Prologo

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Da bambina capitava che in momenti di tristezza mi trovassi ad abbracciare gli alberi per quello che, all'occhio esterno, pareva essere un'eternità. Durante la pausa pranzo, i miei compagni di classe mi prendevano spesso in giro, pensavano che fosse uno strano modo di trascorrere il tempo, eppure a distanza di molti anni, le mie abitudini non erano per niente cambiate.                                                                                                                                                           
Tutto era nato dopo il secondo aborto della mamma, avevo sei anni quando le mie speranze furono distrutte e zero amici con cui trascorrere le giornate. L'arrivo di un pargoletto da poter amare, avere qualcuno con cui poter condividere la propria vita, sarebbe stato il coronamento di ciò che amavo definire essere una famiglia perfetta.
In fondo, sapevo bene che la perfezione non era altro che la creazione morbosa di coloro i quali volevano a tutti i costi aggrapparsi a qualcosa, e non impiegai molto a capire che il mio desiderio non rientrava tra i piani di Dio.

In età scolare la mancanza divenne in qualche modo più intensa e dolorosa, a tal punto che mi sentivo spesso inadatta e fuori luogo. Questo purtroppo non mi aveva aiutata nei rapporti sociali con gli altri miei coetanei che mi consideravano strana, diversa...

Fu proprio durante uno dei tanti pomeriggi passati a giocare da sola in giardino che mio padre mi sorprese regalandomi un seme di albero di acacia. Un regalo un po' insolito per una bambina che faceva fatica ad inserirsi, eppure da quel giorno compresi che l'amore per quella pianta, che, dal primo germoglio aveva preso il nome di Bear, era una delle poche certezze che la vita aveva deciso di donarmi.

Il fatto che mio padre avesse optato di regalarmi un albero, anziché adottare un cucciolo, non era stata una scelta insignificante, ma piuttosto l'essenza di un messaggio profondo, perpetuo ed a tratti etereo che non tutti avrebbero compreso. Il seme, una volta divenuto albero era la dimostrazione della vita che non viene interrotta, il simbolo per eccellenza della vittoria della vita sulla morte stessa.

"Lili, d'ora in poi dovrai essere tu a prenderti cura di Bear, proprio come farebbe una sorella maggiore, dovrai essere attenta e responsabile, ma soprattutto assicurarti che riceva tutte le attenzioni di cui ha bisogno. Le tue cure gli permetteranno di piantare delle radici profonde che gli consentiranno di crescere e fortificarsi, proprio come farai anche tu. Abbraccialo tutte le volte che puoi, fagli sentire il tuo amore, e ti prometto che lui farà lo stesso con te, sarà pronto a confortarti quando ti sentirai giù di morale."

A distanza di anni, quella scena era rimasta incastonata nella mia mente, come un nitido ed eterno ricordo dalla quale non mi sarei mai più separata. Ero molto grata ai miei genitori per tutto quello che avevano fatto per me, non erano mai stati banali e pur vivendo periodi delicati e dolorosi avevano scelto di mettere la mia felicità al primo posto.

Crescendo poi, avevo imparato ad accettare ciò che il destino aveva in serbo per me e con gli anni ero riuscita anche ad instaurare svariate amicizie, ma soprattutto a trovare quell'affetto fraterno e inaspettato, oltre che in Bear, anche nella mia migliore amica, una delle poche bambine che all'epoca non mi considerava stramba.

«L'ultimo saluto prima della partenza?» chiesero simultaneamente i miei genitori sbucando dalla porta della veranda.  

Annuii con un sorriso forzato, quasi nostalgico. Senza il bisogno di aggiungere altro, li vidi avvicinarsi e stendersi sul prato accanto a me. In quell'attimo realizzai che le parole di mio padre, pronunciate tredici anni prima, si erano rivelate profetiche: Bear sarebbe stato l'unico che non mi avrebbe mai voltato le spalle.

«Non riesco ancora a credere che domani non sarai più qui.» ammise mia madre in un sussurro.

Dal suo sguardo intuii che stava provando a trattenersi pur di non piangere, sapevo che non voleva mostrarsi triste di fronte a me, anche se oramai era noto a tutti che tra i tre quella più melodrammatica fosse proprio lei.

«Tesoro, non incominciamo con questi discorsi infelici, così le farai cambiare idea ancor prima di partire.» la rimproverò bonariamente mio padre. «E poi sono sicuro che verrà a trovarci più spesso di quanto immagini.» aggiunse infine accarezzandole la mano.

Lei arricciò con il naso. «Lo so, lo so. Stavo solo facendo una constatazione.» disse mostrando le mani in segno di innocenza. «È che mi preoccupo per lei.» rivelò con una scrollata di spalle.

«Oh mamma, vieni qui!» esclamai allargando le braccia nella sua direzione. «Papà ha ragione, verrò a trovarvi tutte le volte che posso, e poi non mi trasferisco mica nell'altro capo del mondo.» asserii abbracciandola con forza.

«Loraine, lasciala un po' anche a me, in fondo è pur sempre la mia piccolina.» piagnucolò mio padre.

Scossi la testa e gli occhi mi si riempirono di lacrime. «Venite tutti e due qui, vi voglio tanto bene e mi mancherete!» dissi sul punto di piangere.

Il legame che ci univa era una delle tante cose di cui andavo fiera, sarebbe scontato pensarlo, eppure non tutti avevano avuto la mia stessa fortuna.                                                             

Stesi sul morbido ed umido manto verde, l'uno di fianco all'altro, avevamo assistito al saluto del sole che discreto lasciava spazio alla luna, la quale era già pronta ad illuminare quella magica ed eterna notte di fine estate. Rimanemmo seduti a raccontarci aneddoti di famiglia e a ridere a crepapelle fino a quando mio padre, oramai stanco, aveva deciso che era arrivata l'ora per lui di andare a dormire.

«Tutto questo mi mancherà.» ammisi indicando lo spazio che mi circondava. «Non so cosa mi capiterà o chi incontrerò, ed ammetto che la cosa mi preoccupa parecchio.»  ammisi osservando il cielo.

Mia madre si schiarì la voce e avvolse il suo braccio attorno le mie spalle. «Figlia mia, capisco cosa provi e so perfettamente quanto tu abbia sofferto nell'ultimo anno. Ma tesoro, le persone non sono tutte uguali.» disse tenendomi stretta.

Annuii e chiusi gli occhi, senza trovare il coraggio di aggiungere altro, perché in fondo speravo che fosse davvero così. Tra sospiri silenziosi e singhiozzi sospesi, mi lasciai cullare dalle sue braccia come quando ero bambina, approfittando di quel magico momento di cui ci eravamo ritrovate ad essere le protagoniste. Prorompenti lacrime calde mi rigarono il viso, rivelando debolezze inconfessate e dolorose che a lei non ero in grado di nascondere.

«Arriverà il giorno in cui anche tu ti innamorerai di nuovo. Quando questo accadrà non chiudere le porte del tuo cuore. Non arrenderti. Cerca l'amore.»

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