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Allontanarsi da ciò che più mi aveva ferito non voleva dire necessariamente trovare pace. Questo lo avevo capito quando mi ero ritrovata a trascorrere il fine settimana completamente sola, in una fredda e soffocante stanza di un dormitorio studentesco qualunque.

Mi ero resa conto che per l'ennesima volta i miei genitori avevano avuto ragione. Mi conoscevano meglio di quanto forse conoscessi me stessa, e sapevano che cambiare città non mi avrebbe aiutata se prima non avessi chiuso definitivamente con il passato.
Durante quei giorni lontana da casa avevano provato invano a ripetermelo, sperando che riuscissi finalmente a capire.

Avevo ingenuamente pensato che scappare da quell'ignobile dolore fosse l'unica soluzione per poter finalmente porre fine a quella spiacevole storia una volta per tutte. Mi sbagliavo. Mi ero sbagliata su tante cose, ed era davvero difficile ammetterlo, soprattutto per una come me che non riusciva nemmeno a perdonarsi. Inseguire morbosamente la felicità quando non si è pronti pronta ad accoglierla era da incoerenti, oltre che da masochisti. Ed io me ne ero resa conto troppo tardi.

Quei giorni in completa solitudine mi avevano fatto riflettere e capire che quell'atteggiamento autodistruttivo che mi ostinavo ad avere, avrebbe finito per massacrare anche l'ultima parte di speranza rimasta faticosamente in vita.
Sapevo fin troppo bene che non sarebbe stato facile, né tantomeno istantaneo, ma se c'era una cosa che dovevo a me stessa era proprio quella. Il perdono.                                       

Avevo scelto di iniziare a perdonarmi proprio quel grigio martedì mattina, mentre accovacciata sul letto riguardavo uno degli episodi di The Cosby Show.

Quel pomeriggio avrei avuto lezione del corso di Forme Letterarie di Rappresentazione insieme a Karen, con la quale mi ero accordata anticipatamente di incontrarci in cortile. Nel fine settimana in cui era rimasta a dormire da Henry, Karen aveva continuato a scrivermi tutti i giorni e dovetti ammettere che la sua compagnia mi era molto mancata. Lei era un uragano di energia e positività che apprezzavo più di quanto forse riuscissi a dimostrarle.

Arrivai nel cortile dell'università venti minuti prima dell'inizio delle lezioni. Dal primo momento in cui ci avevo messo piede, avevo immediatamente capito che quello sarebbe diventato il mio posto preferito. Uno spazio sufficientemente grande da contenere la miriade di studenti che vi circolavano, ricoperto da meravigliosi e profumati alberi di pino che sedevano maestosi ai piedi di vecchie e consumate panchine in legno.

In lontananza vidi Karen farmi cenno di avvicinarmi, perciò mi affrettai a raggiungerla sgomitando come una matta tra la calca di studenti. La figura malinconica che però mi si presentò davanti, era ben diversa rispetto a quella che avevo visto neanche tre giorni prima. 

«Non puoi immaginare quanto sia felice di vederti.» disse abbracciandomi fortemente.

Ricambiai l'abbraccio immediatamente, e in quell'attimo percepii come se entrambe ne avessimo bisogno. «Mi sei mancata anche tu.» feci una pausa, poi ripresi «Ti va di dirmi cosa è successo?» chiesi cercando di mantenere un basso livello di allarmismo.

«Oh, è così evidente?» domandò lei in un sussurro.
Sorrisi debolmente. «Beh, niente che un po' di correttore non possa sistemare.» risposi cercando di rallegrarle il morale, poi aggiunsi: «Se mai dovessi avere bisogno di una spalla su cui poggiarti sappi che puoi sempre usare la mia.» ammisi sorprendendo più me stessa che lei.

Karen sospirò e con il torso della mano asciugò le lacrime ribelli che inumidivano il suo viso. «È per via di Henry, da qualche mese è più strano del solito, è come se mi nascondesse qualcosa. Lo sento spesso andare via a tarda notte e ritornare la mattina presto senza darmi alcuna spiegazione.» ammise portandosi le mani alle tempie.                                                                                                
Strabuzzai gli occhi incredula. Non avrei voluto metterci la mano sul fuoco, ma quel ragazzo non mi aveva mai pienamente convinta. Tuttavia, non lo conoscevo ancora bene e non sarebbe stato corretto sbilanciarmi, soprattutto di fronte a lei.

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