Capitolo 5

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Marzia


Inginocchiata sul pavimento in pietra e col capo chino, fisso un punto nel vuoto davanti a me. Il mio corpo trema e per quanto mi sforzi, non riesco a frenarlo.

Passi appena percettibili fanno il loro ingresso all'interno della sala del trono, chiudo gli occhi e tiro un sospiro. Lei è qui.

Il legno del seggio cerimoniale scricchiola per un istante. «Potete alzarvi.» Dolce e allo stesso tempo imperiosa è la voce della Duchessa.

Faccio come mi è stato comandato.

«Messer Nunzio, hai recato con te un pesante fardello. Si tratta forse di un dono?»

Oso lanciare uno sguardo disperato verso il corpo ancora privo di sensi di Lillo. Ti prego Dio, fa che non mi chieda davvero di farlo!

«Così è, Vostra Grazia. Ed è da parte della vostra Scudiera e ospite.»

Un brivido gelido attraversa dall'alto verso il basso la mia spina dorsale. Ormai non posso più tirarmi indietro.

«Guardaci pure, bambina.»

La mia testa si alza di scatto come una molla. Gli occhi vitrei e amaranto della Duchessa sono nei miei.

«Sei cresciuta rispetto all'ultima volta che sei stata al nostro cospetto. Quanto tempo è passato?»

«Un anno, Vostra Grazia. Spero vi compiaccia ciò che è davanti ai vostri occhi.» Il mio tono è contenuto, né troppo alto né troppo basso. Come mi è stato insegnato a fare in tali occasioni.

«Così è, bambina. Così è.» Una tenue risatina illumina le labbra rosso carminio della padrona di casa, i suoi denti bianchissimi e soprattutto i canini pronunciati attraggono come un magnete il mio sguardo. «Dunque, giungi alla nostra presenza con un dono?»

«Sì, Vostra Grazia.» Dio, ora o mai più! Porta Lillo lontano di qui! «Una tenera pecorella dal nettare fresco e prelibato, come Vostra Grazia preferisce.»

«Invero, è un dono che ci è assai gradito. Portalo da noi.»

Chino di nuovo il capo, le lacrime cominciano a bagnarmi gli occhi ma riesco a trattenerle. Afferro il corpo e lo trascino. Tolgo la benda dalla spalla di Lillo e lo lascio innanzi alla Duchessa.

Lo artiglia con le sue dita lunghe e affusolate e lo morde.

Per un istante gli occhi del mio amico si aprono con uno sguardo che invoca aiuto. E io non posso darglielo.

Il corpo di Lillo perde il suo colore mediterraneo e sbianca davanti ai miei occhi. Le sue braccia ormai prive di vita pendono lungo i suoi fianchi. Il mio solo amico in questo inferno è morto. E Dio non è intervenuto...

«Davvero delizioso. Siamo in debito con te, bambina. Cosa possiamo fare per ricompensarti?»

Non resisto più!
«Lasciatemi tornare a casa, Vostra Grazia!»

«Come minchia ti permetti, picciotta?! Dimenticasti di fronte a chi ti trovi?!» Il bastardo ringhia alle mie spalle e perde tutto il suo falso contegno.

La Duchessa mi fissa con la tenerezza che si riserverebbe a una neonata. Le sue gote diafane ancora sporche del sangue del mio amico. «Messer Nunzio, lasciaci.»

I passi del porco riecheggiano. Lascia la sala con poche rabbiose falcate.

La Duchessa solleva il dito indice, indicando verso l'alto. Alzo lo sguardo. Sopra di noi ci sono il simbolo del suo casato, lo spicchio di luna a scacchi rivolto verso il basso su sfondo rosso e... quella gigantesca testa di lupo imbalsamata dal pelo grigio che tanto attirò la mia attenzione il giorno della mia presentazione alla Duchessa, cinque anni or sono.

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