CAPITOLO 1

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(Nella foto: Andres)

***
"Secondo voi è vivo?" chi è?

"Deve esserlo, altrimenti lo riporto in vita io a suon di pugni." non mi pare di riconoscere nessuno con queste voci.

"Smettetela voi due, se è morto vuol dire che era troppo debole e noi di deboli non ne abbiamo bisogno." okay però questa fa venire i brividi.

Il silenzio che sussegue tali parole mi fa subito capire che non sia stato l'unico a pensare all'inquietudine del tipo che possiede tale timbro.

Cerco di alzarmi ma con sgomento comprendo subito che il mio corpo non ha intenzione di muoversi. Al momento non riesco neppure ad aprire gli occhi e questo mi snerva parecchio.
Odio sentirmi impotente e sotto gli sguardi di questi tizi sconosciuti.

"Sì è svegliato?" oh fantastico ora le voci sono quattro.
Il suono di passi rimbomba nella mia testa e poi una sensazione di freddo mi invade le braccia.

"Non ancora. Ma siete sicuri che sia lui?"

"Così è come l'ha descritto Sharon. Inoltre quello che è successo ieri sera è un chiaro segno." Sharon? cos'è successo ieri sera? Ma sopratutto... 'Sharon'?!

"Spero per lui che si svegli pesto." e detto questo sento vari passi allontanarsi e le voci ovattarsi nella mia testa.

Sono andati via?
Ma dove?

Sospiro, riprovando a muovere il mio corpo, inutilmente.
Osservo l'oscurità, ripensando a quello successo prima di ritrovarmi qui.
Ricordo una ragazzina, una sfuriata ed un forte dolore. Ricordo il buio... no, non era buio, era nero. E c'erano due biglie rosse.

No.. non biglie, quelle erano occhi?

Sì, erano due invadenti occhi rossi.

Sobbalzo a sedere, riesco ancora a vedere quel colore così profondo dinanzi a me. I brividi mi scivolano lungo il corpo al pensiero e non riesco a far altro che stringermi le ginocchia al petto.
Ho freddo. Il fruscio del vento mi accarezza l'udito, ma non lo sento sfiorarmi la pelle.

Mi osservo attorno confuso e noto di essere in una stanza fin troppo conosciuta.
Sbatto diverse volte le palpebre, cercando di comprendere il motivo per cui mi trovo nella mia stanza nella casa in riva al mare e sopratutto di come ci sia arrivato sin qui.

Magari ieri ho bevuto troppo e inconsciamente ho camminato fino a qua.
Naaah impossibile, se avessi osato osservare troppo la bottiglia di alcohol probabilmente Avice mi avrebbe preso a calci nel didietro fino a logorarmelo del tutto.
Una cosa è certa, quel mobile in legno con su incise le iniziali del mio nome e con la maniglia sbilenca fa intendere che questo luogo sia davvero quello che io penso che sia. Inoltre la morbidezza del letto su cui sono sdraiato ed il casino, tra fogli e vestiti sparsi, sul pavimento e sulla scrivania, è palesemente composto da oggetti miei.

Sospirando mi passo le mani sul viso, sinceramente non ho idea di cosa mi sia successo ieri notte e non comprendo questo dolore al corpo ogni volta che muovo un muscolo.
Come ora che sto cercando di alzarmi, le gambe sembrano contrariate essendo che stanno cercando di farmi cadere in avanti.

Ma io non demordo e mi avvio a passo traballante verso la porta della stanza.
Chissà se saranno stati gli amici che non vedo da una vita a portarmi qui, ma non penso nemmeno che si ricordino di questo posto e tanto meno di me.

Dopo aver aperto la porta controllo che non ci sia nessuno nel corridoio prima di inoltrarmi lungo questo, la foca luce che entra dalle finestre mi illumina la via verso il soggiorno.
Mentre passo vicino ad esso, per poter andare in cucina, vengo distratto dal suono della televisione, voci che si parlano una sopra l'altra.
Queste subito cessano e mentre penso di essere stato beccato e quindi ad un modo per sgattaiolare via, una roca voce mi fa sobbalzare sul posto.

il richiamo del lupoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora