Parte 2

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   La sala era un ampio spazio rettangolare con al centro un lungo tavolo circondato da un centinaio di sedie. A capotavola sedeva mio padre, diritto come un militare. Vedendolo l'avresti scambiato per un angelo, invece era tutt'altro uomo. I capelli dorati, gli occhi azzurri, il fisico perfetto. Ancora mi rifiuto di pensare di essere una sua copia in miniatura. <<Will, tuo zio ti ringrazia per avergli fatto vincere la scommessa. Secondo lui saresti arrivato solo dieci minuti in ritardo, io ho puntato sulle due ore, com'è tuo solito fare. Eppure mi stupisci una volta ancora>> la sua rigida voce mi penetrò nelle tempie come una freccia avvelenata. Le sue parole erano così per me, velenose. Come l'arma invisibile che aveva ucciso tutta la mia famiglia. Tutta, perché lui non ne faceva parte. Mi rifiutavo di pensare che quel mostro fosse nel mio albero genealogico, proprio accanto alla donna che mi aveva cresciuto. Ancora non riesco a credere come una rosa possa innamorarsi di un'erbaccia appassita. Ma non provavo rancore, perché il rancore è un sentimento e per lui non provavo nulla. <<Suvvia, siedi>>. <<Buongiorno, padre. Come state?>> cercai di rimanere impassibile. Mi sedetti a pochi posti da lui e invitai Lou a fare lo stesso. <<Come un bocciolo di rosa alle prime luci della primavera: raggiante. Oh, no. La servitù non può sedere a questo tavolo>>. <<Se non sotto invito, padre. E, di fatto, ho invitato questa ragazza a sedere con noi a questo tavolo>>. <<È inconcepibile! Sei fortunato a rimanere nel castello, non credi sia meglio stare al tuo posto per una volta?>>. <<Sono stato al mio posto fin troppo tempo, padre. Non intendo assecondare questa ingiustizia un attimo di più>> rimasi impassibile. Poi un brivido. Vidi mio padre urlare ma non lo sentii. Un fischio allucinante mi pugnalò i timpani. Poi il buio.

Quando ripresi coscienza ero in giardino, nel piccolo labirinto di cespugli dove giocavamo da bambini. Era incredibile pensare che fossero passati venti anni. Venti anni dalla morte di Bianca. Venti anni dall'arrivo di Nico. Venti anni. Un altro brivido. Un altro. Un altro ancora. Dopo pochi secondi iniziai a tremare. Le gambe cedettero, permisi a Lou di sorreggermi. <<Tutto bene, Nico?>>. Come mi aveva chiamato? Mi accorsi solo allora che era molto più piccola del normale, e anche io lo ero. Mi guardai le mani. Pallide e come scarnificate. Una forza mi attirò verso terra, impedendo a lei di continuare a tenermi. Un alone nero, come una macchia di pece, mi circondò investendomi. Non so precisamente cosa vidi poi. Scene di morte, una più brutale dell'altra. Nell'ultima scena mi sembrò di scorgere un volto conosciuto. Lunghi capelli scuri tinti di rosso, occhi scuri e brillanti spenti dalla volontà della morte, pelle pallida priva di vita. Avrei riconosciuto quel dolce viso dovunque: era Bianca. Poi tutto finì, i filmati della pena fecero spazio alla luce del Sole. Svenni sul letto d'erba mentre mia sorella mi correva incontro per soccorrermi.

Mi ritrovai nello stesso identico posto dove ero svenuto. <<Ti senti bene, Will?>> mi chiede, con uno spiraglio di terrore puro negli occhi. Mi alzai barcollando, cercando di nascondere nelle tasche le mani tremanti. La vidi alzarsi con la coda dell'occhio, ma la fermai subito <<Tu resta qui, mangia qualcosa. Nessuno oseràfermarti. Io starò bene>> lanciai un'ultima occhiata a mio padre, chericambiò ringhiando come un cane rabbioso, poi mi voltai e proseguii con passospedito verso l'ala sud del castello. Stanza Senza Luce, arrivo. 

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