigia che uso come pigiama e mi tolse le scarpe col tacco, per poi metterle davanti al letto. Mi fece stendere e mi rimboccò le coperte.

Lo sentì stendersi dietro di me, sopra le coperte, per poi crollare nel sonno.

Solo con te!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora