«Malik?» - sento da lontano.
Spaventato, mi giro di spalle temendo fosse qualcuno.
«Malik? Ci sei?»
È Atsu che grida il mio nome da casa nostra. Aumento il passo per raggiungere subito mio fratello, sia per non farlo preoccupare, sia per impedirgli di vedere ciò che c'è attorno a noi. Camminando rapidamente il mio piede finisce in una piccola pozzanghera di sangue che non avevo proprio notato. Mi fermo e rabbrividisco.
Affondo il piede nella sabbia cercando di sbarazzarmi del problema rapidamente e ritorno in casa.
Atsu stava per uscire per controllare la situazione ma fortunatamente arrivo in tempo per impedire che potesse accadere. Rientro in casa e chiudo la porta, poi senza pensarci due volte mi inginocchio e abbraccio mio fratello.
«Malik ma cosa è successo?» - mi chiede Atsu con voce sottile.
Sono ancora scosso da tutto ciò che è successo, da ciò che ho appena visto e mi si legge facilmente sul volto. Decido, però, di riprendermi.
«Sono arrivati degli uomini malvagi che hanno fatto del male a delle persone»
Mi trovo in estrema difficoltà nel tentativo di spiegare a mio fratello cosa sia effettivamente successo.
«E che volevano da noi? E perché urlavano tutti?»
«Urlavano per paura» - rispondo con lo sguardo perso nel vuoto. Non riesco a rimuovere dalla mente quelle immagini. Scuoto la testa.
«E mamma e papà dove sono?»
Esito. Vorrei saperlo anche io.[...]
Sarà passata un'ora e mezza.
Sono seduto a terra con le spalle al muro. È da un po' che Atsu non parla. Si è avvicinato a Oba, prendendolo in braccio e portandolo sul divano per stare un po' con lui. Quando gli ho chiesto di non mettere il cane sul divano perché perde pelo non mi ha degnato di risposta né mi ha guardato, come se non avessi mai aperto bocca. Mi sta ignorando, non mi rivolge la parola e non riesco a capirne il motivo.
Eppure questo è l'ultimo dei miei problemi: ciò che davvero disturba la mia mente è tutto questo. Sembra di star vivendo in un sogno. Chi erano quegli uomini? Perché erano armati e perché sono venuti qui? Perché hanno ucciso tutti? Cosa abbiamo fatto di male? Non riesco a trovare risposta. Vedere con i miei occhi la brutale morte di Labaan e sua moglie è stato agghiacciante. Sparare alla pancia di quella donna e poi alla testa... Cosa aveva fatto di male? E cosa c'entrava quel bambino? Perché uccidere suo marito davanti ai suoi occhi? Non bastava come tortura?
Asciugo le lacrime che iniziano a manifestarsi senza farmi vedere da Atsu e tiro su con il naso.Dove sono mamma e papà? Perché non sono tornati ancora? È passato tanto tempo, non hanno mai fatto così tardi. È l'ora di punta e verso quest'orario papà era solitamente già a casa gli altri giorni. Non può fare così tardi. No, non può. Il sole splende forte, non è possibile che stia ancora lavorando. Nessuno riuscirebbe a resistere nell'esporsi per ore ad un sole così forte come quello di oggi mentre lavora. Che sia successo qualcosa anche a lui? No, impossibile! Che sia scappato? E ci ha lasciato così? Da soli? Le terre di papà non sono così tanto lontane, avrà sicuramente sentito il caos; qualsiasi persona sarebbe riuscita a sentire gli spari e quelle urla. Possibile che sia scappato per la paura? Lasciandoci davvero qui da soli?
E mamma? Solitamente ad ogni secchio riempito lo riporta a casa e poi ritorna al pozzo per riempirne altri. Ma non ha mai impiegato tutto questo tempo. Certo, il pozzo è abbastanza lontano da casa, il tragitto è abbastanza lungo, di sicuro più della distanza tra le terre di papà e casa nostra, ma per un viaggio non ha mai impiegato due ore. Si sarà stancata per il caldo? Magari ha riposato un po' durante il tragitto? O forse le è caduto il secchio ed è dovuta ritornare al pozzo perdendo così altro tempo? O forse nel ritorno ha assistito da lontano a tutto e per paura è scappata via? È lei che ci ha lasciati soli allora? Qual è la verità?
Dove sono mamma e papà?«Malik» - la voce di Atsu mi sveglia dai miei pensieri - «Ho sete»
«Sì, aspetta»
Mi alzo da terra e mi dirigo in cucina per prendere un po' d'acqua a mio fratello. Poco dopo mi fermo; penso: non abbiamo acqua.
Avevo rimosso il problema dalla mia testa. Inizio a cercarla in qualsiasi posto della casa: in cucina, in soggiorno, in camera da letto, nel bagno. Non c'è acqua.
Ritorno in soggiorno.
«Mi dispiace Atsu ma non c'è acqua»
«Ma io sto morendo di sete»
«Mi dispiace ma non ne trovato neanche un po' in avanzo»
Atsu mi guarda negli occhi per poi distogliere lo sguardo senza dire nulla. Si allontana. Lo raggiungo e mi inginocchio.
«Che stai facendo?» - gli chiedo per provare a distrarlo e per distrarre anche me stesso in attesa del ritorno di mamma e papà.
«Sto accarezzando Oba»
«Ricordi la prima volta che lo incontrammo?» - dico, accennando un sorriso e accarezzando il cane.
«Sì»
«Quanto tempo è passato! Sarà almeno un anno, vero?»
«Boh»
È così difficile.
«Ma tu gli vuoi bene?»
«Sì, tanto» - risponde - «E tu?»
«Certo, anche io gli voglio bene»
Atsu mi incastra il suo sguardo con il mio, poi seguita: «Anche Oba ha sete»
Lo guardo e resto in silenzio.
Volge poi gli occhi sulla porta di casa. Cambia espressione. È impaurito.
«Malik, Malik, Malik» - inizia ad agitarsi senza distogliere lo sguardo dalla porta. Non me ne ero reso conto.
«Cosa c'è? Che succede?» - mi preoccupo per il suo comportamento.
«La porta» - inizia a lacrimare.
Mi giro di sobbalzo. Non vedo nessuno.
«Nascondiamoci, ti prego» - inizia a piangere.
«Non piangere, resta in silenzio. Andiamo in camera da letto senza fare rumore. Hai visto qualcuno?»
«Sì, un'ombra» - dice, sempre più agitato.
Ci nascondiamo in camera da letto. Lascio la porta leggermente aperta per controllare. Ad un certo punto intravedo anch'io un'ombra tra la tenda.
«Nasconditi sotto al letto, sotto al letto» - ordino.
Continuo a controllare per capire se è stato uno sbaglio.
Inizio a tremare dalla paura.
Oba vede l'ombra ed inizia ad abbaiare contro la porta.
«Oba zitto, vieni qui»
Abbaia sempre di più ed io continuo a richiamarlo ma con sforzi vani. Provo in qualsiasi modo ma nulla: sembrerebbe essere impegnato ad abbaiare a quell'ombra.
Varco la porta della camera da letto senza pensarci due volte.
«Malik dove vai?»
Mi accovaccio e cammino in punta di piedi verso il soggiorno per recuperare Oba. Lo prendo in braccio e mi appresto a raggiungere Atsu.
Ma intanto la porta si apre di scatto.
Non posso fare nulla.
Stringo gli occhi.
Mamma.La porta si spalanca e incontro gli occhi impauriti di mia madre. Ho lo sguardo fisso su di lei, non riesco a smettere di guardarla.
Mi lacrimano gli occhi, vorrei piangere. Lascio andare il cane e corro da lei per abbracciarla fortissimo. Scoppio in un pianto isterico tra le sue dolci braccia. Si appresta a restare in silenzio, turbata, impaurita ma contenta di averci trovati sani e salvi.
«Atsu vieni qui» - urlo tra le lacrime - «Mamma è tornata»
La porta della camera da letto si spalanca in un attimo e il viso di quel dolce bambino cambia di espressività rapidamente. Sul suo volto si forma un grandissimo sorriso di gioia e tranquillità. Corre ad abbracciare la mamma.
Lei ci stringe a sé con tanto amore, facendo scorrere sul suo viso delle lacrime e baciando la nostra fronte.
Non è scappata. Non ci ha abbandonati. Mi sbagliavo.
«Come state?» - chiede mia madre con tono rotto - «Vi hanno fatto del male? Cosa è successo?»
«Ci siamo nascosti sotto al letto e non ci hanno visti» - risponde Atsu pacatamente.
«Sì, ci siamo nascosti lì mentre erano in casa, ma non hanno trovato nessuno e sono andati via» - aggiungo.
«E poi un signore ha ucciso uno scarafaggio proprio vicino a noi, ci siamo spaventati tantissimo» - ricorda Atsu.
«E tu dove sei stata?» - guardo dritto negli occhi di mamma.
«Non mi hanno permessa di ritornare al villaggio. Ci hanno rinchiusi in un posto per non correre rischi. Ho provato in tutti i modi a fuggire, ve lo giuro bambini, ma non ce l'ho fatta, non ce l'ho fatta» - l'espressione di mia madre cambia lentamente e si trasforma in un pianto lamentoso che esprime rassegna e vergogna - «Volevo raggiungervi perché sapevo che eravate soli in casa. Volevo stare con voi, rassicurarvi, prendermi cura di voi. È questo che una mamma dovrebbe fare ma non sono stata capace, per niente» - piange abbassando il capo.
Ed io l'avevo accusata di averci abbandonati...
«Mamma non fare così, hai provato a fare tutto. L'importante è che stiamo tutti bene» - Atsu tranquillizza nostra madre, la quale alza di scatto il capo con le lacrime che scorrono ancora sul suo bel viso.
«Dov'è vostro padre?»
Restiamo in silenzio.
«Non lo sappiamo» - rispondo dopo un po' guardando in basso.
La donna indietreggia con occhi lucidi ed esce di casa correndo verso le terre di papà, dietro casa. Decidiamo di seguirla.
Dopo circa due minuti di cammino a passo rapido siamo arrivati alle terre. Osserviamo i raccolti. Nostra madre inizia a disperarsi pensando al peggio.
Guardo il terreno. Qualcosa attira la mia attenzione; dopo una decina di passi, rallento e mi fermo, accovacciandomi per terra e osservando il terriccio: macchie di sangue.
Mia madre mi raggiunge subito.
«No, non può essere, no, no, no» - ripete, allontanandosi dal posto e andando verso il capannone degli attrezzi.
Continuo a fissare le macchie a terra, senza avere la forza di muovermi o di fiatare.
Ho già capito tutto.
«No, no, no, no, no» - urla mia madre in preda alla disperazione, piangendo e tentando di chiamare mio padre per svegliarlo.
Sforzi vani.
«Ras, Ras svegliati, ti prego svegliati» - si inginocchia e abbraccia papà, ormai morto a terra con due colpi al petto e uno in fronte, disteso sul terreno e circondato dal suo stesso sangue - «Ti prego Ras, non puoi lasciarmi così» - piange «Ti prego...»
Intanto io resto a guardare quelle macchie di sangue lì, sul terreno, con lo sguardo perso nel vuoto e gli occhi lucidi, ascoltando le grida disperate e lontane di mia madre che ha trovato il corpo di papà, ucciso da quegli uomini malvagi.
Alzo lentamente lo sguardo, una lacrima scorre sul mio viso. Contemplo i raccolti.Resta solo un'aratro in mezzo alla maggese.
STAI LEGGENDO
IT HURTS
PertualanganMalik Samparé, 15 anni, naque a Touba, in Senegal, nella parte occidentale dell'Africa. Un semplice ragazzo dagli occhi marroni, un naso largo tipico africano ma che non dispiace per nulla, capelli rasati per tutto il capo e con la caratteristica di...