Nel corso dei giorni successivi, Charlotte portò avanti la propria routine cercando di dimenticare completamente quanto avvenuto con il tuttofare. Ogni giorno Mia bussava alla porta della sua stanza, entrava, la vestiva splendidamente e infine le domandava cosa desiderasse per colazione. La padroncina passava poi la mattinata a leggere e il pomeriggio a chiacchierare con i governanti, affamata di notizie interessanti provenienti dall'esterno dell'immensa villa. Di rado per Londra non si vociferava di scandali e, nonostante fosse passato almeno un mese dalla propria ultima serata mondana, desiderava presentarsi alla successiva già perfettamente al corrente di cosa stesse accadendo.
Proprio come aveva immaginato, non aveva più avuto occasione di trascorrere un po' di tempo in giardino dal momento che, dal giorno nel quale si era presentata a Léo, non c'era più stata neppure una giornata soleggiata – in Inghilterra le giornate di sole erano difatti più rare di quanto non si pensasse. Ma, seppur frustrata all'idea di non potersi concedere di contemplare i propri amati fiori neppure pochi attimi, Charlotte era anche giunta alla conclusione che quello non potesse essere altro che un segno del destino.
I giorni cupi e uggiosi che avevano preso a susseguirsi dopo la sua chiacchierata con il tuttofare non potevano significare altro che questo: doveva evitarlo. E la trovò una realizzazione del tutto logica. Libera da quei suoi occhi blu e intensi, la ragazza si concesse parecchie ore per riflettere e realizzare che, nel giudicarlo arrogante tanto in fretta, si era veramente dimostrata una bambina –come l'aveva chiamata lui. Aveva fatto una pessima figura, era stata irruenta e non aveva studiato a sufficienza il ragazzo. Se lo avesse fatto, si era recriminata successivamente, avrebbe certamente saputo prima del suo misterioso rapporto con Benjamin – del quale era intenzionata comprenderne la natura – e del suo carattere tutt'altro che condiscendente. Invece si era dimostrata altezzosa e fin troppo sicura di sé.E lucidamente Charlotte era del tutto al corrente che non l'avrebbe portata a nulla riflettere tanto in merito alla vicenda, e che una nobildonna rispettabile e ben educata non avrebbe mai dovuto mettere naso in cose che non la riguardavano, ma la curiosità l'avrebbe uccisa. D'altra parte, seppure minimamente, lei qualcosa c'entrava; Benjamin aveva assunto questo suo misterioso, inamovibile amico per vegliare sui suoi atteggiamenti poco consoni, no?
Anche se non le sembrava che Léo le stesse prestando la minima attenzione. Per ben sette giorni non le capitò di incrociarlo neppure per errore dietro l'angolo di un corridoio, e la cosa le provocò un fastidio immenso, dalla natura nuova. Lui non sembrava avere provato alcunché di fronte a lei, mentre Charlotte era rimasta stregata dal suo fascino.
Ma forse, si era ripetuta a lungo, un uomo tanto affascinante poteva avere visto donne più belle. Certamente. Attrici, cantanti, donne dalle forme sinuose, dal seno molto pieno, del tutto libere di essere sé stesse alla luce del sole, senza uomini alle calcagna con il compito di fare loro da badanti.
Lei, così audace e privilegiata, doveva essergli sembrata una bambina viziata, certa di potere ottenere qualunque cosa. E lui le aveva dimostrato il contrario.Fu esattamente otto giorni dopo quel loro primo, veloce incontro che su Londra tornò a splendere il sole.
Inizialmente Charlotte lo detestò; immaginò di incamminarsi in giardino e ritrovarsi faccia a faccia con Léo. Poi, però, ricordò di avere a lungo rimandato un impegno che le avrebbe richiesto proprio di recarsi in città, e di averlo fatto per potere passeggiare per le vie affollate di quest'ultima in una rara – per l'appunto – giornata di sole.La giovane contemplò alcuni attimi il paesaggio oltre la finestra aperta alla quale si trovava affacciata. Le parve quasi di potere udire fin da lì gli schiamazzi provenienti dalla città. Sorrise leggermente.
A breve si sarebbe tenuto un ballo presso una delle famiglie nobili di Londra, e le feste erano ciò che più amava. Charlotte riteneva difatti l'attività di ballare qualcosa di immensamente dilettevole, capace di distrarla dall'ammasso di pensieri che, fin troppo di frequente, le si annidavano nel cervello. E quella era forse una delle poche cose che Benjamin trovava appropriate della sorella.
Perciò, quando la giovane si allontanò dal davanzale per cercare il fratello, lo fece a cuor leggero, del tutto certa che non si sarebbe opposto al suo desiderio di recarsi dalla modellista per farsi confezionare un abito perfetto per l'imminente occasione.
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Charlotte D'Ambray
Ficção Histórica1820, Londra. Charlotte D'Ambray vive nell'agio. Giovane, estremamente bella e pericolosamente intelligente, è del tutto al corrente di essere abbastanza ricca da potersi permettere di non sposarsi. Questo, però, non sembra andare per niente bene al...