Capitolo 3

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17° Compleanno

Merlin compie ventun anni e, per la prima volta in vita sua, si sente completamente al sicuro.
Perché non deve temere che Arthur stia per travolgerlo con una delle sue trovate.
Nessuna festa quest'anno. Nessun regalo sopra le righe. Nessuna sorpresa "alla Arthur".
Perché Merlin quest'anno ha espresso il desiderio di riprendere dopo tanto la loro tradizione, ed ha fatto giurare ad Arthur di attenersi alle regole, senza trovate improvvisate o complotti dell'ultimo minuto.
Un weekend insieme, solo loro due, nella casa sul lago che è stata il rifugio della loro giovinezza.
Merlin non è troppo sicuro del perché abbia voluto tornarvi.
Forse perché di lì ad un anno avranno entrambi finito l'università e Merlin non sa con esattezza cosa ne sarà di loro. Non sa neanche se vivranno più insieme, perché ci sono buone probabilità che, appena dopo la laurea, Arthur venga mandato da suo padre a fare pratica nello studio di New York, mentre Merlin resterà a Londra a cercarsi un lavoro, un lavoro che gli consenta finalmente di guadagnare abbastanza da poter un giorno partire anche lui.
Ed allora non ci sarà più tempo per la casa sul lago, o per i compleanni di Merlin.
Lui e Arthur si ritroveranno per la prima volta lontani.
Ed anche se Merlin cerca di non pensarci, la sola idea rischia di farlo impazzire.
Ecco dunque spiegato quel viaggio.
È il suo modo per lasciarlo andare.
Per essere pronto a dirgli addio quando arriverà davvero il momento.

Sono arrivati alla casa sul lago il giorno precedente e durante quei due giorni tutto è stato esattamente come una volta.
Come prima di Gwen e dell'università e del loro vivere insieme.
Come quando avevano dodici anni e Merlin poteva guardare Arthur negli occhi senza sentirsi tremendamente in colpa.
Per quel weekend hanno entrambi accettato di lasciare le loro vite in stand-by: Arthur ha spento il cellulare, rischiando di incorrere nell'ira di suo padre, e Merlin ha lasciato a casa il suo ultimo saggio, scritto solo per metà, la cui data di consegna è pericolosamente vicina.
Però Merlin non ci pensa.
Perché questa per loro due sarà l'ultima volta, e allora cosa può esserci di più importante?

Hanno passato le mattine a poltrire ed i pomeriggi a pescare, e per l'ultima sera hanno allestito un piccolo barbecue in cui hanno arrostito il pesce che sono riusciti di giorno a catturare.
Beh... Che Arthur è riuscito a catturare. Merlin non è mai stato bravo con la canna da pesca.
Poi, quasi di comune accordo, si sono incamminati verso la radura, passeggiando l'uno accanto all'altro, le mani in tasca, spintonandosi piano, con i gomiti, quando nel camminare finivano per sfiorarsi.
Come due ragazzini.
Arrivati alla radura si sono seduti vicini, le braccia strette intorno alle ginocchia, il rumore del lago a lambire il silenzio, quel silenzio che tra loro non ha mai avuto bisogno di perché.
Il volto di Arthur ora è sereno, sereno come solo su quelle sponde può diventare.
Merlin sa che vi sono insenature molto più belle nascoste tra le pieghe del lago, però la mamma di Arthur ha amato quel luogo, e quindi questo basta a renderlo speciale.
Merlin sa anche che di tanto in tanto Arthur torna alla radura da solo.
Di solito quando si sente particolarmente insicuro o ha bisogno di pensare.
Perché Arthur ha sempre creduto che se avesse ascoltato con molta attenzione, in qualche modo sua madre sarebbe sempre arrivata a consigliarlo, e che una decisione presa su quelle sponde non avrebbe potuto rivelarsi sbagliata.
Merlin ora vorrebbe che questo valesse anche per lui.
Che la mamma di Arthur avesse un consiglio da dargli, in modo da non dover più affrontare ogni scelta da solo.
Perché Merlin non ha mai parlato con nessuno di ciò che prova.
Ed ora, sotto quel cielo così familiare, d'un tratto quell'amore taciuto, nascosto, sembra esplodergli sotto la pelle, e forse sarà l'aria della notte o il peso dei settecento giorni in cui hanno vissuto insieme... Ma mentre è steso accanto ad Arthur, ad un braccio di distanza da lui, senza riuscire a tollerarlo e soffrendo la sua vicinanza come se potesse davvero fargli male, Merlin si rende finalmente conto che quell'amore non andrà più via, che gli resterà impresso addosso per sempre, come un macchia indelebile, come un ricordo, anche quando Arthur sarà dall'altra parte del mare e lui non potrà più vederlo ridere.
- Sei silenzioso stasera. –
La voce di Arthur gli arriva addosso leggera, come un'increspatura del lago.
- Allora, è questo il compleanno che desideravi? –
Strano.
Vivendo con Arthur da due anni, Merlin ha ormai imparato con una discreta abilità a non lasciarsi sorprendere e a mascherare ciò che prova. È stata un'arte necessaria da apprendere. Indispensabile, per non farsi cogliere ad osservarlo come un ebete sui cereali del mattino, quando Arthur ha quell'aria un po' assonnata che gli sta così bene, o per fingere indifferenza quella volta su mille in cui Merlin decide di cucinare ed Arthur  gli si avvicina di soppiatto, e si diverte a sbirciare sopra la sua spalla, curioso, per vedere che sta combinando, rischiando di fargli bruciare tutto... Perché Arthur ha sempre un odore così buono, e Merlin vorrebbe ogni volta solo voltarsi e baciarlo, e scordarsi della cena, e del fuoco acceso, e della ragione.
Ecco perché lo stupisce scoprirsi con un groppo in gola mentre cerca di rispondergli un semplice sì.
- Certo che era quello che volevo! È stata una mia idea, no? –
- Però non sembra sai? Dovresti vederti! Hai la stessa faccia di quel giorno all'asilo, quando tutti ti avevano messo in disparte, ricordi? E tu stavi bene attento ad evitare lo sguardo di chiunque, perché non volevi che ti vedessero piangere. Non eri molto bravo però, si vedeva lontano un miglio che eri infelice. Tuttavia è stato un bene che sia andata così: se non avessi pianto, quel giorno, forse noi due non ci saremmo conosciuti... Ci hai mai pensato? –
- Ho sempre saputo che avrei pagato care quelle lacrime! – Gli risponde Merlin, sorridendo, lo sguardo ancora rivolto alla notte.
Arthur però non si lascia distrarre.
- Allora forza, sputa il rospo, perché sei così triste? Qui non siamo all'asilo e non c'è un branco di saputelli che ce l'ha con te, qui ci sono solo io, eppure non riesci a guardare neanche me. –
Come possa un somaro come Arthur essere così perspicace, Merlin non se lo spiega. Buon per lui comunque, forse diverrà davvero un buon avvocato.
Merlin decide di rispondergli. E di rispondergli la verità. Beh, una parte...
- È che stavo pensando che questa potrebbe essere l'ultima volta. Noi due, questa casa, la nostra tradizione... In futuro potrebbe essere difficile riuscire a tornare qui insieme... Mr. "Sto per diventare un importante avvocato di New York". –
- Oh, senti chi parla Mr. "Non vedo l'ora di partire per il mio viaggio intorno al mondo!"... –
- Touché... – Gli dice Merlin, la voce dolce, un po' colpevole. Non ha mai pensato che Arthur potesse sentirsi ferito dal suo desiderio di partire. Ecco perché si sente in dovere di precisare: - Il mio viaggio al momento non è altro che un sogno... Sei tu quello che partirà... –
E avrebbe tanto voluto non suonare così amareggiato dicendolo.
- Sicuro di non poter chiedere a tuo padre di lasciarti fare il praticantato qui? Chi si occuperà di te a New York? Ho paura che già dopo una settimana tornerai piangendo alla mia porta... –
Non è la prima volta che scherzano così tra loro, perché quando parlano di New York, Merlin non può fare a meno di profetizzare rovina e sventure... E di chiedergli di restare.
- Una settimana? Non durerò tre giorni senza di te! – Gli risponde Arthur, e poi, facendosi improvvisamente serio aggiunge: - Io non voglio andarmene... Se potessi resterei. –
Ed il discorso si chiude sempre così, con un Arthur sinceramente dispiaciuto ed un Merlin che si sente una carogna nel fargli pesare quella grande opportunità.
Perché naturalmente Arthur DEVE partire. Così che New York possa innamorarsi di lui.
- Potresti venire con me... – Questa è nuova. - Potresti farmi da assistente! – E l'idea, chissà perché, sembra divertirlo un mondo...
- E passare tutto il giorno a correre su e giù per farti le commissioni, ventiquattro ore su ventiquattro sempre a tua disposizione? No grazie... – Ed è terribile che invece quell'idea non gli dispiaccia affatto. Dice sul serio? Vorrebbe davvero che lo seguisse a New York?
- Perché... Non lo fai già? –
Il sorriso di Arthur è anche troppo compiaciuto. Ebbene sì, può capitare che Merlin prenda i suoi messaggi, porti a lavare la sua macchina e ritiri le sue camice in tintoria... Ma è solo perché Arthur è sempre così impegnato, tra l'università e suo padre, mentre lui è già abbastanza avanti negli esami, e non c'è niente di male a dare una mano e ad essere gentile, dato che vivono insieme.
Arthur dovrebbe dire grazie, e non certo gongolare!
- Comunque penso che potresti aver ragione sai... Riguardo questo weekend. Potrebbe essere davvero l'ultima volta, almeno per un po'... – Aggiunge Arthur piano.
Ed è come se il pensiero l'avesse colto solo allora, ed in realtà è più che normale, perché non è assolutamente da Arthur preoccuparsi di quello che deve ancora venire.
Quindi Merlin lo vede aggrottare la fronte, come se quell'idea proprio non gli piacesse, e piegare la bocca in quella sua smorfia strana di quando deve mandar giù qualcosa che sa di non poter evitare, una smorfia buffa ma allo stesso tempo stoica, che risale a quando erano piccoli e la tata di Arthur lo costringeva a mangiare le verdure.
A Merlin è sempre piaciuta quell'espressione.
Perché è una delle cose che rendono Arthur... Arthur.
- Se così deve essere... Cerchiamo di far durare quest'ultimo viaggio il più a lungo possibile! Che ne dici? – Arthur è davvero incredibile. Mai che si lasci scoraggiare da nulla.
- Arthur... Noi partiamo domani. –
- Ma adesso siamo ancora qui no? – Gli risponde lui con un gran sorriso.
Disarmato come al solito dalle sue parole, Merlin lo guarda, lo guarda e basta, perché quando Arthur gli sorride così è davvero difficile fare altro. Guarda i suoi occhi luminosi, il suo sorriso che non vuole saperne mai di spegnersi, e sente d'amarlo come mai prima.
- Sì Arthur, adesso siamo ancora qui. –

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