10. Segreti di famiglia

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I pensieri di Allison furono occupati completamente, per tutto il tempo trascorso insieme, dalle parole di Simon. Non riuscì a godersi niente, il vino, la compagnia, le risate, la spensieratezza: cosa mai aveva da dirle? Non erano mai stati due troppo inclini ai chiarimenti, preferivano lasciare che i problemi scivolassero sulle loro spalle lentamente, fin quando non riuscivano più ad evitarli, a girarsi dall'altra parte.

Lui non pareva troppo turbato, anzi, cercó invano, la californiana, di scorgere qualcosa nei suoi occhi neri, troppo profondi per chiunque. Alternava momenti di totale pazzia, ad attimi in cui si convinceva che non ci fosse niente di cui preoccuparsi, probabilmente era solo un modo per provocarla, sciocchezze.
Annuì quando le fu chiesto come avesse trovato il risotto, si rese conto che aveva riservato a Daphne una delle espressioni che solitamente mostrava ai propri genitori, quando era assorta in pensieri da mascherare con un finto cenno, per dimostrare un'attenzione che non esisteva.

Più che l'ansia, a divorarla era la curiosità, la pazienza non era mai stata una delle sue virtù, ma non le aveva neanche mai creato problemi di quel genere, troppo abituata ad avere tutto e subito.
Bevve l'ottimo vino rubato dalle riserve dei genitori degli Hastings dai loro figli fin quando non sentì la testa più leggera, i pensieri scivolarle meglio fuori dal petto.

Quando fu il momento di andarsene ebbe paura, una paura incredibilmente irragionevole, immotivata, insensata. Le venne in mente l'idea di svignarsela prima che Simon potesse offrirsi sul serio di riportarla a Brooklyn, avrebbe potuto inventarsi mille scuse, pur di non parlare. Una vera e propria tortura.

« Io riporto miss Whistledown a casa. »

« Allora non ti aspetto sveglia. » la sorella rise, a lei si aggiunse Anthony che probabilmente aveva pensato la stessa identica battuta, ma si era trattenuto per lasciarla all'amica.
Salirono in auto e ancora, Allison si pentì di non essere scappata.
Di cosa volevi parlarmi? Non avrebbe mai e poi mai iniziato un discorso di quel tipo, era curiosa ma ancora di più spaventata. Si rifugió con lo sguardo fuori dal finestrino, oltre il vetro, tra le strade vuote di New York.

« Allison vuoi— vuoi mettere un po' di musica? » per un attimo ce la stava facendo davvero.
Allison sentì l'ansia, non era curiosità, impazienza o paura, si trattava dell'angoscia più pura. Senza dire niente fece partire la radio, sintonizzata sulla stazione classica.

« Ascolti davvero questa roba? »
« Si, mi rilassa. »

« Svegliami se mi addormento. » risero insieme, ma si spensero presto. Cosa volevi dirmi?
Si sentiva solo il rumore forte del motore caldo, stava andando decisamente veloce, che si fosse pentito del briciolo di coraggio ritrovato? Allison si rilassó seguendo le note calme trasmesse dalla radio, il volume non era neanche troppo alto, cullava i pensieri assopiti dall'alcol.

Simon teneva lo sguardo fisso sulla strada, pareva volesse incendiare l'asfalto « vorrei parlarti di una cosa, in realtà. » poteva ancora fermarsi, ma non se lo sarebbe perdonato facilmente. « ci sto pensando da un po', non devi rispondermi subito, puoi anche non dire niente. » Allison rimase in silenzio, pietrificata sul sedile in pelle, una voragine le si aprì nello stomaco e le parve la stesse risucchiando piano.

A lui sudavano le mani, sul serio? Non ricordava un istante in cui non l'avesse visto ostentare una sicurezza quasi teatrale, importante seppur finta.
« Lo so che il nostro rapporto è sempre stato molto libero, peró mi sembra— » riprese fiato « diverso, da quando sei tornata, non so se sia così anche per te. » la lontananza aveva fatto capire al giovane scapolo quanto in realtà avesse bisogno di Allison più di qualsiasi altra ragazza, che le notti passate con lei non erano solo sesso, c'era qulcosa di più. « con le altre non è la stessa cosa. »
Davvero romantico, Hastings, citare le altre in mezzo ad una dichiarazione di qualcosa che vorrebbe essere simile all'amore, tutta sgangherata, alle due di notte.

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