CAPITOLO VIII

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Riky dormì pochissimo quella notte, aveva mille pensieri nella testa. Uscire da quella stanza fu una delle cose più difficili che avesse mai fatto. Avrebbe dovuto affrontare Efrem, ma sentiva di non averne la forza. Sperava soltanto che non gli chiedesse più nulla, che non si avvicinasse, che non toccasse più argomenti scomodi. Ma la cosa che sperava di più, era quella di dimenticare quel loro contatto. Perché continuava a sentire, ogni volta che gli tornava in mente, la divina sensazione delle sue labbra, l'eccitazione che la sua lingua gli provocava quando lo possedeva. Era inutile che si prendesse in giro, non provava le stesse cose, quando baciava Shogo. Eppure, stava bene con lui, gli dava quella sicurezza e quel rispetto che aveva sempre cercato, e la loro intesa sessuale era ottima. Questa altalena di sentimenti indecifrabili gli stava dando la nausea. Appoggiò la testa contro il muro, era così stanco. Uscì dalla sua stanza, percepì immediatamente lo sguardo di Efrem su di lui.

- Ciao. – Efrem lo seguiva con lo sguardo, cercando di carpire, da ogni suo atteggiamento, il livello di rabbia che, era certo, ancora lo possedeva.

- Ciao. – Riky rispose a bassa voce, mentre si portava verso la brocca di caffè americano.

- Credo di avere trovato la soluzione. – "Lavoro? Sta parlando di lavoro?", gli sembrava incredibile, Efrem non "mollava l'osso" così facilmente. Bevve il suo caffè lentamente, cercando di rimanere all'erta. Si avvicinò a lui con un biscotto in mano.

- Ho abbozzato un disegno, se pensi possa funzionare dovrai svilupparlo tu, non è il mio campo. Se noi facessimo degli scavi di imbasamento più profondi e li consolidassimo con chiodature, tirantature e iniezioni per l'ancoraggio dei conci alla roccia di base, sfido qualsiasi elemento a ledere la struttura. – Riky prese in mano il disegno, su cui Efrem aveva anche inserito le misurazioni. Poteva funzionare, poteva davvero funzionare. Prese la calcolatrice e si mise a rifare i calcoli.

- Hai controllato se questo tipo di soluzione è già stata usata per qualche altra costruzione? – "Sì, amore, tre mesi fa...", ma quello non gliel'avrebbe rivelato, nemmeno sotto tortura.

- È stato usato come soluzione per la costruzione di una diga, ti ho stampato quello che ho trovato. – gli porse un foglio dalla stampante.

- Eccezionale Efrem! Quando ti è venuta l'idea? – "Ora Efrem, o mai più.", doveva tirare fuori tutto, era la sua ultima occasione, non l'avrebbe sprecata.

- Non ho chiuso occhio, avevo bisogno di tenermi occupato per non impazzire. – Riky s'irrigidì.

- Efrem, io... - "Non ti permetterò di fuggire, non questa volta.", Efrem era determinato, doveva chiarire, una volta per tutte.

- Vorrei solo che tu ascoltassi ciò che ho da dirti, poi, potrai fare ciò che vuoi. Se non vorrai più vedermi l'accetterò, ma, ti prego, ascoltami. – era venuto per questo, sapeva che sarebbe arrivato quel momento.

- D'accordo. – si sedette sulla sedia, in quel momento, non gli sembrava neppure di avere davanti Efrem, era tutto così irreale.

- Da dove incomincio... - aveva ripetuto così tante volte quel discorso, nella sua mente, che ora, non sapeva neppure da dove iniziare.

- Come avevi suggerito tu, inizierò dalla notte in cui ti violentai..., la sola parola mi provoca ribrezzo! – Riky, faticava a mantenere quel distacco che, avrebbe voluto avere, per poterlo ascoltare senza pregiudizi.

- Mi stavo sforzando, da tempo, di contenere la mia gelosia, e questo lo sai. E per un certo periodo di tempo, ci sono anche riuscito. Quasi mi ero abituato, a quel tuo nuovo "io", alla tua voglia di distaccarti da me. Quella sera, mi sentivo particolarmente in ansia, iniziai a telefonarti, ma tu non rispondevi. Chiamai anche Martina, ma... nulla. Non sapevo dove foste, non me lo dicevi di proposito, per mettermi alla prova. Avevo paura che ti fosse accaduto qualcosa, non riuscivo più a rimanere fermo in casa ad aspettarti, entrai in panico. Decisi di scendere davanti al portone, come se questo, potesse aiutarmi a ritrovarti... Quando una macchina si fermò, a poca distanza e ti vidi. Quello che i miei occhi videro, fu il mio uomo che si baciava con uno sconosciuto, da quel momento, un interruttore si spense nel mio cervello. Tu, forse non mi crederai, ma per molto tempo, ho avuto solo un vago ricordo, di ciò che era accaduto. Da quell'istante, ricordo solo disperazione e confusione. Poi, ogni tuo rifiuto, scatenava in me una rabbia incontrollabile. La sera in cui te ne andasti, la furia lasciò il posto alla paura. Nel disperato tentativo di riprenderti, pensai di allontanarti dalla tua famiglia, nella mia mente, se fossi riuscito ad isolarti, saresti tornato da me. Mai avrei pensato che tuo padre reagisse in quel modo, non sai cosa darei per poter ritornare indietro. Poi, ci fu l'ordine restrittivo, di cui devo ringraziarti, capirai il perché in seguito. Sprofondai completamente nella depressione, quella stessa notte, per pochissimo, non andai in coma etilico. Mi trovò mio padre. Dopo avermi "preso per i capelli", mi obbligò a ricoverarmi in una clinica specializzata. Grazie a questo, ho iniziato un percorso che mi ha portato a ricordare tutto, tutto il male che ti ho fatto. Mi è stato diagnosticato un disturbo post-traumatico da stress, la miccia la innescò il bacio, ma il problema, era la mia gelosia e lo stato di ansia che, tutto da solo, mi ero creato. Ho imparato a gestire la mia ansia, il mio psicologo sostiene che, sono guarito completamente. Ho seguito scrupolosamente tutte le terapie, su una sola cosa non sono riuscito a dargli ragione... restare lontano da te. L'unica cosa che mi ha mantenuto fermo nel voler guarire, l'unica cosa che mi ha mantenuto vivo, è stato il pensiero che, un giorno, avrei avuto la possibilità di parlarti, di chiederti perdono e quella, remota, di mendicare un'altra possibilità. Quando ci siamo baciati, ieri, ti ho sentito, so cosa provi per me, non ho dubbi. – Riky stava per interromperlo, la sua supponenza era irritante.

- Ti prego, fammi finire. So anche che, malgrado questo, con tutta provabilità, non tornerai con me, e lo capisco, neppure io, al tuo posto, lo farei. Ma voglio che tu sappia, che ti amo, ti amerò sempre. Se Shogo ti rende felice, io sono felice. Quel dossier, puoi anche non leggerlo, ma l'ho fatto perché mi preoccupo per te. Forse, l'ho fatto anche un po' per me... - "Cazzo Efrem!", ci doveva essere qualcosa di sbagliato in lui, pensò Riky, se in quel preciso momento, avrebbe voluto abbracciarlo e stringerlo a sé.

- Non so cosa dire. Mi hai fatto passare l'inferno. Sai, mia madre, tuttora, non parla di ciò che successe quella sera. Mio padre, non si riprenderà mai più, attendiamo solo che, il suo cuore ceda. E tutto questo, l'hai provocato tu. Per quanto riguarda me, so bene cosa significhi "disturbo post-traumatico", non hai idea, di quanto tempo mi ci sia voluto, per avvicinarmi di nuovo fisicamente ad un'altra persona. Tuttora non mi è facile. Però, la cosa che ancora sono lontano da risolvere, è la mia totale incapacità di riuscire a decifrare i miei sentimenti. Shogo mi rende felice? Sinceramente, non sono in grado di stabilirlo. Tu, potresti rendermi felice? Non lo so. Non sai cosa darei, per "sentire" di nuovo un sentimento profondo per qualcuno. La mia psicologa sostiene che, un giorno, succederà, ma, quel giorno, non arriva mai. Mi hai chiesto se ti ho perdonato, mentre eravamo in macchina per andare all'aeroporto... Efrem, ti ho amato così tanto... non sono mai riuscito ad odiarti. Perdonarti... - restarono in silenzio, tutto era stato detto, tutto era stato chiarito, il vuoto riempiva le loro anime. Efrem si alzò, sembrava invecchiato di vent'anni improvvisamente, sentiva il suo amore scivolargli tra le mani, sapeva che non avrebbe potuto più fare nulla per trattenerlo.

- Vado a fare due passi, se non ti dispiace. – Riky annuì senza voltarsi.

Usci dalla porta. Lentamente, si incamminò verso la spiaggia. Appena fu certo che Riky non lo avrebbe potuto vedere, iniziò a camminare più velocemente, poi corse, corse fino a che il fiato non gli si spezzò, finché i suoi polmoni non iniziarono a bruciare e finalmente si accasciò, in ginocchio sulla sabbia iniziò ad urlare tutto il dolore che aveva dentro e pianse. La consapevolezza di avere causato così tanto dolore, all'unica persona che avesse mai amato, l'aveva già da tempo. Sentire dalle sue stesse parole, quanto dolore gli aveva inflitto, gli aveva straziato il cuore. Gli ci vollero ore, per essere in grado di ritornare da lui. Quando rientrò, lo trovò intento a disegnare.

- Stavo iniziando a preoccuparmi, vieni a vedere, ho bisogno del tuo consiglio. – non riusciva a comprenderne il motivo, ma dopo averlo ascoltato, era come se avesse preso un valium, gli sembrava di fluttuare. Efrem si avvicinò per esaminare il disegno, cercando di concentrarsi sul lavoro.

- Mi sembra ottimo. Vado a rifare i calcoli al computer, se continuiamo così, tra un paio di giorni, potremo tornare a casa. -Riky continuò a disegnare. Non c'era bisogno di parlarne ancora, tutto era stato detto.



Scesero dall'aereo un po' provati, il volo non era stato dei migliori, una perturbazione si stava avvicinando e avevano subito parecchie correnti ascensionali. Mimmo era stato male e l'umore di Shogo, era peggiorato via via che si stavano avvicinando. Raggiunsero l'agenzia di noleggio auto e caricarono i loro bagagli sulla jeep.

- Buonasera, abbiamo una prenotazione per due camere, a nome Doyle. – le camere erano una di fronte all'altra. Shogo, diede una mancia al fattorino che, dopo avergli detto il suo nome, profondendosi in ringraziamenti per la lauta mancia, ed avere detto loro di chiamarlo per qualsiasi cosa, si eclissò. Shogo aprì la sua porta e Mimmo gli si gettò addosso. Si girò e lo prese per la gola, attaccandolo al muro.

- Cosa ti avevo detto? – Mimmo lo guardava sorridendo, anche se, stava soffocando.

- Ok, ok! Farò il bravo. – Shogo, lasciò lentamente la presa dalla sua gola.

- Fuori! Ti chiamerò quando mi servirai. – Mimmo si massaggiò la gola.

- E nel frattempo, io cosa dovrei fare? – Shogo appoggiò la valigia sul letto e iniziò a spogliarsi. Tornò, completamente nudo, verso di lui.

- Hai avuto ciò che volevi prima di venire qua, devo ricordarti il nostro patto? – Mimmo, indispettito, uscì sbattendo la porta. La risata di Shogo, accompagnò il suo sbattere.

Non si riposò neppure un secondo Shogo, si stese sul letto, giusto il tempo per telefonare a Riky che rispose dopo un paio di squilli.

- Ciao. – Riky, rispose spostandosi nella sua stanza, cercando di mantenere un tono neutro.

- Ciao, indovina da dove ti chiamo? – era ancora tra le nuvole, non poteva certo immaginarsi che fosse a poca distanza da lui.

- Non ne ho la più pallida idea, e comunque, sto bene, grazie. – come poteva comportarsi come se si fossero sentiti dieci minuti prima!

- Sono nella mia camera di albergo a Santa Lucia, dammi le tue coordinate. – "COSA?!" Shogo era lì? Fu come se la realtà, come un macigno, gli piovesse sulla testa.

- E cosa ci sei venuto a fare qui? – non era esattamente la risposta che si sarebbe aspettato, ma era pronto a tutto.

- Secondo te, cosa ci sono venuto a fare qui? – l'agitazione si stava impadronendo di lui, già era difficile gestire quella situazione senza la sua presenza!

- Siamo in una villetta sulla baia, ci vediamo tra una mezz'ora, spiaggia Soufriere, davanti al centro per il surf, non puoi sbagliare, l'insegna è enorme. – uscì dalla stanza, indeciso su cosa dire a Efrem.

- Shogo è qui. Vado alla spiaggia per incontrarmi con lui. – Efrem sentì il suo cuore andare in frantumi, per la seconda volta in quella giornata, gli sorrise.

- Sono contento per te... non mollarmi qui a finire il lavoro da solo, però. – le parole uscirono dalla bocca di Riky senza filtro.

- Vieni con me? – Efrem lo guardò come se vedesse un UFO.

- Stai scherzando, vero? – ci pensò un istante, trovando l'idea sempre più convincente.

- Affatto! Lui sa che sono qui con te, perché fingere che tu non ci sia? Comunque, serve anche a te una pausa. – Efrem scoppiò a ridere.

- No, ti prego. Non sono ancora abbastanza tranquillo. Questa è stata una giornata davvero pesante emotivamente, non farmi aggiungere anche questo ricordo. – Riky scoppio a ridere a sua volta.

- Torno presto. – si incamminò verso il noleggio dei surf, cos'altro avrebbe potuto succedere in quella giornata?

Arrivò in poco più di dieci minuti. Si sedette sulla spiaggia, di fronte al noleggio, ad aspettare. Con le gambe raccolte e la testa appoggiata sopra le ginocchia, mancò poco che si addormentasse. Qualcosa gli sfiorò un piede, facendolo sobbalzare. Alzò lo sguardo, ed era lì, bello come non mai.

- Hey! È molto che aspetti? – gli tese la mano per aiutarlo ad alzarsi. Notò che la sua pelle era leggermente abbronzata, aveva preso il colore del miele. Le lentiggini spiccavano sul suo viso, sembrava ancora più giovane, aveva perso qualche chilo. Quando si alzò in piedi, non gli diede il tempo di rispondere, lo abbracciò e s'impadronì delle sue labbra.

- Mi sei mancato, mi sei mancato ogni secondo. – anche a lui era mancato, ma non come manca un amante, gli era mancata la sua presenza, la sicurezza che riusciva infondergli, come poteva decifrare questi sentimenti?

- Noi... dobbiamo parlare Shogo. – campanelli d'allarme iniziarono a suonare in ogni angolo della sua testa.

- Ok. Andiamo a bere qualcosa. – si sedettero al bar della spiaggia.

- Sono qui anche per lavoro, ne ho approfittato, spiagge così vanno sfruttate. – era nervoso all'inverosimile, ma non voleva che Riky se ne accorgesse.

- Cosa provi per me Shogo? - Shogo gli prese le mani poggiandosi sul tavolo.

- Non è evidente? Te l'ho detto più di una volta. Sono innamorato di te. – sul viso di Riky si dipinse una smorfia.

- Poche persone sanno ciò che sto per dirti. Da quando Efrem mi fece... lo sai... lo shock che mi ha provocato... insomma, io, da allora, non provo più nulla, o meglio, la mia psicologa sostiene che, non riesco a distinguere la natura dei miei veri sentimenti. Perciò, tranne ciò che provo nell'intimità, cioè, tranne nei momenti, in cui provo sentimenti provocati da istinti primordiali, io sono... apatico. – si sentì sollevato, si stava preparando al peggio.

- Ed è una situazione, diciamo così, irrimediabile? – sospirò e scosse la testa.

- Lei, continua a sostenere che, un giorno, improvvisamente, riuscirò di nuovo a decifrare ciò che provo, per ora, non è ancora successo. – Shogo lo ascoltava, non gli aveva ancora lasciato le mani.

- Speravo che, parlare con Efrem, di ciò che ci era successo, potesse cambiare, in qualche modo le cose, ma, a quanto pare, neppure questo è servito allo scopo. – quindi avevano parlato.

- Sono un tipo paziente, quello che provo basterà a tutti e due per il momento. – improvvisamente, gli venne in mente il dossier.

- C'è un'altra cosa. – gli lasciò le mani per bere.

- Efrem, ha fatto prendere informazioni su di te. – l'incarnato di Shogo, improvvisamente, divenne cinereo.

- Ah! E cosa dicevano, queste "informazioni"? – la sua gamba destra, prese a muoversi freneticamente.

- Non lo so. Non le ho lette. C'è qualcosa che dovrei sapere? – Shogo, avrebbe voluto prendere la testa di Efrem e scaraventarla sopra una roccia appuntita.

- Le hai buttate senza leggerle? E Efrem, non ti ha detto nulla, di ciò che c'era scritto? – Riky percepì, chiaramente, una nota di apprensione, nelle parole di Shogo.

- Sì, le ho buttate, lui non mi ha detto nulla del contenuto. – non tutto era perduto, pensò Shogo.

- Non ti ho nascosto nulla di me. Certo, ci sono lati del mio carattere che, probabilmente, non sono ancora emersi, ma, nulla che possa ledere l'idea che ti sei fatto di me. – l'avrebbe sistemato a dovere, quel bastardo di Efrem.

- Ok. Devo tornare al lavoro, abbiamo trovato la soluzione al nostro problema ma, dobbiamo ridisegnare gran parte del progetto. – Shogo voleva vedere dove abitavano, e incontrare Efrem.

- Perfetto, ti accompagno. – s'incamminarono verso la villetta. Shogo era rimasto spiazzato. Efrem, era decisamente più pericoloso, di come l'aveva calcolato.

- Siamo arrivati. – Riky, si era fermato davanti a un piccolo cancello. Guardava intensamente i suoi piedi.

- Verrai, domani mattina, a vedermi lavorare sulla spiaggia? – Shogo, cercava in ogni modo, di catturare il suo sguardo.

- Te l'ho già detto, devo lavorare. – non si era accorto, della presenza di Efrem.

- Un giorno in più o in meno, non ci rovinerà il lavoro. – Efrem, si stava avvicinando, con un sorriso inquietante.

- Benissimo, allora vi aspetto! – Shogo, anche se stava parlandogli amabilmente, lo stava guardando come se lo volesse strozzare, per tutta risposta, Efrem gli tese la mano.

- Non mancheremo! – Riky, indispettito, salutò Shogo e rientrò in casa.

- Ci rivediamo... - Shogo, era chiaramente in assetto da guerra.

- Già. – Efrem, era di fronte a lui, ben lungi da abbassare lo sguardo. Shogo gli si avvicinò, era a pochi centimetri da lui.

- Un dossier... pensavo che avessi più fantasia... - Efrem sorrise sarcastico.

- In amore e in guerra... - almeno in quello, erano d'accordo.

- Certo, certo... ma non sarebbe stato più semplice, rivelargli il contenuto? – Efrem gli si avvicinò, i suoi occhi rivelavano la determinazione di un felino che fiuta il sangue. Shogo non si spostò di un millimetro.

- Se lo avessi fatto, ti avrei dato la possibilità di spiegarti, ma ora, sono certo, che tu non l'abbia fatto... o mi sbaglio? – "Merda!", era un ottimo giocatore, aveva rischiato, e ora aveva la mano migliore, ma lui, aveva preparato il suo "asso", era in camera, che aspettava solo un suo cenno.

- Lo farò, a tempo debito. Sei andato a scavare nel torbido, ma sono cose del passato. Io lo amo, lui è mio, non ti permetterò di metterti in mezzo. – Riky uscì in quel momento, preoccupato di non vedere rientrare Efrem. Quando li vide così vicini, riuscì solo a pensare che, a quel quadretto mancassero le sciabole. Efrem lo vide con la coda dell'occhio, tese la mano a Shogo, poggiandogli l'altra sulla spalla, stringendola decisamente più del dovuto e a voce alta disse:

- Allora, amico, a domani. – Shogo, comprese al volo che non dovevano essere più soli e gli strinse a sua volta la mano, sorridendo forzatamente. Efrem rientrò, con Riky dietro di lui.

Lavorarono fino a tardi, entrambi cercarono di evitare qualsiasi discorso personale, alla fine, erano troppo stanchi, anche solo per darsi la buonanotte.



Shogo ritornò in albergo, avrebbe dovuto dirgli tutto subito, ma non era preparato. Dover rivelare di non essere così "puro", come si era mostrato a lui, non era cosa da poco... e poi, quella era una "cosa", che aveva fatto tanto tempo prima, era appena maggiorenne... anche il giudice, era stato clemente, ma non era certo, che lo sarebbe stato anche Riky. Lui lo voleva Riky, lo voleva talmente tanto, che si era costretto a fare sesso con Mimmo, per convincerlo a venire con lui e sedurre Efrem. Ma era solo sesso, per lui, era come mangiare una buona cena, ma il suo dessert, poteva essere solo Riky. Forse, per la prima volta nella sua vita, avrebbe potuto diventare anche monogamo, almeno per un po', anche se per lui, il sesso era tutto, era l'unica cosa, a cui non avrebbe mai potuto rinunciare. E il sesso con Riky, beh, era fantastico! Era certo che lui, non se ne rendesse conto, ma era una forza della natura! La quintessenza dell'inconsapevolezza, ed era questo, che più lo attraeva. Gli sembrava, ogni volta, di iniziare a far l'amore con una verginella e finire con una prostituta. La sua depravazione, unita alla sua predisposizione... le possibilità di sperimentazione erano infinite. Sicuramente, in quel dossier, c'era scritto anche questo, ma lui, gli aveva dato fiducia, e questo, era meravigliosamente inaspettato.



Uscirono quasi in contemporanea, dalle loro stanze, Riky e Efrem.

- Buongiorno. – Efrem, accompagnò il saluto, con uno sbadiglio degno di un Leone.

- Buongiorno a te. – gli rispose Riky, con gli occhi semichiusi, mente si dirigeva, in modalità Zombi, verso la macchina del caffè.

- A che ora abbiamo, lo spettacolo del bravo fotografo? – Efrem, come sempre, si era buttato dentro al frigorifero, la sua fame mattutina, faceva paura.

- Non sei obbligato a venire. – Riky, sorseggiò il suo caffè, con un'espressione orgasmica.

- Al contrario, verrò volentieri! – accese la radio, un'altra delle sue abitudini mattutine, a cui, raramente rinunciava.

"Il centro meteo ha diramato, per tutta la giornata di domani, un allarme, per l'arrivo di un ciclone, che dovrebbe colpire la nostra isola, nelle prime ore del pomeriggio. Si raccomanda, a tutta la popolazione, di recarsi nelle zone di sicurezza."

- Domani mattina ti trasferisci da Shogo, e io, cercherò una sistemazione. – Riky lo guardò, con aria di rimprovero.

- Riformulo, ti dovresti trasferire da Shogo, gli alberghi, qui, sono attrezzati per resistere anche a cicloni di entità superiore. Non voglio, che tu ti metta in pericolo. – Riky finì il suo caffè.

- Penso che, volendo, abbiano delle stanze libere, non è alta stagione, tutto sommato. – lo ringraziò, silenziosamente, di avere avuto la delicatezza, di non rispondere immediatamente di sì con entusiasmo. Il campanello suonò, interrompendo la loro colazione.

- Buongiorno! – Shogo, in costume, con un telo poggiato su una spalla e l'altra impegnata dall'attrezzatura fotografica, si sporse per baciarlo.

- Buongiorno a te. – dietro di lui, scorse un'altra presenza.

- Ciao, io sono Mimmo, il modello. – "Mimmo il modello, che cazzo di nome...", gli strinse la mano, che gli stava porgendo entusiasta.

- Tu devi essere Riky, il suo ragazzo! E, il rosso, chi è? – "Ah, dev'essere una prerogativa dei modelli, essere stupidi." pensò Riky. Efrem si alzò, andando verso Mimmo.

- Io sono Efrem, un collega di Riky. – Shogo sembrava indifferente, ma, in realtà, stava studiando ogni minima reazione di Efrem a Mimmo.

- Che piacevolissima sorpresa! Vieni anche tu, vero? – Riky guardava la scena, provando una certa nausea, per il modo così sfacciato, con il quale, quel Mimmo, stava flirtando con Efrem.

- Vado a mettermi il costume e andiamo. – Efrem prese il telo.

- Io, mi avvio alla spiaggia, sono già pronto. – Mimmo, con uno sguardo, si interfacciò con Shogo.

- Aspettami, vengo anch'io! – "Bravo cagnolino!", pensò Shogo.

Mimmo, non si aspettava certo di trovarsi davanti un manzo di quella portata. Shogo, gliel'aveva descritto come un mostro, ma, quello che si era trovato davanti agli occhi, era tutt'altro che un mostro, e ciò che si intuiva dal costume, seppur a riposo, prometteva notti insonni. Era veloce, in pochi minuti lo aveva già distanziato, si mise a correre, per raggiungerlo, a questo punto, mantenere la promessa fatta, sarebbe stato piacevole.

- Hey! Hey! Potresti anche aspettarmi! – Efrem si fermò, si voltò e vide Mimmo correre in modo decisamente scombinato, lo fece sorridere.

- Pardon, non mi ero reso conto che eri dietro di me. – Mimmo lo raggiunse, si appoggiò sulla sua spalla per recuperare fiato.

- Sei sempre così atletico? – era così evidente il suo approccio a Efrem, che rasentava il ridicolo.

- Mimmo... non ti devi sforzare così tanto... sei un bel ragazzo ma... non ho nessun interesse a iniziare una relazione, almeno per ora. – "Sgamato...", Mimmo abbassò lo sguardo, quel esemplare di maschio alpha, gli sarebbe interessato, a prescindere dal patto che aveva suggellato con Shogo.

- Credimi, nessuno sforzo, anzi! . - continuarono a camminare, fino a che, raggiunsero il luogo in cui Shogo, gli aveva detto che avrebbe fatto il servizio fotografico. La spiaggia era deserta, il mare calmissimo, una lieve brezza correva, leggera.

- Se non ti dispiace, inizio a cambiarmi. Shogo diventa nervoso, se deve aspettare. – non attese risposta, in un secondo, si spogliò completamente di fronte a lui. Efrem, non era cieco, quel ragazzo, era uno spettacolo, i suoi occhi, indugiarono accarezzandone il corpo.

- Scusa, l'abitudine... ci insegnano, da subito, a non avere nessun pudore, di fronte alle altre persone... - Mimmo arrossì, quel tipo di sguardo, che sentiva addosso, non era assolutamente professionale, e questo, lo imbarazzava, malgrado tutto.

- Sei splendido e lo sai. Se non fosse che il mio cuore è altrove... - Mimmo rise.

- Se è solo il tuo cuore... - un movimento, alle loro spalle, catturò la loro attenzione.

- Vedo che avete fatto amicizia. – le parole di Shogo, li raggiunsero, beffarde.

- Ovviamente, come c'era da aspettarsi, vero, Shogo? – Shogo incassò, Efrem aveva sicuramente capito, a che prova lo avesse sottoposto, ormai se lo aspettava, il suo avversario, gli aveva già mostrato ciò di cui era capace. Riky, invece, non si aspettava quella scena, aveva notato che, Mimmo, si stava ancora sistemando il costume, come aveva notato, lo sguardo interessato di Efrem. Fu un breve istante, ma molto intenso, il suo cuore cessò di battere, provò, quella che, dentro di sé, decifrò, chiaramente, come gelosia.

- Mimmo, vedi quella palma, laggiù? Devi andare a metterti sopra, a cavalcioni. – Mimmo ubbidì immediatamente, si allontanarono lasciandoli soli.

- Bello eh? – Riky non poté fare a meno di commentare.

- Sì, davvero, un bellissimo scenario per un servizio fotografico. – "Stronzo", Riky era sicuro, che avesse compreso, che non stava parlando della coreografica spiaggia.

- Non solo... - Efrem, ebbe un fremito, quel tono, era avvolto di gelosia.

- Ovvio, almeno, io, mi limito a guardare... - come poteva dargli torto, meno di quindici minuti prima, aveva la lingua in bocca a Shogo...

Non aveva ancora avuto l'occasione di vederlo all'opera, ora che lo stava guardando, gli doveva riconoscere che, quello che faceva, nulla aveva a vedere con qualcosa, che non fosse pura professionalità. Era perfino severo e secco, nel dare gli ordini al suo modello. Un'oretta dopo, fecero la prima pausa e li raggiunsero.

- Dopo, voglio fare qualche foto anche a te. E non ammetto un "no", come risposta. – Shogo, stava armeggiando con i suoi obbiettivi, mentre parlavano.

- Ah, no no, va benissimo, se hai voglia di rompere i tuoi strumenti, facendomi delle foto, liberissimo. – Shogo si bloccò e lo scrutò.

- Se intendi dire che, dovrei mettere un filtro, per non sovraesporre le mie foto, con la tua splendente bellezza, hai ragione. – Riky scosse la testa, non capiva, come facesse a non notare la differenza abissale tra lui e Mimmo. Al suo fianco, Mimmo continuava, imperterrito, a flirtare con Efrem, tanto che, Riky, temeva che, da un momento all'altro, gli saltasse addosso.

- Sembra che Efrem, sia piuttosto interessato, al mio modello... - Riky, fece finta di non avere sentito quell'affermazione. Verso le undici, avevano finito il servizio. Mimmo, andò di corsa verso Efrem, che stava guardando, con interesse, il suo Smartphone.

- Visto che, rimangono ancora per un po' a fare delle foto, che ne dici se, io e te, andiamo a mangiare qualcosa, insieme? – Efrem non aveva altro da fare, decise di accettare, meno restava solo, a pensarli insieme, meglio sarebbe stato per lui.

- Perfetto. Ma offro io. – poi, rivolto a Shogo – questa notte, è meglio se Riky, viene a dormire all'hotel, per domani, è prevista una tempesta tropicale! – Shogo alzò il pollice, mentre Riky, lo rimproverava con lo sguardo.

- Non chiedo di meglio! – gli occhi di Shogo, si accesero di desiderio, mentre commentava.

Dopo che si furono allontanati, Mimmo si tranquillizzò e smise di essere così sfacciatamente seduttivo. Passarono un paio d'ore in compagnia, Efrem lo trovò persino piacevole.

- Allora, Efrem. Hai già una sistemazione, in attesa che passi la tempesta? – Efrem gli sorrise.

- No. Hai qualche soluzione da proporre? – Mimmo rise.

- C'è un sofà, nella mia stanza. Tranquillo, non ti salterò addosso. – Efrem gli pizzicò una guancia.

- Ci penserò. – lo lasciò all'entrata dell'albergo e ritornò sui suoi passi.

Shogo, consumò quasi tutta la batteria della sua macchina, per fotografare Riky, che, dopo un primo momento di imbarazzo totale, riuscì quasi ad assumere delle pose da modello.

- Hey! Guarda questa! Di questa voglio fare un poster, da mettere in camera. – Riky guardò lo schermo, era la foto in cui era sdraiato al sole sul bagnasciuga, gli occhi socchiusi, la pelle bagnata dal mare e i brividi lungo tutto il corpo, e pensava a Efrem.

- Se lo dici tu... a me sembra la foto di uno che sta per avere una sincope... - Shogo l'attirò a sé.

- Dormi con me, questa sera... mi manchi così tanto... - gli mordicchiò il lobo dell'orecchio scendendo poi verso il fianco della gola, inondandola di piccoli baci.

- Devo finire il lavoro... voglio tornare a casa il prima possibile e gettarmi tutto alle spalle. Facciamo domani, in mezzo alla tempesta? – "Pazienza, devo avere pazienza", gli accarezzò il viso e gli diede un bacio sulla fronte.

- D'accordo. – s'incamminarono verso la villetta, Efrem era seduto nel patio a sorseggiare una birra.

- Allora ti aspetto domani, verso mezzogiorno in hotel? – Riky annuì, fece per salutarlo, ma Shogo lo trattenne e lo baciò appassionatamente. Con la coda dell'occhio, osservò la reazione di Efrem, temeva che, la birra che aveva in mano, esplodesse, da quanto la stringeva. Terminò il bacio, poggiando la fronte alla sua.

- A domani... - Riky si divincolò, dolcemente, dalla sua stretta, ed entrò nel giardino, mentre lui si allontanava.

- Che dici, lavoriamo un po'? – Efrem, aveva assunto un tono volutamente neutro, ma, a Riky, non sfuggì l'intenso dolore, nei suoi occhi.

Mancò poco, che finissero il lavoro, quando decisero di andare a dormire. Il vento, era già aumentato, le previsioni, dicevano che, forse, la tempesta sarebbe arrivata qualche ora prima. Era un tormento, quelle vecchie case di legno, lasciavano penetrare qualsiasi rumore e il vento ne faceva tanto.

Alle prime luci dell'alba, il rumore si fece insopportabile, tanto che li svegliò, il vento, aveva già raggiunto velocità pericolose.

- Dobbiamo andarcene, ora. Ho già raccolto l'attrezzatura. Vestiti velocemente e prendi la valigia con la tua roba. – Riky non pensò nemmeno un secondo a ribattere, dieci minuti dopo, erano già sulla jeep, in strada, per raggiungere l'hotel. Shogo, li aspettava all'entrata.

- Per fortuna! Sono almeno due ore, che provo a chiamarti, ma le linee sono interrotte su tutta l'isola. – gli disse, precipitandosi ad aiutarlo con i bagagli.

- La strada la conoscevi, potevi venire a prenderlo, se davvero eri così preoccupato. – lo ignorò completamente, ma non Riky. Quella frase lo colpì, non riuscì a capire subito il motivo ma, nel suo profondo, qualcosa lo mise in allarme.

- Vieni. – lo seguì nella sua stanza, che era già preparata per l'evento atmosferico. Le tapparelle, appositamente predisposte, erano state serrate e bloccate, l'aria condizionata, funzionava grazie al generatore d'emergenza. Nel frattempo, Efrem, aveva accettato l'ospitalità di Mimmo e, dopo avere portato bagagli e attrezzatura nella sua camera, era sceso nuovamente nella Hall. Tutto era stato blindato, lì erano al sicuro. Improvvisamente, irruppe una donna del posto, era un'inserviente, che in quel momento, non era in servizio.

- MIO MARITO! MIA FIGLIA! SONO INCASTRATI DENTRO LA RIMESSA! – Shogo e Riky arrivarono in quel momento. Efrem, andò incontro alla donna che, in francese, spiegò la situazione. Suo marito e sua figlia, di tre anni, erano andati a prendere alcune cose nella rimessa, prima di mettersi al riparo all'hotel, ma, in quel momento, un albero era caduto e sbarrava loro l'uscita. La donna era disperata. Efrem, gli disse di restare calma, si fece spiegare dove si trovasse la sua abitazione.

- Mimmo, se non dovessi tornare, dai la mia attrezzatura a Riky, lui saprà cosa fare. – Riky guardò Shogo, era assolutamente indifferente, a quello che stava succedendo. Lo superò e raggiunse Efrem

- Vengo con te. – Efrem scosse la testa.

- Nemmeno per sogno, tu, da bravo, te ne resti qua, al sicuro. – lo spinse nelle braccia di Shogo.

- Tranquillo, torno presto. – lo vide uscire nella tempesta, la stessa, che da quel momento iniziò nel suo cuore.

Efrem, non fece fatica a trovare la casa, fortunatamente, era a poca distanza dall'Hotel. Prese il crick dalla jeep e riuscì a scostare, non senza difficoltà, il tronco che ostruiva l'entrata. Fecero appena in tempo a salire sulla jeep, che iniziò a piovere copiosamente. Le raffiche di vento, rendevano difficile procedere, e volavano oggetti da ogni parte. Un ramo, irruppe nel parabrezza, rompendolo in mille pezzi, finendo la corsa contro la sua spalla, che iniziò a sanguinare. S'infilarono nel garage dell'albergo, appena in tempo per salvare quello che restava della jeep. Salirono le scale, la bimba piangeva a più non posso. Quando arrivarono nella Hall, la donna corse loro incontro inginocchiandosi davanti a lui, che la fece alzare immediatamente. Riky lo vide entrare e per poco non gli prese un colpo, era inzuppato d'acqua e di sangue. Corse a prendere degli asciugamani, e gridò di portargli dell'acqua, ma Mimmo, gli aveva già rubato il posto.

- Tranquillo, c'è già chi lo sta curando. – Shogo lo prese per mano e lo allontanò. Dopo poco, tutti si ritirarono nelle loro stanze.

- Povera donna, per fortuna, Efrem, è riuscito a salvare la sua famiglia. – Shogo stava cercando, in ogni modo, di verificare se ci fosse qualche tipo di segnale che ancora funzionasse.

- Secondo me è stato un pazzo. Rischiare così la sua vita per una sconosciuta! Oltretutto, una così. – Riky sentì le sue budella torcersi.

- Così come? – Shogo, si rese conto di avere appena parlato senza pensare, doveva andarci più cauto.

- Mi sono spiegato male, non poteva sapere, se quello che la donna diceva corrispondesse al vero. Lo sai, in quest'isola, ci sono un sacco di persone che non aspettano altro che ingannare i turisti per derubarli. – in realtà, lui, non avrebbe mosso un dito per nessuno di loro, li considerava meno di nulla e, di sicuro, non avrebbe messo in pericolo la sua preziosa vita per una sguattera. Quella notte, Riky non riuscì quasi a chiudere occhio, ma, non fu certo per colpa di Shogo, del quale, respinse ogni tipo di approccio, era troppo sconvolto, e sapere che, nella stanza di fronte, c'era Efrem, non lo rendeva per nulla più tranquillo.

La mattina successiva, il cielo era ancora coperto, e il vento non era ancora del tutto cessato, l'isola era devastata, la loro villetta impraticabile. Finirono il loro lavoro nel primo pomeriggio, lo consegnarono al geologo, che avrebbe provveduto a dare disposizioni al capo cantiere e supervisionato il lavoro. Potevano ritornare a casa. Il primo volo libero, sarebbe partito l'indomani mattina alle 5, e c'era posto per tutti e quattro.

- Allora, ti trovi bene con Mimmo? – Shogo e Mimmo stavano caricando l'attrezzatura nella jeep.

- È un bravo ragazzo, ma non è il mio tipo, oltretutto, lo sai, il mio cuore appartiene a qualcun altro. – "Oddio, Efrem, lasciami andare, ti prego, lasciami andare.", dalla sera del salvataggio, qualcosa si era scatenato dentro di lui, anche se si rifiutava di dargli un nome.

- Andiamo? – in un attimo furono all'aeroporto. Presero posto sull'aereo, Shogo e Mimmo s'imbarcarono appena in tempo.

- Ma dove diavolo eravate finiti? Si può sapere? – Shogo lo baciò sulla guancia.

- Da nessuna parte. – gli rispose, mettendosi a ridere. Un'ora dopo, mentre erano in volo per Miami, un'Hostess fece un annuncio.

"Attenzione, signori e signore. Il signor Riccardo Lampis è pregato di alzarsi in piedi." Riky, dopo un attimo di smarrimento, guardò al suo fianco, era solo. Shogo non era al suo posto, Efrem e Mimmo lo stavano guardando, stupiti quanto lui. Senza capirne il motivo, si alzò in piedi. La voce di Shogo, invase l'aereo, prendendo il posto di quella dell'Hostess.

"Riccardo Lampis, vuoi dividere il resto della tua vita con me?" tutti i passeggeri ammutolirono, mentre Shogo, con in mano un cofanetto di velluto blu, attraversava il corridoio, arrivando davanti a Riky. Si mise in ginocchio, Riky cercò con lo sguardo Efrem.

"Vuoi la mia approvazione? Che crudele che sei, amore mio!", lo fissò per un istante che sembrò eterno, in quell'istante, cercò di trasmettergli tutto l'immenso amore che provava, attirò a sé Mimmo e lo baciò, chiudendo gli occhi, per non vedere il resto della scena. "Ora sei libero, amore mio". Guardò Shogo e la risposta uscì dalle sue labbra automaticamente.

- Certo. – le lacrime rigavano il suo viso, fu grato a quel pianto, che non gli permise di vedere più nulla.

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