Shin Soukoku

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*scusate, mi farebbe molto piacere se vi fermaste un attimo a leggere lo Spazio Autrice, grazie*

"Non puoi fare così!".
"Certo che posso. Non sei un cazzo di nessuno per dirmi cosa posso o non posso fare e non ho intenzione di perdere altro tempo con te che ragioni sulle tue strafottute etiche morali. Finiamo 'sto lavoro e in un paio di minuti potremo andarcene".
Cristo. Mi da sui nervi come pochi altri. Anzi lo odio proprio. Circa... credo che il mio più che altro sia la risposta all'odio che lui prova per me. Ma in ogni caso non ho alcuna intenzione di permettergli di lasciar morire gli ostaggi, tra cui anche una classe di bambini, per finire il lavoro il prima possibile. A volte mi chiedo se sia davvero umano.
Lo prendo per la manica della lunga giacca, girandolo verso di me.
"Non ti permettere di lasciarli morire così per un tuo capriccio. Solo perché questo caso crea problemi sia alla Port Mafia che all'Agenzia e per qualche inspiegabile ragione Dazai-san insiste per farci lavorare perennemente insieme non vuol dire che io sia qua per farmi mettere i piedi in testa da te. Men che meno se ci sono delle vite in gioco".

Sbuffa, piantando i suoi occhi argentei sui miei. Freddi e spietati, ma diversi da quelli di un pazzo. Sono occhi spenti, opachi, non brillano della voglia di uccidere come si potrebbe immaginare. Anzi, a volte sono quasi tristi...
"Quante volte devo ripetertelo che non me ne frega un cazzo? Sono qui solo per il bene della Port Mafia, quei civili possono anche andare a farsi fottere. Non prendo ordini da te Jinko". Sputa le ultime parole come se fossero veleno, le labbra chiare e screpolate strette tra loro, il mento alto e nessun ripensamento nei suoi occhi.
Ma sappiamo entrambi che sta mentendo. Sappiamo entrambi che devo solo dire una frase e farà come dico io, sono certo che sta pregando che io me ne dimentichi.

Mi passo le mani tra i capelli sospirando. Odio farlo. Odio rinfacciargli una cosa del genere, soprattutto perché quando lo faccio il dolore e la solitudine che lo hanno evidentemente accompagnato per tutta la vita si dipingono sul suo volto e mi si stringe il cuore a vederlo così.
Non voglio farlo soffrire, ma questa è una situazione che non posso ignorare.
"Ma davvero? Eppure sono certo che avessimo un accordo. Lasciarli morire così equivaleva ucciderli per me. E non credo che Dazai-san apprezzerà o rispetterà mai una persona pronta a far morire delle persone innocenti solo per poca voglia di fare. Noi all'Agenzia lavoriamo così e questo comprende anche Dazai, ovvero colui che ci ha lasciato questo incarico e si fida di noi. Non ho intenzioni di prendermi colpe che non ho, quindi fai pure. Sarai tu a spiegargli e a subirti le conseguenze di ciò che stai per fare".

Lo vedo chiaramente e mi viene da vomitare a questa vista. Per l'ennesima volta la sua determinazione e il suo cuore si distruggono davanti ai miei occhi, lasciando spazio a paura ed ansia. Posso sentire i pensieri che gli girano per la testa, che probabilmente gli stanno martellando l'anima in questo momento e mi vien da piangere, da chiedergli scusa, da abbracciarlo e da curare tutte le ferite che la vita gli ha inflitto...
Scuoto al testa liberandomi da questi pensieri. Maledetta empatia e maledette le nostre paranoie così simili. Se si parla di lui quando entro in certi discorsi sfocio sempre più verso... dio no.
"Io... io... ti spezzerò arto dopo arto Jinko, spera che questi sei mesi non passino mai. Ora andiamo, avevo comunque pensato a un piano che non comprendeva la morte di nessuno di loro se va bene".
"E allora perché diamine volevi lasciarli morire? Fa niente, lasciamo stare. Cos'hai pensato?".

Alla fine il piano non era niente di che, e grazie al Rashmon di Akutagawa riuscimmo a prendere tutte le informazioni che ci servivano dai criminali senza che nessun civile si ferisse gravemente. Certo, ci abbiamo messo un po' più del previsto, ma non è stato complicato.
"Forza. Riportiamo quello che abbiamo scoperto e potrai allontanarti il più possibile da me".

Continuo a camminare, senza aspettare l'arrivo di una risposta dal ragazzo dietro di me, ma il silenzio che si crea mi mette in allerta pochi passi dopo. Non che mi stia aspettando una sua risposta, ma il fatto che non arrivasse neanche uno sbuffo da lui mi fece preoccupare.
"Akutagawa?". Poco dietro di me continua a camminare col suo portamento altezzoso, nonostante fosse evidente che a ogni passo gli cedesse la gamba per qualche secondo.
"Che hai fatto? Sei ferito?". I suoi occhi argentei mi bloccano all'istante.
"Stai zitto Jinko, non è niente". Il suo ringhio viene interrotto da un piccolo gemito involontario che lo porta a piegarsi sulla gamba.
Non so bene cosa sto facendo, ma mi avvicino lentamente e altrettanto lentamente gli sposto le mani dalla ferita, come se fossi davanti ad un animale selvatico.
In effetti era solo un proiettile, ma sembrava essere penetrato troppo in fondo nella carne.

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