CAPITOLO X

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La sera in cui lasciò Riky in aeroporto, andandosene mano nella mano con Mimmo, non fu così catastrofica come si aspettava. Mimmo lo costrinse a cenare con lui, era davvero un tipo divertente, e Efrem, dopo che gli aveva retto il gioco, beh, gliela doveva una cena. Parlò quasi sempre lui, dei suoi sogni di diventare un modello quotato, del diploma di ragioniere che aveva appena conseguito solo per mettere a tacere i suoi genitori, della sua passione per il calcio. Efrem lo ascoltava, perdendosi nei suoi entusiasmi anche se si sentiva svuotato. Riky aveva fatto la sua scelta, e non era lui. Lo avrebbe rivisto mercoledì, e poi più avanti, sapeva che avrebbe atteso quei momenti scandendone i secondi, ma non avrebbe fatto nulla per fargli cambiare idea. Non meritava il suo perdono, ora voleva rimanere solo per poter curare le sue ferite, che, per lo più, si era inferto da solo. Aveva rovinato tutto, non chiedeva più nulla alla vita, se non di sopravvivere senza più danneggiare nessuno, solo sopravvivere. Mimmo non la pensava allo stesso modo, gliel'aveva detto chiaramente.

- Io non ho mai amato nessuno, e sinceramente, per ora, non mi interessa legarmi. Sono troppo preso da me stesso e dalla mia carriera. Ma ti capisco, credimi. Però non devi chiuderti in questo modo al mondo, altrimenti, per me, non ci sarà alcuna possibilità di portarti a letto! – Efrem rise, Mimmo era un vero "giullare", una persona davvero interessante e, se non fosse per il totale disinteresse per qualsiasi tipo di contatto, che non fosse l'amicizia, sicuramente ci avrebbe provato.

- Un discorso serio fino in fondo mai? – Mimmo gli sorrise.

- Assolutamente serio, fino in fondo. – scoppiò a ridere.

- Comunque voglio il tuo numero di telefono, questa storia non finisce qui, non puoi comprare il mio silenzio con una cena in un pub! – Efrem cedette al suo ricatto e si scambiarono i numeri.

Il mercoledì successivo arrivò in un lampo, Riky gli parve un po' provato, ma non gli chiese nulla. I loro discorsi si limitarono al lavoro e poco altro. Cercò di imprimersi nella memoria ogni singola espressione del suo volto, gli odori, i brevi contatti di pelle, voleva portarli con sé, rinchiuderli dentro un cassetto, per poi poterli tirare fuori nelle serate buie che avrebbe trascorso.

La telefonata di Martina, qualche giorno dopo, lo sorprese, ma, in un certo senso, fu felice di sentire la sua voce. Avere, proprio da lei, la conferma che Riky provava ancora qualcosa per lui, lo portò alle stelle e, allo stesso modo, negli abissi più profondi. La sicurezza che, una persona che davvero amava Riky, quasi quanto lui, lo avrebbe "tenuto d'occhio", gli diede sollievo. Non erano mai diventati amici con Martina, probabilmente debito alla "rivalità" che avevano nei confronti di Riky, ma l'aveva sempre apprezzata, era una persona schietta, su cui si poteva sempre fare affidamento, anche con lei, se si fosse comportato in modo differente, sarebbe potuta andare meglio, se solo le avesse dato lo spazio che meritava... ma, anche per questo, era troppo tardi, era troppo tardi per tutto.



- Mimmo? – Mimmo lo richiamò circa un mese dopo, quasi si era dimenticato di avergli dato il suo numero.

- Efrem? – gli rispose la voce dall'altra parte, facendogli eco.

- Non ti ho chiamato... - sentì un sospiro.

- No, non l'hai fatto... e io, non sono abituato a correre dietro agli uomini. Comunque, volevo solo sapere come stai, non saltarti addosso, anche perché, per telefono mi risulterebbe decisamente difficile. – Efrem sorrise.

- Ti devo una vera cena, se non ricordo male. – Mimmo si rianimò.

- Ecco, almeno la memoria ti funziona ancora! – Efrem consultò la sua agenda.

- Giovedì, potrebbe andare bene? – Mimmo aveva davvero voglia di vederlo, pur sapendo che, con tutta probabilità, non sarebbe accaduto nulla tra loro, continuava a pensare a lui.

- D'accordo, giovedì vengo a prenderti con il mio bolide. – Efrem non si ricordava bene che macchina avesse, ma sospettò che di "bolide", avesse solo il nome.

- Ok. Alle otto e mezza? – Mimmo sapeva già che avrebbe ritardato, ma non gli disse nulla, non voleva dargli nessuna scusa per ritirarsi.

- Perfetto! Vedi di prenotare in un posto dove si spenda tanto e non in un altro pub! – Efrem non amava i posti esclusivi, ma lo avrebbe accontentato ugualmente.



Ormai erano le nove, e di Mimmo non c'era ancora nessuna traccia, Efrem stava per chiamare il ristorante e disdire la prenotazione, quando il campanello squillò.

- Chi è? – dall'altro lato del citofono una voce ansimava.

- Chi diavolo vuoi che sia? Scendi? – Efrem, aveva deciso di fargli capire quanto non avesse gradito questo suo ritardo, ma sentire la sua voce per citofono, lo aveva fatto ridere, come al solito. Appena aprì il portone, Mimmo lo stava aspettando poggiato al suo "bolide", una scassatissima Panda di un colore indefinibile.

- E tu, vorresti presentarti al "Seta" con questa macchina e quei vestiti? – i suoi jeans, strappati un po' dappertutto, e aderenti sul culo da far venire voglia di pizzicarglielo, non erano adatti al locale in cui lo stava portando.

- Perché? Cos'ha la mia macchina che non va? E il mio abbigliamento è ASSOLUTAMENTE consono, sono un modello! – "questo è completamente pazzo!", pensò Efrem mentre saliva sul Panda che aveva visto tempi migliori.

- Ok, andiamo a mangiare, siamo già in ritardo. – Mimmo salì alla guida e raggiunsero il ristorante. Efrem, si rese subito conto che il ragazzo aveva assolutamente ragione, gli sguardi dei commensali erano tutti per Mimmo, era nato per farsi guardare.

- Allora... vediamo, sei ancora tutto intero. Respiri, mangi... sei a cena con uno dei ragazzi più belli attualmente in Milano... - Efrem sorseggiò il suo vino.

- Guarda che sei tu quello fortunato sai? – Mimmo si mise a ridere.

- E sentiamo, di grazia, per quale motivo sarei il fortunato? – appoggiò i gomiti sul tavolo, adagiando la testa sulle mani e ammiccando verso di lui.

- Sei l'unico uomo da cui mi lascio avvicinare, sono un bello e impossibile. – Mimmo riprese a mangiare, aveva perso la sua aria scanzonata.

- Quanto mi farai avvicinare? – gli chiese, senza scostare lo sguardo dal suo piatto.

- Non quanto vorresti, temo... - Efrem ora lo stava osservando, attendeva una battuta che stranamente non arrivava.

- Quindi, per ora... solo amici? – Efrem distolse lo sguardo e ricominciò a mangiare.

- Sì, se te la senti. – un silenzio imbarazzato scese tra loro.

- Trombamici? – era tornato, era quello di cui aveva bisogno Efrem, un giullare, il suo giullare personale.

- No. – Mimmo scosse la testa.

- Sei crudele. Crudele e noioso. – risero entrambi.



Di serate come quella ne ebbero ancora molte, tanto che erano diventate un appuntamento fisso settimanale. Erano davvero diventati amici, anche se Efrem sapeva perfettamente che Mimmo avrebbe voluto di più, da lui. Terminato il progetto, non rivide più Riky, anche se, ogni tanto, si permetteva di mandare un messaggio a Martina, solo per sincerarsi che stesse bene. Si buttò sul lavoro. Decise di non ritornare più in studio con suo padre e ne fondò uno suo, questo era stato il loro sogno e, anche da solo, voleva realizzarlo, era un altro modo, ancora, per sentirlo vicino. La carriera di Mimmo, invece, stentava a decollare. Shogo, dopo averlo sostenuto inizialmente, lo aveva piano piano lasciato nelle grinfie dell'agenzia, che gli proponeva lavori non sempre di suo gradimento. Poi, il titolare dell'agenzia, iniziò a fargli capire che, se avesse voluto fare carriera, avrebbe dovuto essere più carino, soprattutto con lui. Mimmo non era disposto a cedere, era lui che sceglieva con chi scopare e, di sicuro, non avrebbe scelto quel vecchio bavoso. Così, una sera, dopo un servizio, se lo ritrovò in camerino e fu costretto a difendersi.

Efrem stava dormendo da qualche ora, qualcosa lo riportò alla veglia, si rese conto che era il campanello di casa che stava suonando insistentemente.

- CHI E?! – una voce quasi irriconoscibile gli rispose attraverso il citofono.

- APRI! – Mimmo aveva guidato fino a lì con un occhio praticamente chiuso, ne aveva date, ma quel fottuto vecchio, era più forte di quello che si sarebbe aspettato, e così, ne aveva anche prese, parecchie.

- Mimmo? – Efrem non riusciva a capacitarsi che quella strana voce appartenesse a lui.

- Sì! CAZZO! – Efrem gli aprì il portone e attese che l'ascensore si aprisse, guardò l'ora, erano passate le tre della mattina. Mimmo uscì barcollando dall'ascensore, Efrem si precipitò da lui e lo aiutò ad entrare e a sedersi.

- Che cazzo è successo? Tira su la faccia. – Mimmo si negava, non voleva fare vedere, proprio a lui, come gli avevano ridotto il suo bel faccino, ma Efrem, senza tanti complimenti, gli prese i capelli tirandoli verso l'alto, costringendolo ad alzarla. Lo spettacolo non era dei più belli, il suo viso era pieno di sangue e rigato dalle lacrime. Un occhio era completamente chiuso e il labbro inferiore era spaccato.

- CHI.CAZZO.TI.HA.RIDOTTO.IN.QUESTO.MODO! – Mimmo sussultò, non aveva mai sentito quel tono di voce uscire dalla bocca del suo amico.

- Dovresti vedere com'è ridotto lui, prima di chiedere. Penso di avergli spaccato il naso e le sue palle dovrebbero essere rientrate dentro la sua pancia, credo che mi denuncerà. – Efrem andò nel bagno a prendere il kit di primo soccorso.

- Ora tu vai in bagno e ti fai una doccia, dopo torni qua, e vediamo cosa c'è da fare. – Mimmo si fece accompagnare ubbidientemente nel bagno e Efrem lo lasciò solo, ne uscì qualche minuto dopo, avvolto in un accappatoio.

- Siediti e alza la testa. – il Mimmo sicuro di sé, e ironico a dismisura, aveva lasciato il posto a un dolce e docile ragazzo che, silenziosamente, si lasciava trasportare dove voleva lui.

- Ora stai fermo, ti farò un po' male, ma quest'occhio va aperto, altrimenti saranno guai seri. – mise una gamba tra le sue, per avere una presa più salda, qualora avesse cercato di fare resistenza e, lentamente, riuscì ad aprire una fessura nell'occhio tumefatto. Un fiotto di sangue fuoriuscì, Mimmo non si mosse.

- Resisti ancora un po'... - l'occhio era davvero in pessime condizioni.

- Domani mattina faccio venire il mio medico, hai bisogno di medicinali più specifici, di quelli che ho in casa. – passò in rassegna il resto del suo viso, a parte qualche escoriazione, non sembrava esserci nulla di rotto. Si prese cura della ferita che aveva sul labbro. Rimise a posto tutti gli attrezzi e chiuse la valigetta. Le mani gli iniziarono a tremare in maniera convulsa. Mimmo si alzò e lo prese tra le braccia da dietro.

- Efrem, hey... sto bene, non sei stato tu a farmi questo, mi senti. Non sei stato tu. – ma non smetteva di tremare, sembrava essersi proiettato in un'altra dimensione, dentro la quale a nessuno era concesso entrare. Mimmo lo voltò verso di sé.

- Guardami! Cazzo Efrem! Tu mi hai solo curato, sei un grande! – Efrem parve risvegliarsi da un brutto sogno.

- Oddio... scusa, per un attimo sono ritornato indietro nel tempo e... mentre curavo le tue ferite, al tuo posto, nella mia testa, c'era Riky... - Mimmo gli sorrise, per quanto le sue labbra riuscissero a farlo.

- Potevi continuare a credermi lui ancora per un po'... almeno fino a che non mi avessi scopato per benino... - Efrem scoppiò a ridere e gli scompigliò i capelli ancora bagnati.

- Ora andiamo a dormire, ma domani mi racconti per filo e per segno cosa è successo. – Mimmo fece per seguirlo in camera.

- Tu dormi sul divano, non scopo con gli zombi io. – Mimmo si voltò sdegnosamente.

- Crudele! – gli buttò un cuscino e una coperta. Quando si svegliarono, Mimmo gli raccontò cos'era accaduto la notte prima.

- E quindi ora stai parlando con un disoccupato... e un fallito, non dimentichiamolo, perché, con quello che ho combinato, nessuno mi prenderà più sotto contratto. – Efrem stava preparando il caffè, era sabato, non aveva impegni di lavoro, se la sarebbe presa comoda. Portò le tazzine sul tavolo.

- Ragioniere, ricordo bene? – Mimmo assentì, mentre inzuppava un biscotto nel caffè.

- Ho una proposta per te. Sai che ormai il mio studio si è avviato, e sto iniziando a prendere parecchi impegni. Ho assunto un altro ingegnere, una ragazza, molto brava, ma, in studio, non c'è mai nessuno e, per quello che riguarda il lavoro d'ufficio, siamo costretti ad affidarci ad un commercialista, che ci costa un botto. Cosa ne pensi di venire a lavorare per me? – Mimmo, di tutto si sarebbe aspettato, ma non di certo una proposta del genere.

- Guarda che io ho il diploma, ma non ho mai praticato, non saprei da dove iniziare! – Efrem sapeva come avrebbe potuto formarlo, aveva già tutto in mente.

- Andrai in studio da mio padre e ti affiancherai a Sabrina, lei ti spiegherà cosa fare e potrai contare sempre su di lei, se dovesse venirti qualche dubbio, pensaci, non devi darmi subito una risposta. Ma, intanto, chiamiamo il mio medico e il mio avvocato. – Mimmo gli lanciò uno sguardo interrogativo.

- Il mio medico deve finire di sistemarti l'occhio e il mio avvocato farà in modo che, quelli dell'agenzia, non ti facciano causa per avere rotto il contratto, visto che sei tu quello che se' né andato senza dare spiegazioni... non ci avevi pensato, vero? – Mimmo si lasciò andare sullo schienale della sedia.

- No, decisamente non ci stavo pensando. Ma, Efrem, io non ho abbastanza soldi per pagare tutte queste parcelle e... - Efrem gli fece cenno di stare zitto. A fine giornata aveva parlato con l'agenzia e avevano risolto il contratto di comune accordo, l'avvocato era anche riuscito a spuntare una discreta cifra per il suo silenzio, sembrava che non fosse la prima volta che, il socio di quell'agenzia, si fosse comportato in quel modo. Il medico era passato da casa nel primo pomeriggio, e aveva visitato a fondo Mimmo, sentenziando che non c'erano ferite che richiedessero l'intervento di un ospedale e, per quanto riguardava l'occhio, pur restando preoccupato, gli prescrisse impacchi di ghiaccio per venti minuti ogni ora e un forte analgesico per il dolore. Lo avrebbe rivisto un paio di giorni dopo, per poter verificare meglio se ci fossero lesioni non visibili, vista la sua condizione attuale.

- Forse, a questo punto, sarebbe meglio che io andassi a casa... - Efrem lo rimise a sedere sul divano.

- Non ci provare neppure un secondo. Tu resti qui fino a che non ti sarai sufficientemente ripreso! – e così fu, restò da lui quasi per una settimana, assaporando come avrebbe potuto essere la vita di coppia, sarebbe stato così semplice farsi trasportare dal momento, ma quello era Efrem, doveva cercare di non dimenticarselo mai. Accettò la sua proposta lavorativa e per lui iniziò un'altra vita. Divenne bravo nel suo lavoro e scoprì che poteva essere davvero piacevole, sia perché veniva in contatto con tante persone e parecchi uomini di un certo livello, sia perché quel lavoro gli permetteva di rimanere vicino a Efrem e questo, non gli dispiaceva per nulla, anche se, più la loro amicizia proseguiva, più la possibilità di mettersi con lui diventava improponibile.



· Studio Arcadia, sono Domenico, come posso aiutarla? – nessuno rispose, per un attimo.

· Mi piace la tua voce al telefono, ha un che di... perverso. – Mimmo scosse la testa.

· Dottor De Nittis, se si degnasse di restare in studio più a lungo, le potrei mostrare alcune delle mie perversità... - Efrem, ancora con il telefono in mano, aprì la porta dello studio.

· Mi stupisca, sono qui tutto per lei Domenico... - Mimmo sospirò mentre riagganciava l'apparecchio.



- Cretino. – il suono della notifica di un messaggio WhatsApp, distolse Efrem da continuare il battibecco. Mimmo si rese conto che, quello che doveva avere appena letto, lo aveva scosso, il suo viso era sbiancato e stringeva lo smartphone, tanto che le nocche erano sbiancate.

- Hey? Qualcosa non va? – Efrem lo fissò con aria assente, ma nel suo sguardo c'era l'inferno.

- Tieni, leggi tu stesso. – si precipitò nel suo studio e chiuse la porta sbattendola. Il messaggio proveniva da Martina, aveva inviato una foto, commentandola con un semplice "grazie", era la foto delle pubblicazioni dell'unione civile di Shogo e Riky, un lieve sorriso comparve sul viso di Mimmo, forse non tutto era perduto. Mimmo neppure poteva immaginare ciò che stava passando per la testa a Efrem in quel momento, non era rabbia, non era delusione, era... pace, il solo pensiero che, almeno uno di loro due, potesse avere una nuova vita felice, pacificava la sua anima. Passò tutto il pomeriggio a pensare a quale fosse il regalo più adatto che potesse comprargli e, improvvisamente, ebbe un'illuminazione. Aveva trovato il regalo perfetto. Erano passate le sei di sera quando, come una furia, uscì dal suo ufficio prendendo il soprabito.

- Esco, ci vediamo domani. – non diede il tempo a Mimmo di dire mezza parola che era già a metà scala. La fumetteria, non era tanto distante dal suo studio, ma guidò come un pazzo, temeva di arrivare tardi e doveva a tutti i costi trovare il manga che voleva.

- Buonasera, posso aiutarla? – la ragazza con i capelli blu scuro lo guardava con gli occhi sgranati, non era da tutti i giorni trovarsi di fronte un uomo in giacca e cravatta, dentro a una fumetteria.

- Ciao, sei nuova? Ciccio dov'è finito? – la ragazza, a sentire nominare con il suo appellativo il suo capo, si rilassò, malgrado quei vestiti, quell'uomo doveva essere un frequentatore, anche se lei, non l'aveva mai visto, nei sei mesi in cui aveva lavorato lì.

- Andrea è fuori, rientrerà domani, ma posso aiutarti io, se vuoi. – nel frattempo Efrem riprese fiato.

- Sì, proviamo... sto cercando un manga, completo. Si chiama "Live Senjou no Bokura", la mangaka è Tokokura Miya. – la ragazza si mise a cercare nel computer, poi arrossì e, senza alzare gli occhi, gli domandò:

- È uno yaoi...? - Efrem non aveva né il tempo né la voglia ma, in un altro momento, gli sarebbe piaciuto divertirsi un po' con lei.

- Sì, genere yaoi. Mi va bene anche in lingua originale. – la ragazza riprese a cercare.

- Per quando ti serve? – Efrem temeva questa domanda.

- Per ieri... - la ragazza sorrise.

- Per ieri non credo che potrei riuscirci, ma, se passi domani sera, mi faccio portare i volumi dal magazzino, ne è rimasta una copia in lingua originale, procedo all'ordine? – Efrem si permise un largo sorriso.

- Sì, ti prego! Domani passo a prenderli. Hai un biglietto di auguri? – la ragazza gli indicò un espositore enorme alla sua sinistra. Efrem scelse il biglietto più semplice che riuscì a trovare e si mise in un angolo a scrivere, chiuse la busta e la porse alla ragazza.

- Ho bisogno che i volumi siano impacchettati insieme a questo biglietto. – la ragazza gli indicò, dietro di sé, le carte da regalo, Efrem ne indicò una rossa.

- Conto su di te, passo domani a ritirare tutto. Mi hai salvato. – la ragazza sorrise.

- È bello? – Efrem la guardò perplesso.

- Dico, il manga è bello? – Efrem, che per un secondo aveva pensato si riferisse a Riky, scoppiò a ridere.

- Sì, è struggente, dovresti leggerlo. – la sera successiva passò a prendere il pacco e lo affidò ad un corriere, perché lo recapitasse a Riky, non era mai stato bravo con i discorsi lunghi, soprattutto quando riguardavano i suoi sentimenti, ma lì, dentro a quelle pagine, sarebbe riuscito a dirgli quasi tutte le cose che non gli erano mai uscite dalla bocca, sperava che, avrebbe potuto ritrovare un po' di loro da portare con sé.



Riky ricevette il pacco quindici giorni prima della cerimonia, ma era talmente preso dai preparativi e dall'organizzazione del trasloco, che mise il pacco insieme agli altri regali che aveva ricevuto e se ne dimenticò. Lo aprì quattro giorni prima della cerimonia, senza neppure leggere il biglietto, riconobbe la scrittura di Efrem. "Sii felice e sorridi, sempre. Efrem". Non lo vedeva da oltre un anno eppure, mentre leggeva quelle parole, la sua voce gli rimbombò nelle orecchie, scombussolandogli lo stomaco. Scartò il pacco strappandolo, sorrise, al pensiero che lui l'avrebbe sgridato per quel modo convulso in cui lui lo faceva. Rimase stupito, mai si sarebbe aspettato un regalo del genere, anche se Efrem leggeva i suoi manga, non era mai stato un esperto, inoltre, quelli erano in lingua originale. Il giorno dopo non doveva andare al lavoro, sarebbe stato in ferie per le successive quattro settimane, perciò, decise che poteva prendersi una pausa ed iniziare a leggerlo. Lo lesse tutto d'un fiato, erano passate le quattro, quando finì l'ultimo dei cinque volumi, piangendo a dirotto. Cercò di togliersi dalla testa che, dentro a quelle pagine, si nascondesse una sorta di messaggio da parte di Efrem, ma lo conosceva troppo bene, quelle pagine erano quello che voleva dirgli, ma, la differenza era che, per la prima volta da quel bacio in mezzo al mare, le sue parole gli erano arrivate forti e chiare, dritte al cuore. Il suo primo impulso fu quello di chiamare Martina, ma si trattenne, non sapeva neppure lui per quale motivo, ma sentiva che non sarebbe stata la cosa migliore. Decise di andare a dormire, il giorno dopo, a mente lucida, avrebbe deciso, se parlarne e con chi.

Ma il giorno dopo, mentre stava prendendo un caffè, era ancora in alto mare, rispose al telefono dopo vari squilli.

· Stavo per mettere giù, stavi ancora dormendo? – "cazzo!" si ricordò che avrebbe dovuto accompagnare sua madre a comprare il vestito per la cerimonia.

· Ovviamente no mamma, mi stavo preparando per venire a prenderti. – sua madre finse di credergli.

· Non preoccuparti, abbiamo tutto il tempo, vorrei passare anche al cimitero a portare dei fiori a papà. – una smorfia di dolore si dipinse sul suo volto.

· Certo, ci fermiamo sulla via del ritorno, ok? – accantonò i suoi pensieri e si precipitò a prepararsi, Shogo era via ancora per un giorno e non era raggiungibile, perciò non avrebbe dovuto preoccuparsi dell'orario in cui chiamarlo, aveva ancora un giorno di libertà e l'avrebbe sfruttato al meglio. Accompagnò sua madre a comprare il vestito e gli accessori e, sulla via del ritorno, come le aveva promesso, fecero una sosta al cimitero. La tomba di suo padre, si trovava nella nuova ala, da lontano non la riconobbe, era ricoperta di fiori freschissimi.

- Ma quando sei venuta? I fiori sono ancora bellissimi, non c'era bisogno di ripassare così presto. – notò che sua madre s'irrigidì e le sue mani strinsero più forte il mazzo di fiori.

- Non li hai messi tu quei fiori, vero, mamma? – sua madre gli rispose sotto voce.

- No. – da come gli aveva appena risposto, Riky dedusse che sapeva anche chi era stato a metterli. Non avevano altri parenti in zona e, suo padre, aveva amici che di sicuro non si sarebbero preoccupati di mettere dei fiori sulla sua tomba.

- Chi? – sua madre si fermò a lato di una delle colonne che costeggiavano il corridoio.

- Davvero lo vuoi sapere? – Riky era quasi arrabbiato, perché cavolo sua madre faceva così la misteriosa, proprio non riusciva a comprenderlo.

- Se te l'ho chiesto, direi di sì. – sua madre sospirò.

- Avevo promesso di non parlartene mai, ma suppongo che ora... - Riky si lasciò sfuggire un grugnito di impazienza.

- È stato Efrem. – il suo cuore smise per un secondo di battere, per poi riprendere un ritmo impossibile da calcolare.

- Efrem chi? – sua madre sbuffò.

- Quell'Efrem, il tuo ex. – "cosa?", a Riky iniziò a girare la testa.

- E tu, come lo sai? – sua madre svicolò da lui e si mise a sistemare il loro mazzo di fiori che, a confronto di quel tripudio, spariva miseramente.

- È una storia lunga... - "oh, mamma, ho tutto il tempo del mondo." Le lasciò finire il lavoro e la trascinò in un caffè lì vicino.

- Bene, posso capire? – sua madre lo guardò.

- Innanzi tutto, sappi che gli avevo giurato di non dirti nulla, perciò non sgridarmi. – Riky cercò di non fare trapelare la sua impazienza e il suo nervosismo.

- Ok, continua. – sua madre raccolse i pensieri.

- Circa un mese dopo che papà entrò in coma, Efrem venne a casa mia. Era distrutto. Lo ero anch'io, oltre alle mie urla si beccò anche un paio di sberle. Ma poi, la settimana dopo, tornò, e anche quando gli era stato vietato di venire, e aveva tentato di uccidersi, appena glielo permisero, continuò a telefonarmi. Non mi domandava né dov'eri né come stavi, continuava a chiedere il mio perdono e basta. Poi, con l'andar del tempo, dopo che poteva di nuovo avvicinarmi, mi venne a trovare e, piano piano, abbiamo iniziato a conoscerci e a raccontarci di noi. Mi chiese il permesso di andare a trovare papà e, a volte, ci andammo anche insieme. Gli dissi più di una volta che avrebbe dovuto dirtelo, mi scongiurò di non svelarti nulla, perché, cito, "non mi merito il suo perdono, è già un miracolo che mi abbia perdonato lei.". – mentre ascoltava il suo racconto, Riky sentiva che qualcosa dentro di lui si stava sciogliendo, uno strano calore gli invase l'anima poi, la realtà gli rovinò addosso, una frana che lo seppellì, togliendogli il fiato.

- Ok, grazie di avermelo detto... ti porto a casa. – sua madre lo seguì e salì in auto.

- Sei arrabbiato con me? – Riky non era arrabbiato con lei, era arrabbiato con il mondo, con sé stesso, con Efrem, ma non con lei.

- No, ma dovevi dirmelo. – le diede un bacio, quella donna aveva già sofferto troppo nella sua vita, per sobbarcarsi anche i suoi pensieri.



Quando si chiuse la porta alle spalle, si precipitò in camera, buttandosi sul letto. "e ora che faccio?", aveva paura di dire a sé stesso ciò che stava pensando, ma sulle sue labbra aveva ricominciato a bruciare quell'ultimo bacio, come se se lo fossero dati il giorno prima. "non posso, non posso mollare Shogo ora e dirgli... cosa, cosa dovrei dirgli? Ah, scusa, questi due anni sei stato un ripiego, ma amo follemente Efrem e ho deciso di tornare insieme a lui." Pura follia, era pura follia anche solo pensare a uno scenario del genere. Dopo altre tre ore di tormenti, decise di chiamarlo.

· Pronto? – non aveva riconosciuto la voce che aveva risposto al telefono, ma di certo non era quella di Efrem.

· Salve, avevo bisogno di parlare con Efrem. – Mimmo aveva risposto al telefono per abitudine, essere l'assistente dello studio, lo aveva abituato a farlo in automatico.

· Io sono Mimmo, lo chiamo subito, chi devo dire che lo sta cercando? – continuava a deglutire, ormai aveva finito completamente la saliva.

· Riccardo. – Mimmo agì d'istinto.



- Tesorooo, esci dalla docciaaa? – poi riprese il telefono.



· Scusa, ma quando fa la doccia ci mette sempre un sacco... - Riky agì allo stesso modo con l'istinto, chiuse la chiamata. Mimmo si affrettò a cancellare il registro.



- Hey, mi hai chiamato prima? – Mimmo sorrise.

- Assolutamente no, ti sarà sembrato. –



Gli ultimi giorni, prima della cerimonia, passarono con una lentezza esasperante, ma i preparativi, permisero a Riky di occultare i suoi sentimenti, facendoli passare per stanchezza.

Quella mattina, la mattina della cerimonia, Riky aprì gli occhi, rimanendo a fissare il soffitto, fino a che la sveglia non lo riportò alla realtà. Martina fu puntuale come le aveva chiesto, ma lui, non riusciva a muovere un passo. Quando le aprì la porta, lo trovò fermo, in mezzo agli scatoloni imballati pronti per il trasloco che, sarebbe avvenuto solo al loro ritorno dal viaggio di nozze.

- Il gatto ti ha mangiato la lingua? Che ci fai in mezzo ai tuoi scatoloni? – stava per aprire bocca, avrebbe voluto gridarle che era certo di stare facendo l'ennesimo errore, ma le parole non riuscivano a formarsi nella sua bocca.

- Io... non ce la posso fare... lui è davvero troppo per me... - era troppo poco, era troppo poco e soprattutto non era Efrem, ma non riusciva a dirlo a Martina...

- Ebbasta! Riky, smetti di pensare. – si avvicinò, prendendolo per le spalle e scuotendolo leggermente – ora non devi pensare ma solo eseguire i miei ordini, io so che ce la farai, lui ti ama, tu lo ami, sarete felici e non ti lascerà. Doccia. – senza lasciargli il tempo di ribattere lo spinse dentro il bagno.

- Hai esattamente mezz'ora, non un minuto di più, perciò concentrati, se non sento scorrere l'acqua tra due minuti entro e ti ci affogo. – appena si introdusse nella doccia, la prima cosa che gli venne in mente, fu di prendere una lametta e di farla finita, ma poi, pensò che non ne sarebbe venuto nulla di buono, per quelli che restavano. Così, continuò a prepararsi come un automa. Mentre le ore passavano, la voce di Mimmo gli martellava le orecchie, stavano ancora insieme, che diritto aveva lui, dopo due anni, di irrompere nella vita di Efrem!

- OMG! Non mi avevi detto di avere comprato questi manga nuovi! Facciamo le scan? – Riky scosse la testa, nel suo cuore si rinnovò un dolore infernale, non tentò neppure di occultarlo.

- Non li ho comprati io, è un regalo di nozze...di Efrem – Martina l'aveva letto quel manga, se lo ricordava perfettamente.

- Significativo... - l'aggettivo le sfuggì prima che lo potesse fermare.

- Tu credi? Ho saputo che ora sta con quel modello, quello che venne con Shogo a Dominica, non penso che ci siano secondi fini... - era quasi pronto, ancora poco e avrebbe unito la sua vita a quella di Shogo. Martina vide nei suoi occhi un'espressione che conosceva fin troppo bene, era impaurito e... Prese il suo smartphone e digitò un breve testo.

- Andiamo, Stefania e Michele mi hanno scritto che tra un minuto sono sotto casa. – Riky chiuse la porta di casa e il suo cuore.



Il suono di un messaggio in arrivo svegliò Efrem di soprassalto. Prese in mano lo smartphone e lo guardò, con il solo occhio che riuscì ad aprire, la sbronza che aveva preso, la notte precedente, non aveva uguali, ma ne aveva bisogno, per non pensare a quello che sarebbe accaduto il giorno dopo. Quando vide che il messaggio proveniva da Martina, si mise a sedere di scatto sul letto, lo rilesse tre volte, mentre si dirigeva in cucina, poi mentre si preparava il caffè. "Ciao, stronzo. Villa Scheibler, ore 11. Contando che ora sono le 9,30, non hai molto tempo... ora o mai più, vieni a prenderlo."

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