Capitolo 2

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Kyle


Sartori mi sorregge per un braccio mentre attraversiamo il ponte; non smette di ridere. «Sei proprio un mona, Arminio! Ti basta davvero qualche spritz corretto per finire così male?!»

Lo manderei volentieri a cagare ma senza il suo aiuto come tornerei a casa? «Non sono abituato a bere, contrariamente a te! Guarda che sono uno sportivo e che non p—» Per poco non inciampo ma il mio accompagnatore riesce a sorreggermi. Un conato di vomito mi assale.

«Sportivo? Tsk! Come se giocassi nell'Hellas! Non ricordo neanche più il nome della tua squadretta! E poi scusa, ma se è davvero così che cazzo ti è saltato in mente di devastarti in questa maniera?» Ci fermiamo sul marciapiede, semaforo rosso per i pedoni. «Svoltiamo sul Lungadige o andiamo dritti?»

«Quante volte devo ripeterti le stesse cose? Sei sordo o non mi ascolti? La testa mi esplode, basta parlare! Sempre dritto!» Alzare la voce mi costa un enorme sforzo ma almeno riesco a farlo stare zitto. Il semaforo si fa verde e possiamo proseguire. Arriviamo all'incrocio di Via San Vitale. Pizzico la spalla di Sartori. «Qui giriamo a sinistra.»

Il mio accompagnatore mi conduce fino al portone di casa. Mi adagia senza complimenti sul legno e mi mostra il dito medio. «La prossima volta che ti serve un compagno di bevute, prova almeno a essere più divertente!» Si allontana e riprende a ridere. «Ci si becca a lezione!»

Sbuffo, il peggio per stasera deve ancora venire. Suono al citofono, il tempo di un respiro e il portone viene aperto. Mi reggo con forza al corrimano per barcollare fino al primo piano. Mei è sul pianerottolo, l'espressione che ha in volto non promette nulla di buono.

«Si può sapere dove eri finito?! Ma cosa hai fatto finora?!»

La sua voce batte come un martello pneumatico nella mia testa. «Shhh! Per favore... ora ci sediamo con calma e ti spiego tutto.»

«Sarà meglio!» Rientra in casa.

La seguo con molta calma. Mi chiudo la porta alle spalle e la raggiungo in cucina. Con un profondo sospiro di sollievo, mi stravacco sul divano, di fianco a lei.

«Credo di averti chiamato almeno trenta volte! Carlo e Miriam volevano chiamare la polizia!» Gli occhi di Mei sono lucidi.

«Siete sempre i soliti apprensivi.» La testa va un po' meglio. «Davvero, sto bene. Volevo solo stare un po' da solo...»

«Da solo?! Il giorno del tuo compleanno?! Ma se ci hai sempre tenuto a fes—»

Sollevo la mano per carezzarle la guancia e prendo un altro sospiro. «Sì, ci ho sempre tenuto a festeggiarlo. Specialmente oggi, poi! Con la partita che ho domani sarebbe stato perfetto per distrarmi e allontanare la tensione ma...»

«Ma...?» La voce della mia splendida ragazza è un sussurro.

«Ma l'incubo che ho fatto ieri notte è tornato a disturbarmi, proprio oggi pomeriggio mentre ero a lezione! Era come se fossi lì, per la seconda volta, a correre in quella foresta...» Lancio uno sbuffo. «Era tutto così vivido. E ho pensato che bere un po' potesse essere un ottimo sistema per non pensarci. E beh, ha funzionato! Solo che ho perso completamente la cognizione del tempo e ho rimediato un mal di testa tremendo!»

«Forse dovresti provare a sentire tua madre. Magari potrebbe suggerirti un bravo medico col quale parlare e convincerti a non cercare un sollievo passeggero nell'alcool...» Mei prende la mia mano e la stringe sulla sua guancia.

«Mia madre?! Ma sei impazzita?! Dopo quello che ha detto di te?! Non ci parlo più con quella stronza razzista!» Il viso mi va a fuoco per la rabbia.

«Calmati, calmati.» Mi bacia la mano con dolcezza. «Se c'è una possibilità che possa aiutarti a stare meglio, fallo. Non pensare a me.»

Dio, quanto amo questa ragazza! «Ci penserò, ok? Vediamo come va stanotte e poi deciderò.»

Mi sorride. «Dormirai benissimo, vedrai. Domani mattina chiama Carlo e Miriam e scusati con loro!»

«Va bene, va bene!» Con grande fatica, mi sollevo dal divano. «Mi faccio una doccia e poi a nanna, ok?»

«Ok, ti aspetto a letto.» Si alza anche lei.

Mi dirigo in bagno barcollando e mi concedo una bella doccia fredda. Una zanzara rompiscatole mi ronza nell'orecchio, la scaccio con la mano e sollevo lo sguardo verso la finestra. Stasera la luna è grande in cielo. Un brivido glaciale mi scende lungo la schiena, meglio aumentare un po' la temperatura dell'acqua. Mi asciugo e indosso boxer e canotta. Raggiungo Mei e mi infilo sotto il lenzuolo.

La mia splendida ragazza mi abbraccia e si adagia sul mio petto. «Non farmi mai più spaventare così, ok?»

«Promesso.» Spengo la luce e le bacio la fronte. «Buonanotte.»

«Buonanotte.» Chiudo gli occhi.

Li riapro e per la terza volta sono in questa foresta sconosciuta. Il cielo è coperto da un manto di stelle e c'è solo silenzio. Un lungo ululato spezza la tranquillità della notte e io corro verso la fonte di quel richiamo.

Un lupo mi si affianca e corre insieme a me. Saltiamo un tronco orizzontale e la creatura mi rivolge una vera e propria linguaccia. Corre con maggiore impeto e mi lascia indietro.

Mi affanno ma non riesco ad acciuffarla. Giungiamo a un laghetto; le sue acque sono cristalline e al suo centro c'è un isolotto con un grosso albero che svetta, per metri e metri.

Dallo specchio d'acqua si solleva un'altra creatura: è una donna dalle fattezze affusolate, lunghissimi capelli biondi le coprono parte del volto e le scendono in basso fino alle parti intime; i suoi occhi sono di un grigio penetrante.

«Lo hai portato da me, finalmente.» La donna si rivolge al lupo e mi fa cenno di andare da lei. La sua voce è solenne, come quella di una regina abituata a comandare.

Non riesco a resistere e soprattutto non ne ho voglia. Mi avvicino e senza volerlo mi specchio nell'acqua: sono un lupo! Arresto i miei passi. La donna tende la mano verso di me.

«Vieni...»

***

Lancio un urlo. Mi sveglio madido di sudore. Mei è dalla parte opposta del letto, stringe il lenzuolo e si appoggia tremante al muro. Ha un livido rossastro all'altezza dell'occhio destro. Mi avvicino e l'abbraccio.
«Ma cosa è successo?!»

«Eri agitato e ti giravi nel letto...» La sua voce è un singhiozzo. «Ho tentato di calmarti ma all'improvviso hai aperto gli occhi e mi hai colpita! Non eri in te, Kyle!» Piange sul mio petto.

Ma come cazzo è successo? E perché non ricordo di averlo fatto?

«È tutta colpa di quel maledetto incubo!» La stringo ancora di più a me. «Giuro che farò di tutto per liberarmene! Ti prego, perdonami Mei!»

«Ti perdono» La sua mano sale sulla mia guancia e la carezza. «Ma dopo la partita di oggi parla con tua madre, ok?»

«Lo farò, non temere.»

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